Un’affermazione di Sant’Agostino che può aiutarci in questo difficile momento storico
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UNA INTERPRETAZIONE CORRETTA DI UN CELEBRE PASSO DI SANT’AGOSTINO
“AMA E FA’ CIO’ CHE VUOI”.
Sono convinto che questa esortazione, tratta dal commento di S. Agostino alla lettera di S.Giovanni, possa aiutarci in questo difficile momento storico. Quando tutti i delicati ingranaggi che mettono in atto le manifestazioni esistenziali, che si riferiscono ai diritti e ai doveri dell’uomo, incominciano a cigolare vuoi dire che si è esaurito o quanto meno è insufficiente il lubrificante dell’amore.
Senza l’amore il diritto può vestire i panni dell’odiosa pretesa; senza l’amore un dovere percorre la sciatta strada della passiva accettazione di un pesante fardello.
Quando diritti e doveri escono dai loro binari naturali, i mezzi di comunicazione entrano in scena per denunciare, giudicare, condannare. Purtroppo la disperata tensione di far cassetta imperversa sempre incontrollata; la ricerca dello scandalo, del sensazionale colorito di morbosità, polarizza l’attenzione dell’ingenuo utente che rimane coinvolto dall’insano fascino del male. Quando la capacità critica, che fa scattare la possibilità di decodificare la notizia, risulta insufficiente, il risultato premia l’imbonitore di turno e le spinte più deteriori dell’animo umano, ignorando rispetto e prudenza, favoriscono il degrado morale.
Ama e fa’ ciò che vuoi. Carta bianca a chi è disposto a praticare il più nobile dei sentimenti: l’amore. Tentare di rendere accettabile e comprensibile ai molti perplessi la strategia contenuta in questa licenza è la motivazione che mi ha spinto a proporre alcune considerazioni. L’amore è un brillante dalle mille sfaccettature, da ognuna di esse parte una luce pronta ad illuminare, con intensità appropriata, i mille aspetti dell’esperienza umana. Il sigillo dell’autenticità di questo brillante viene offerto da una prova inconfutabile: oblatività. Disinteresse, nessuna aspettativa di contraccambio o di riconoscenza, generosità senza limiti, offerta incondizionata sono tutti fiori che spontaneamente vanno a comporre il bouquet del sentimento dell’oblatività.
Se questi sono i contenuti dell’amore, la libertà di fare ciò che si vuole non può non coincidere con il massimo bene della persona destinataria del nostro amore. Calando nella esperienza di ogni giorno questo modo di porsi, di procedere, di impostare ogni costruzione interpersonale, molti diritti raggiungerebbero più agevolmente il loro traguardo; molti doveri risulterebbero costruttivi di contesti sereni e gioiosamente partecipativi.
Tutte le categorie risalenti al lavoro manuale e intellettuale, tutte le postazioni di direzione, di controllo, di giudizio, tutti i crogiuoli dove nascono le linee legislative per regolare la civile convivenza, oggi più che mai, sono chiamati a sentire l’improrogabile urgenza di attingere alla fonte inesauribile dell’amore. Proviamo ad instillare una goccia d’amore in tutte le situazioni di difficoltà, di disagio, di conflittualità che giornalmente e copiosamente ci arrivano attraverso i mass media, e ci accorgeremo che quando di sconveniente è accaduto poteva essere evitato.
Genitori ed insegnanti, medici e assistiti, amministratori e comunità, fornitori di servizi e utenti, quando non svolgono il loro lavoro con vero amore, con autentica passione, con vigorosa determinazione, alimentano facilmente un’atmosfera di sfiducia, di scontro frontale, di rivalsa, di violenza, perciò l’invito di Gesù a Pietro «Rimetti la spada nel fodero» (Gv. 18,11) risulta inaccettabile, improponibile, utopico.
Se l’autorevolezza risulta conquista difficile, se indossare i panni dell’altro per capirne le ragioni è il problema che non ci si pone, vengono meno le condizioni essenziali per instaurare un vero dialogo costruttivo.
“Ama e fa’ ciò che vuoi: sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il Bene” (S. Agostino dal commento alla lettera di S. Giovanni 7, 7-8). S. Agostino cantore dell’amore misericordioso di Dio parla al nostro cuore non per imbrigliarlo con un precetto, ma per liberarlo, per aprirlo ad esperienze nuove, imprevedibili, ricche di fantasia e di creatività evolutiva.
Quel “vuoi” accolto dalla ricchezza della nostra buona volontà; quel “vuoi” sopportato, alimentato continuamente, reso docile e fedele alle sollecitazioni dell’amore ci permetterà di essere soggetti attivi, responsabili, costruttori di nuove stupende realtà. Coraggio! Possiamo farcela.