George Weigel: “La sinizzazione è un appello alla sottomissione”
A cura della Redazione
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IL DISASTROSO ACCORDO DEL VATICANO CON IL REGIME DI XI JIPING
“Inculturazione” nel cattolicesimo esprime l’attività della Chiesa che utilizza i materiali appropriati di una data cultura per far vivere la proposta evangelica in quell’ambiente.
L’inculturazione ha anche un rovescio della medaglia: la falsa inculturazione. Che è ciò che sta aaccadendo oggi in Cina.
“Sotto il dominio ferreo del dittatore Xi Jinping, la politica religiosa della Repubblica popolare cinese è la sinizzazione. Gli ingenui o gli ingannatori vedono in questo solo un’altra forma di inculturazione. La sinizzazione non è niente del genere: è l’inversione perversa dell’inculturazione, correttamente intesa”, ha spiegato in un articolo su InfoCatólica George Weigel, celebre autore cattolico statunitense.
Secondo lo studioso la fede cattolica in Cina deve conformarsi al “pensiero di Xi Jinping”, visto che non può correggere l’ideologia ufficiale dello Stato. “La pratica cattolica in Cina deve promuovere gli obiettivi egemonici del regime comunista cinese. Se la testimonianza cattolica sfida questi obiettivi, o il modo in cui vengono portati avanti attraverso massicce violazioni dei diritti umani a livello nazionale e aggressioni internazionali, il risultato è la persecuzione, spesso attraverso il sistema legale corrotto”.
Secondo Weigel la “sinizzazione è un appello alla sottomissione, all’acquiescenza servile al programma di controllo sociale del regime, che è essenzialmente un perfezionamento di ciò che George Orwell descrisse nel romanzo distopico 1984, sebbene la distopia sia ora promossa come un’utopia di abbondanza, legata al ripristino dell’onore e della dignità nazionale attraverso il dominio del mondo”.
Il saggista statunitense ha criticato anche “l’ostinata persistenza del Vaticano nell’accordo disastroso, strategicamente sconsiderato e canonicamente dubbio che ha stretto con il regime di Xi Jinping nel 2018 – garantendo al Partito Comunista Cinese i diritti di nomina episcopale, in violazione dell’insegnamento del Vaticano II e del divieto stabilito nel Canone 377.5”.
Secondo Weigel questo accordo “non fa avanzare la missione della Chiesa di proclamare il Vangelo in Cina. Non mette la Chiesa al servizio della società cinese. Piuttosto, sta trasformando il clero in portavoce di fatto di un regime che perseguita i musulmani Hui e gli Uiguri, così come gli evangelici e i cattolici delle chiese sotterranee. Così, il neo-cardinale Stephen Chow, SJ, non ha potuto nemmeno menzionare le parole “Tiananmen” e “massacro” nel 35° anniversario di quell’atrocità (in netto contrasto con la coraggiosa testimonianza del suo predecessore come vescovo di Hong Kong, il cardinale Joseph Zen, SDB). Questo capovolgimento dell’inculturazione sta danneggiando anche la reputazione del cattolicesimo a livello internazionale. Il grande storico britannico Sir Michael Howard una volta mi disse che la trasformazione della Chiesa cattolica nel più importante difensore istituzionale dei diritti umani fondamentali è stata una delle due grandi rivoluzioni del 20° secolo, l’altra è stata la presa del potere da parte dei bolscevichi in Russia nel 1917 La rivoluzione di Lenin continua in Cina. La rivoluzione cattolica per i diritti umani si è bloccata a Roma negli ultimi dieci anni, a danno sia della Chiesa che del mondo”.