La “razza marxista” e la “razza cattolica” che deve risvegliarsi
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GLI ABOMINI IDEOLOGICI DI OGGI
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio. Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato. Quando vi porteranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi di come o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire, perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire». (Vangelo di San Luca, 12,8-12)
Questo passaggio importante ci insegna il dovere della testimonianza della Parola di Dio e l’accettazione delle sue conseguenze. Con poche parole, Gesù condanna il “rispetto umano”, ovvero il senso di vergogna che alcuni sedicenti cattolici hanno nel dimostrare pubblicamente d’essere cattolici, così come il cosiddetto “cattolicesimo liberale”, che relega la professione di Fede alla sfera privata, lasciando la Religione nel cassetto nella dimensione pubblica, sociale o politica che sia.
Ogni abominio ideologico è sorto da questo grave errore, che ha aperto la strada a tutti i nemici di Cristo e della Chiesa e scombinato la legge naturale e divina, creando il caos del nichilismo, figlio dell’inversione dei concetti di Bene e male, oggi profondamente confusi, in una società atea, che fa della sua fluidità la principale debolezza, di fronte alle sfide del futuro più prossimo, precipitando nel baratro del “Cornuto”, che insegna a chiamare “diritti” i “desideri”, soprattutto quelli più sregolati, empi e immorali.
Il liberalismo cattolico, che, per opportunismo economico e sociale, abbraccia quello anticristico, benedetto, persino, da certi importanti prelati, non è altro che il “suicidio assistito” dell’Europa, della sua cultura, della sua civiltà, della sua tradizione, della sua identità, in principal modo quella religiosa: cattolica, apostolica, romana, che ha forgiato col sangue dei martiri tutta la nostra terra.
Giovanni Volpe ha editato nel 1969 un libro molto bello nella collana Collezione Europa, dal titolo “La razza marxista” di Curzio Malaparte (1898 – 1957). L’intento dei libri di quella collana era quello, ancora attuale, di fornire un’immagine viva dell’Europa, vista nelle sue origini e nella sua tradizione, ma anche nella drammaticità della sua crisi e della sua storia contemporanea. Europa è sintesi vivente di sangue e spirito, un principio e una fine, una nascita e una resurrezione.
“Europa è la luce del mondo classico e il brivido dell’oscurità contemporanea, I’ aurora boreale della preistoria e la luce del crepuscolo”, sospesa di fronte alla modernità decadente, materialista, che si vergogna della grandezza del suo passato, che ha come protagonista assoluto il Papato ed i modelli della Civitas Christiana, nell’arte come nella musica, nella società come nella cultura e in tutte le consuetudini. Per questo, Benedetto Croce, che era un liberale, ma onesto sul piano intellettuale, scrisse che “non possiamo non dirci cristiani”.
Scrive Malaparte: « Ora la vòce della libertà, in Europa, è una voce rauca, disperata, una voce d’odio… Una voce che fa ribrezzo. Certe volte è una voce che la ridere, una voce ridicola. Come è la voce dei poeti che cantano la libertà, oggi, in Europa? La voce di Aragon, di Eluard di Fadeev. È una voce ridicola: cantano la liberà in un mondo pieno di campi di concentramento, di Siberie livide, di folle impaurite e silenziose. Fa ridere la voce che canta la libertà in Europa».
Il leader missino Adriano Romualdi (1940 – 1973), nelle prime pagine del testo scrive della «razza marxista», come Malaparte si compiaceva di denominarla: “meritano questo nome, non già perché fossero, o io li pensassi, gli esemplari di quella speciale forma d’uomo, di quella razza particolare, che il Comunismo sta creando nei paesi dell’ URSS, ma perché erano o mi apparivano i detriti del Marxismo, che il Marxismo lascia dietro di sé nei paesi dell’Europa occidentale”.
Romualdi e Malaparte sembrano parlare oggi, sempre con la penna di Adriano Romualdi: “La razza marxista: il tipo umano del borgheseintossicato dalla cultura marxista, rincretinito dalprogressismo pacifista e sessualista, degradato ad esistenzialista, capellone, beatnik. La razza marxista: quelle masse di giovani uomini un po’ debosciati e un po’ fanatici, marxisti per hobby o per amor dell’arte, per deviazione sessuale o distorsione mentale. La razza marxista, che gioca al comunismo sullo sfondo della società borghese, contestando il capitalismo coi soldi di papà o I’America al riparo dall’atornica americana, perché in Russia, in Cina, dove un certo barbarico buon senso sopravvive, finirebbe in ventiquattr’ore a coglier patate nel Kazakistan”.
Prosegue, nel testo “razza marxista” Adriano Romualdi a pag. 8, con una terminologia politicamente scorrettissima e anche eccessiva, che adesso verrebbe censurata, ma che era tipica della prosa di Malaparte, affresco emblematico delle folle, che ne caratterizzavano il pensiero.
“L’Europa “vedrà sfilare I’orda della “contestazione”… i marxisti per vocazione esistenziale («quelle orde di pederasti, di comunistoidi, di lesbiche, di falsi artisti, di falsi pensatori, di gente sporca, pretenziosa, volgare») e ascolterà i loro discorsi ottusi, li riconoscerà dall’ amore morboso per gli inferiori, per i negri: «…tutti quei negri e negrillons… mulatti e quarterons, dalle fronti pelose di capelli ricci, dalle mani nere e rosee, schifose, si affacciavano alla terrazza e il gregge si voltava estasiato, bevendo avidamente l’odore che emanava da quei negri ossessi…»”.
E poi prosegue: “il carnevale permanente della libertà, inscenato dalla « razza marxista » dal 1945, il carnevale di tutte le libertà, libertà del sesso, libertà della droga, libertà dall’«autoritarisrno accademico», libertà dall’«imperialismo americano» e sottomissione ad esso), la libertà di Pasolini e quella Braibanti, nasconde, in realtà, la più feroce forma di schiavitù, quella comunista”.
Per Malaparte e certamente anche per Romualdi ogni espressione del progressismo di matrice social-comunista era il peggiore dei mali, “intrinsecamente perverso”, come ebbe a definirlo Papa Pio XI. Ma oltre alla pars destruens, che contiene spunti e intuizioni di una certa caratura, non giungono a conclusioni religiose cattoliche ma si fermarono ad un esistenzialismo pagano che la storia dimostrò essere irrealizzabile. Nella Regalità Sociale di Cristo e, dunque, nella Sacra Scrittura, nella Tradizione e nel Magistero dei Sommi Pontefici troviamo la pars construens che ci rende “razza cattolica integrale”, senza compromessi col nemico, senza mai bestemmiare lo Spirito Santo, ma nutrendoci del Suo immutabile e concreto sostegno.