Conosciamo la beata Enrichetta Alfieri
di Mariella Lentini*
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TRA I SANTI E I BEATI CHE SI FESTEGGIANO OGGI RICORDIAMO UNA BEATA PIEMONTESE
Si aggira sorridente tra i corridoi e le celle del grande carcere milanese di San Vittore. Per i detenuti e i loro familiari è un angelo o una mamma che asciuga con amore le loro lacrime e li consola con una parola buona. Anche il celebre presentatore Mike Bongiorno (1924-2009), detenuto al San Vittore per attività contrarie al fascismo e al nazismo durante la Seconda guerra mondiale, in alcune dichiarazioni ha ricordato, con stima e affetto, suor Enrichetta Alfieri.
“L’Angelo di San Vittore”, come viene chiamata dai carcerati, nasce a Borgo Vercelli nel 1891. Il suo nome è Maria Angela Domenica Alfieri, per tutti solo Maria. È una bambina buona, dolce, operosa. Frequenta la parrocchia e collabora alle attività di evangelizzazione. All’età di vent’anni realizza il suo sogno di diventare Suora della Carità di Santa Giovanna Thouret, presso il Monastero di Santa Margherita di Vercelli. Il suo primo incarico, con il nuovo nome Enrichetta, la porta ad occuparsi dei bambini in un asilo di Vercelli. Suor Enrichetta si ammala gravemente, ma dopo un pellegrinaggio della speranza al Santuario Mariano di Lourdes, guarisce completamente.
Nel 1923 suor Enrichetta si trasferisce a Milano. Dovrà dedicarsi alle detenute e ai detenuti del grande carcere San Vittore. Amata da tutti, “l’Angelo di San Vittore” aiuta, conforta, vede nei carcerati esseri umani sofferenti, bisognosi di appoggio morale e di comprensione. Tutti ne parlano e tutti vorrebbero stare in sua compagnia. Suor Enrichetta utilizza anche degli spazi della prigione per creare asili e scuole per le mamme detenute con i loro figli. Nel 1943, durante la Seconda guerra mondiale, il carcere viene requisito dai nazisti.
Al San Vittore arrivano ebrei e partigiani, destinati alla deportazione. La suora va oltre il suo ruolo, trasformandosi in un’eroina per cercare di salvare più ebrei possibili. Ha il compito di portare fuori dal carcere i messaggi dei prigionieri indirizzati ai propri parenti, con l’incitamento a scappare. Viene scoperta e rinchiusa nei sotterranei del San Vittore, in attesa di essere fucilata. Grazie all’intervento del cardinale Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano, la suora si salva. Finita la guerra, “l’Angelo di San Vittore” torna tra i suoi detenuti, fino alla sua morte che avviene nel 1951 a Milano, dove riposa presso l’Istituto delle Suore della Carità in Via Caravaggio.
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