Gli eroi di un’epoca transumanista
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QUANTO E’ MALVAGIO IL FILM “WICKED”?
Nel recente film musicale “Wicked”, i malvagi – paradigmaticamente Elphaba, un’eroina dalla pelle verde – sono malvagi solo di nome e quindi per attribuzione meramente convenzionale. Non esiste un male reale. Il male è semplicemente uno stigma inflitto ai “diversi” da fascisti, bulli senza cervello che nutrono rancore contro l’intelligenza del diverso. Ma i fascisti stessi non sono forse malvagi? Che dire del loro affidamento alla violenza e alla propaganda per compensare la loro debolezza mentale? Tutto ciò’ non sarebbe forse un male? Oppure il male si troverebbe semplicemente nei nomi e nella loro attribuzione? La violenza è in definitiva riconducibile a nomi, nella misura in cui supporta o dovrebbe convalidare l’attribuzione del nome? Se solo potessimo liberarci di questo nome, non rimarrebbe alcun male. Il nome, o la legge: i nomi della legge. Perché la legge condanna gli empi. Senza legge, potremmo tutti vivere con gentilezza (kindness, il termine privilegiato nell’originale del film). Tuttavia, dove c’è legge e vi sono prepotenti sconsiderati che ne esercitano il potere, coloro che sono diversi e che essendo diversi non sottostanno alla legge tradizionale eventualmente saranno chiamati, dalla pura forza delle cose, a rinunciare alla gentilezza e a combattere—per farsi valere, per rivendicare la loro voce. Il nemico? La legge, il nome, che non è gentile; perché la legge tende ad uniformare, a reprimere il diverso, i nostri stessi sogni.
Il diverso gentile dovrà reagire in nome degli “animali” antropomorfi la cui voce dovrebbe essere ascoltata; il cui insegnamento sulla diversità, sull’evoluzione di ogni cosa, sulla nostra mancanza di identità aldilà del flusso degli eventi dovrebbe essere propagato nelle scuole, in accademie dedicate alla differenza, alla fluidità etnica, culturale, razziale, sessuale, linguistica e soprattutto epistemico-morale (nel caso della fluidità linguistica, nella sua versione originale, il nostro film ci offre frequenti transizioni dall’inglese al francese orale e allo spagnolo scritto, così come neologismi o meglio deformazioni linguistiche quali horrendable, gratitution, pessimistical, bravarism, manifestoriom, ecc.). In tali scuole, la magia serve da chiave di volta: la magia come potere di fare ciò che si vuole e di volere ciò ci piace, anche se solo con l’aiuto di tecniche speciali. In effetti vedremo che l’eroina, che ha il potere di opporsi deliberatamente al “nome”, dovrebbe essere addestrata a recitare formule echeggianti rituali voodoo; non semplicemente per “fare del bene”, eufemismo che la sua professoressa dall’aspetto cinese adotta per riferirsi al servizio indiscusso della legge; né semplicemente per fare del male, perché il male è in fin dei conti semplicemente relativo alla legge. L’obiettivo della magia – di tecniche potenzianti e prive di valore intrinseco, che le scuole dovrebbero insegnarci – è la trascendenza sia del bene che del male. Il grimorio (grimoir/”Grimmerie”) usato dall’eroina il cui nome ricorda l’autore originale della storia di Oz (L. F. Baum, da cui El-Pha-Ba) è un libro di incantesimi che ci permettono di vivere con successo, di trionfare aldilà del bene e del male, dove i nomi sono semplici segni di una volontà autonoma o auto-fondante. Per cui, forse i nomi sono riscattabili, dopotutto. Forse il compito ultimo di Elphaba è quello di riscattare i nomi come pure espressioni di una volontà di potenza non più vincolata o repressa da alcuna obbligazione legale tradizionale.
Il discorso morale tradizionale rappresentato dal mago fascista di Oz (che rappresenta “qualcosa di brutto [che] sta accadendo ad Oz”) deve essere smascherato come un’impostura (l’eroina verde affronta il mago impotente con ferma sentenza: “non hai alcun potere”) e sostituito da un discorso trans-morale. Tale l’obiettivo da raggiungersi attraverso un’alleanza strategica tra la volontà di potenza dell’eroe e una tecnologia speciale (rappresentata da una scopa magica) che ci consente di raggiungere il cielo, ridefinendo così le nostre identità, proprio come Elphaba è in grado di trasformare scimmioni negli uccelli che desiderano divenire.
Evidentemente non ogni ideologia deve essere eliminata. In effetti, il nostro film si richiama all’ideologia transumanista dominante dei nostri tempi, dimostrando che la gentilezza funziona solo finché non abbiamo bisogno di un supereroe di stampo globalista (si pensi al movimento Black Lives Matters) per regolare i conti. Se la giustizia non nasce letteralmente dalla canna del fucile, come insisteva il machiavellico Mao Zedong, la si trova comunque nelle scope magiche voodoo. La stessa magia che può aiutare le scimmie a “transire” in uccelli (“una mera transizione”, ci viene assicurato, quindi nulla di preoccupante), consente all’eroina verde del film (una sorta di fusione tra She-Hulk ed una super-fata) di volare in stile Superman. Se la tecnologia delle scope non fa del bene, farà comunque per così dire dei miracoli visto che permette alla volontà di potenza di realizzare i suoi sogni riuscendo ad avere la meglio su decrepiti fascisti.
Per cosa lotta l’eroe verde? Apparentemente, il diritto di animali antropomorfi evocanti ebrei (“incolpati di tutto”) interdetti dal discorso pubblico da fascisti belligeranti in stile anni ’30 che fanno affidamento sulla forza militare o più generalmente sulla tecnologia per riuscire a truffare il popolo (per stessa ammissione del mago) demonizzando un capro espiatorio – chiunque, ma soprattutto “il diverso” – al fine di garantire unità politica, evidentemente attraverso la paura. Donde l’asserzione del mago: “da dove vengo io tutti sanno che il modo migliore per unire la gente è quello di dar loro un buon nemico”.
Il nostro eroe verde si batte in definitiva per la diversità (quindi contro l’omofobia, il razzismo, la paura generale della diversità, comprese le persone con difficoltà motorie). Il tempo della gentilezza è finito. L’ebreo è stato convertito in un nuovo simbolo di diversità/fluidità linguistica, razziale e di genere (e di tutto ciò il film è ricolmo). Salvare l’ebreo significa lottare per un mondo in transizione dove “il cielo è il nostro limite”. Non basterebbe l’intervento di una fata qualunque per affrontare e sormontare i nemici della diversità. Perché? La ragione è semplice: le fate tradizionali rappresentate da Gelinda (indicante etimologicamente il gelido), sono narcisiste borghesi, nonostante la transizione del nome di Gelinda a Glinda (designante etimologicamente la bellezza). Nonostante la sua bellezza (discutibilissima, a dire il vero), per quanto sia stata alterata dall’incantesimo di Elphaba, la fata bionda resta parte dello status quo; vive ancora secondo le regole.
Per ora solo Elphaba è capace di elevarsi al cielo, o al di sopra di tutte le regole, come ci suggerisce il testo della sua canzone di chiusura: “Ho smesso di giocare secondo le regole del gioco di qualcun altro […] è troppo tardi per tornare a dormire. È ora di fidarmi del mio istinto; chiudere gli occhi e partire: è il momento di provare a sfidare la gravità. Penso che proverò a sfidare la gravità”. Ma questo è solo il primo passo, perché una volta che gli “animali” saranno restituiti al loro ruolo di profeti della diversità, Elphaba sarà pronta a rispondere efficacemente alle accuse di Glinda secondo cui la ragazza verde avrebbe “manie di grandezza”. Nel frattempo, o attendendo il ripristino degli “animali” al rango di pedagoghi universali, Elphaba ci promette che “tutti meritano di volare”, anche se volare potrebbe richiedere l’abbandono universale della convinzione di Glinda secondo la quale “insieme siamo illimitati. Insieme saremo la migliore squadra che ci sia mai stata [nei] sogni, nel modo in cui li pianifichiamo”.
Aldilà del bene auspicato da Glinda, Elphaba sostituirà il sogno tradizionale delle fate con uno che è nel contempo più terreno e più celeste. Il nuovo sogno non pianificato è quello realizzato concretamente – con l’assistenza di “ebrei” beneficiari di una redenzione secolare – dagli eroi di un’epoca transumanista.