Mons. Ricchiuti sulle follie della Nato
di Bruno Volpe
–
INTERVISTA AL PRESIDENTE NAZIONALE DI PAX CHRISTI
Nel 2025 “scoppierà” la pace tanto auspicata dal mondo e invocata da Papa Francesco nel messaggio del primo gennaio? Lo chiediamo in questa intervista a Monsignor Giovanni Ricchiuti, vescovo emerito di Gravina – Altamura e Presidente Nazionale di Pax Christi.
Eccellenza Ricchiuti, come e con che bilancio si si chiude il vecchio anno?
“Con un segno negativo, purtroppo. Il bilancio è deficitario. Penso a quanto è ancora in atto tra Russia ed Ucraina e soprattutto alla Terra Santa dove, tra l’indifferenza generale, si è cosumato e si consuma un genocidio nella striscia di Gaza. Perseverare su questa strada è suicida, direi persino diabolico. Quello che mi colpisce e mi spaventa è la rassegnazione, tanta gente pensa che queste guerre siano inevitabili e sono entrate nella normalità della vita. Sento rassegnazione e la cosa è cattivo segno. Rimango sbalordito nel sentire dire al nuovo capo della Nato che dobbiamo prepararci alla guerra, è una follia”.
Siamo nel 2025, che cosa apettarsi?
“Da cristiani dobbiamo naturalmente nutrire la speranza, faccio questo augurio, che cessino i conflitti. Oltre che cristiani dovremmo tutti diventare irenofori, ovvero portatori di pace, tenere condotte pacificate e miti in ogni ambito del vivere. Lo ha detto ed auspicato anche il Papa nel messaggio per la giornata mondiale della pace il primo gennaio. Ma spesso i suoi accorati e giusti appelli sono ignorati e messi da parte. Le guerre sono causate da ingiustizie e condotte violente. Penso alla cattiva e non equa distribuzione delle ricchezze nel mondo e nella società. Il Papa correttamente ha invitato i Paesi ricchi a estinguere i crediti verso quelli poveri, ma nessuno ci sente da questo orecchio. Citado don Tonino Bello dobbiamo organizzare la pace e lo si fa nelle scelte di ogni giorno, nella vita e nella poltica”.
Come si organizza la pace?
“Nelle scelte quotidiane. Ribadisco, ottimismo e speranza sono concetti diversi e non è saggio abbandonarsi ad irrazionali ed ingiustificate forme di ottimismo. Tuttavia, come credenti, dobbiamo avere speranza, altrimenti siamo dei disperati e la disperazione è un peccato gravissimo. Il disperato è un suicida, un morto che cammina. Penso a chi decide di porre fine alla sua vita, magari depresso. E’ una scelta irrazionale, contraria al dono della vita che comunque sia è bella ed è un dono di Dio. Citando San Paolo nella lettera ai Romani, dobbiamo sperare contro ogni speranza, questo sia l’ impegno del nuovo anno. Non è facile, ma prendendo a prestito Abramo, egli seguì Dio, sperò contro ogni speranza. Bisogna solo lasciare le paure, metterle da parte. La paura del nuovo e della conversione delle coscienze ci frena e non è bello “.
Siamo nel tempo del Giubileo. Con quale animo dobbiamo viverlo?
“Realizzando una conversione vera, riappacifincadoci con chi ci ha feriti , perdonando. La via del perdono, anche in famiglia e dappertutto, alla lunga è vincente. Guerre e conflitti sembano la soluzione a tutto ed invece non ci portano da nessuna parte, anzi fanno vittime ingiuste”.