Il vero volto del totalitarismo odierno

Il vero volto del totalitarismo odierno

di Paolo Gulisano 

LA CENSURA NELLE “DEMOCRAZIE” DEL XXI SECOLO 

Sui social network il controllo delle informazioni è sempre più stringente: post, articoli e opinioni che sfidano la narrativa dominante vengono oscurati o rimossi, mentre gli algoritmi penalizzano i contenuti ritenuti “non conformi” a certi standard, determinando una moderna forma di Inquisizione digitale. Domina la censura, come molti – compreso chi scrive- hanno sperimentato su Facebook e altri social. Molti altri, purtroppo la maggioranza dei cittadini dei Paesi Occidentali, in primis l’Italia, ancora non hanno capito di vivere in un clima di criminalizzazione del dissenso e di controllo capillare digitale che ricordano le peggiori distopie. Ma la letteratura distipica sta diventando sempre più realtà, come documentato da un saggio davvero prezioso:  La censura nelle «democrazie» del XXI secolo. Criminalizzazione del dissenso e inquisizione (Editrice Arianna), di cui è autrice Enrica Perucchietti. Autrice di una quarantina di saggi di successo, pubblicati in Italia e in Francia, tra cui ricordiamo Gli oligarchi di Davos : dal Covid-19 al Grande Reset: come le élite strumentalizzano le crisi per creare un governo mondiale, né una delle più importanti giornaliste indipendenti del nostro Paese. Laureata in Filosofia, già caporedattrice del Gruppo Editoriale Uno e di One Books, lavora per Visione Editore e collabora con L’Indipendente. È curatrice della rivista Visione, un altro sguardo sul mondo.

La Perucchietti è da sempre estremamente attenta ai fenomeni di manipolazione mediatica e segue le strategie con cui si sta imponendo il Nuovo Ordine Mondiale. 

Naturalmente, agli occhi della cultura dominante la giornalista e scrittrice torinese non può che essere una complotti sta, un termine usato per squalificare chiunque faccia uso del proprio pensiero critico e del proprio desiderio di conoscere la verità. 

Tra le tante altre cose, nel saggio appena pubblicato la Perucchietti ci spiega come sia nata la parola “complottista” e la teoria della cospirazione: fu ideata dalla CIA a partire dal 1963  per screditare chi cercava di indagare e scoprire la verità sull’assassinio del presidente John Kennedy. 

Nel corso degli ultimi anni, cogliendo l’opportunità offerta dalla psicopandemia, la censura ha fatto purtroppo passi da gigante, come documentato ampiamente dal libro della Perucchietti, e diventa pienamente comprensibile la scelta del titolo di mettere tra parentesi la parola “democrazie. 

Inchieste e casi di cronaca, dai Twitter Files all’arresto di Pavel Durov, il fondatore di Telegram, attestano le pressioni che le Big Tech ricevono dai governi e dalle agenzie di intelligence per assecondare questa china liberticida. Il silenziamento delle voci divergenti avviene anche fuori dalla Rete, come dimostrano le derive puritane dell’ideologia woke e il fanatismo della cancel culture. Esprimere un pensiero divergente diventa un “reato di opinione” Al tempo delle guerre ibride, i Giganti del web, coadiuvati dai media di massa e dai fact-checkers, sono diventati il braccio armato del Potere: questo sistema intende creare una informazione certificata, presentando come legittime solo le narrazioni conformi alla linea ufficiale, mentre tutte le forme di pensiero critico vengono etichettate come “complottismo” o disinformazione e rischiano di essere perseguite come uno “psicoreato” di orwelliana memoria

La censura è diventata addirittura preventiva, e i “soldati” del pensiero unico diventano tutti i cittadini, chesi mettono volentieri a disposizione come delatori, come segnalatori di ogni dissidente. Una censura  che mette sempre più a rischio la libertà di espressione. 

Spesso questa cultura del controllo, della censura, ha assunto forme quasi ridicole, come nell’ideologia woke, o come nella cancel culture, ma purtroppo la cosa è sempre più drammatica. non cLa cosa più ridicola della cancel culture, o chiamatela come diavolo vi pare, è la sua pretesa originalità. È dalla storia Mai, nemmeno nei tanto vituperati “secoli bui” del Medioevo è esistito un progetto così insidioso e violento di controllo del pensiero. Insidioso perché si ripromette di “riportare sulla retta via” chi ha un pensiero critico, e violento di fatto, perché ricorre a mezzi coercitivi per attuare la “de programmazione” del reprobo, come già avevano profetizzato i grandi scrittori di narrativa di anticipazione come George Orwell. 

Enrica Perucchietti ci ricorda con competenza e con passione che non dobbiamo soggiacere a questo dispotismo, che dobbiamo difendere la libertà di parola, e ancor più la libertà di pensiero e della sua espressione. “Se vogliamo che la nostra voce conti – afferma la scrittrice- dobbiamo unirci in una lotta comune contro il fuoco del totalitarismo democratico, pronto a bruciare digitalmente ogni forma di dissenso e a riscrivere la Storia a proprio piacimento”.

Un totalitarismo solo apparentemente soft, di cui questo libro svela il vero volto.  

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