I Magi: chi cerca trova…
di Don Dario Valentino Panico
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LA VERITÀ CON LA “V” MAIUSCOLA VA CERCATA PERCHÉ ESISTE E SI PUÒ TROVARE
La parola verità non gode di ottima salute. Si è passati dal dire che è inutile perché non esiste una verità assoluta e definitiva ma esistono solo punti di vista, tanti “sensi” legittimi e ciascuno col proprio diritto di cittadinanza, al dire che è dannosa perché sinonimo di intolleranza e di esclusione.
Ormai anche tra noi cristiani, sebbene Cristo abbia dichiarato di essere la Verità, questa parola pare quasi destare imbarazzo, tanto che è diventato per noi di moda proclamarci “cercatori della verità”.
Sembra che rispetto a questa questione abbiamo assunto l’atteggiamento dell’illuminista tedesco Gotthold Ephraim Lessing, che in una suo opera scriveva: “Se Dio dovesse presentarsi davanti a me reggendo in mano tutta la verità e nell’altra la ricerca della verità e mi invitasse a scegliere, io gli risponderei: «La verità appartiene solo a te in pienezza, o Signore, a me dona soltanto la ricerca della verità»”.
La solennità dell’Epifania ci ricorda che la Verità con la “v” maiuscola va cercata perché esiste e si può trovare. Per un cristiano dire di aver trovato la Verità non è un atto di superbia ma espressione di gratitudine per un dono ricevuto: se la nostra ricerca è andata a buon fine è perché è innanzitutto Dio che va in cerca dell’uomo.
Per un cristiano dire di aver trovato la Verità non implica voler imporre agli altri le proprie convinzioni ma assumersi una grande responsabilità personale, perché si tratta di una verità che va testimoniata; come dice Kierkegaard: “Il Cristianesimo non è una dottrina, ma una comunicazione-di-esistenza. […] Di conseguenza […], in rapporto ad esso non è come in rapporto ad una dottrina indifferente, dove chi la espone deve unicamente (obiettivamente) dire il giusto. No, Cristo non ha istituito docenti – ma imitatori. Se il Cristianesimo (appunto perché non è una dottrina) non si reduplica in chi lo espone, allora costui non espone il Cristianesimo […]. Reduplicare è essere ciò che si dice. È infinitamente più utile agli uomini chi fa quel che dice di chi parla sempre con enfasi” (Diario V), 21-22.
In tal proposito è illuminante quanto scrive Sant’Agostino a proposito dei capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo che sanno dove nascerà il Salvatore ma non vanno ad adorarlo insieme ai magi, manifestando un atteggiamento che si potrebbe definire autenticamente non-sinodale perché si rifiutano di camminare insieme a chi cerca Cristo: “Questi, attingendo dalla sacra Scrittura che avevano sulle labbra ma non nel cuore, presentarono, da infedeli a persone divenute credenti, la grazia della fede, menzogneri nel loro cuore, veritieri a loro proprio danno. Quanto sarebbe stato meglio infatti se si fossero uniti a quelli che cercavano il Cristo, dopo aver sentito dire da essi che, veduta la sua stella, erano venuti desiderosi di adorarlo? se li avessero accompagnati essi stessi a Betlemme di Giuda, la città che avevano ad essi indicato seguendo le indicazioni dei Libri divini? se insieme ad essi avessero veduto, avessero compreso, avessero adorato? Invece, mentre hanno indicato ad altri la fonte della vita, essi ora sono morti di sete. È successo loro come alle pietre miliari: mentre hanno dato indicazioni ai viandanti in cammino, essi son rimasti inerti e immobili” (Discorso 199).
Infine, per un cristiano dire di aver trovato la verità non vuol dire sentirsi arrivati. Innanzitutto perché comporta intraprendere un cammino di conversione che impegna per tutta l’esistenza; e poi perché la Verità è una persona, una relazione che gusteremo in pienezza solo al termine della nostra vita, nella visio beatifica.
Trovare la verità non dà sicurezza ma una pace paradossale in cui alla consapevolezza di essere amato si aggiunge la necessità di attendere alla propria salvezza con timore e tremore (Cf. Fil 2,12).