Bye bye Justin Trudeau
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JUSTIN TRUDEAU SI È DIMESSO DA PRIMO MINISTRO DEL CANADA
I Re Magi hanno fatto un super regalo ai canadesi. Il primo ministro canadese Justin Trudeau ha aannunciato nel giorno dell’Epifania le sue dimissioni da leader del partito Liberale e da primo ministro, mmettendo così fine ad una crisi politica che durava da alcuni mesi. Adesso resterà in carica fino a fine marzo, dando tempo al partito Liberale di trovare un nuovo leader: poi si terranno nuove elezioni, per eleggere un nuovo primo ministro.
Trudeau, alla guida di un governo di centrosinistra, era da tempo assai impopolare: aveva perso l’appoggio di forze politiche che prima lo sostenevano e anche alcuni membri del suo stesso partito ne avevano chiesto le dimissioni. Senza le dimissioni di Trudeau si sarebbe andati a elezioni nell’ottobre del 2025.
La crisi si era aggravata a metà dicembre, quando Chrystia Freeland, la ministra delle Finanze, aveva annunciato le sue dimissioni, poco prima della presentazione dei risultati economici dell’ultimo periodo, che hanno evidenziato un deficit di bilancio molto più alto del previsto: l’equivalente di 41 miliardi di euro. Una settimana dopo Trudeau aveva annunciato il cambio di otto dei 35 ministri del suo governo, ma senza placare le critiche dell’opposizione, né quelle interne al partito.
Justin Trudeau, il 23° Primo Ministro del Canada, salito al potere nel 2015 come leader del Partito Liberale, Trudeau è stato accolto come un simbolo del progressismo globale: giovane, carismatico, attento ai diritti umani e impegnato su questioni ritenute chiave nella galassia woke canadese, come il cambiamento climatico e l’uguaglianza sociale. Tuttavia, al di là della sua immagine brillante e inclusiva, la sua leadership è stata spesso criticata per incoerenza, opportunismo politico e mancanza di risultati tangibili in alcune delle aree più cruciali per il futuro del Canada.
Quando Trudeau è stato eletto, una delle sue promesse principali era fare del Canada un leader globale nella lotta contro il cambiamento climatico. Ha introdotto una carbon tax a livello federale, una misura che ha segnato un’importante vittoria per gli ambientalisti. Tuttavia, questa stessa politica è stata accompagnata da una serie di decisioni apparentemente contraddittorie, come l’acquisto da parte del governo federale del Trans Mountain Pipeline per 4,5 miliardi di dollari canadesi nel 2018.
Questa decisione ha deluso profondamente molti attivisti ambientali, poiché rappresenta un chiaro sostegno all’espansione delle infrastrutture petrolifere, in netto contrasto con gli impegni per la riduzione delle emissioni di gas serra. Trudeau ha giustificato la mossa sostenendo che era necessaria per garantire la crescita economica del paese, ma questa scelta ha evidenziato una tensione tra le sue ambizioni climatiche e gli interessi economici tradizionali.
Inoltre, nonostante gli impegni per raggiungere emissioni nette pari a zero entro il 2050, il Canada è rimasto uno dei maggiori emettitori di CO2 pro capite nel mondo. L’apparente mancanza di un piano chiaro e realistico per ridurre significativamente le emissioni ha portato molti a considerare le politiche ambientali di Trudeau come più simboliche che efficaci.
Un altro pilastro della campagna di Trudeau nel 2015 era la promessa di rafforzare la classe media canadese. Tuttavia, la realtà economica del suo governo ha spesso lasciato molto a desiderare. Nonostante un periodo iniziale di crescita economica sostenuta, molte famiglie hanno continuato a lottare con l’aumento del costo della vita, la stagnazione dei salari e la mancanza di alloggi accessibili.
Le politiche di Trudeau, tra cui l’aumento della spesa pubblica per stimolare l’economia, sono state criticate per aver contribuito all’aumento del debito pubblico canadese, che ha raggiunto livelli record durante la pandemia di COVID-19. Sebbene la crisi sanitaria globale giustifichi in parte queste misure straordinarie, molti critici sostengono che il governo Trudeau non abbia fatto abbastanza per garantire una ripresa economica equa e sostenibile, lasciando indietro le comunità più vulnerabili.
L’attenzione del governo Trudeau agli investimenti nelle infrastrutture, come promesso nelle sue campagne elettorali, è stata spesso etichettata come insufficiente o mal gestita. Numerosi progetti annunciati non sono stati completati nei tempi previsti, alimentando dubbi sull’efficacia della leadership economica del Primo Ministro.
Trudeau si è spesso presentato come un difensore dei diritti umani e dell’inclusione sociale, guadagnandosi elogi per le sue politiche in favore delle minoranze, dei rifugiati e della comunità LGBTQ+. Tuttavia, dietro la facciata progressista, il suo governo ha affrontato accuse di ipocrisia, in particolare per quanto riguarda il trattamento delle popolazioni indigene.
Nonostante l’impegno dichiarato di Trudeau a favore della riconciliazione con i popoli indigeni, molte comunità continuano a soffrire per la mancanza di accesso ad acqua potabile, un problema che affligge decine di riserve in tutto il paese. Sebbene alcuni progressi siano stati fatti, la lentezza delle azioni del governo su questa questione cruciale ha suscitato critiche diffuse.
Inoltre, il governo Trudeau è stato accusato di non rispettare i diritti delle comunità indigene quando ha approvato progetti infrastrutturali controversi, come il già citato Trans Mountain Pipeline, spesso in violazione dei diritti territoriali delle Prime Nazioni.
L’immagine pubblica di Trudeau ha subito gravi colpi a causa di una serie di scandali e controversie personali. L’episodio più eclatante è stato quello delle foto di Trudeau in “blackface” emerse nel 2019, che hanno gettato un’ombra sulla sua reputazione come sostenitore dell’uguaglianza razziale. Sebbene Trudeau abbia chiesto scusa, l’incidente ha sollevato interrogativi sulla sua autenticità come leader progressista.
Sul fronte politico, lo scandalo SNC-Lavalin ha danneggiato ulteriormente la sua credibilità. Trudeau è stato accusato di aver esercitato pressioni indebite sull’allora Ministro della Giustizia Jody Wilson-Raybould per favorire la società ingegneristica SNC-Lavalin, coinvolta in un caso di corruzione. Questo scandalo ha messo in luce la tensione tra gli ideali dichiarati di trasparenza e integrità e le azioni del governo.
Gli eventi legati al Freedom Convoy del 2022, il modo in cui il suo governo Trudeau ha gestito le proteste dei camionisti, che si opponevano ai mandati vaccinali e alle restrizioni legate alla pandemia di COVID-19, ha sollevato forti critiche, sia in Canada che a livello internazionale.
Trudeau ha fallito non solo nel rispondere alle preoccupazioni legittime di una parte della popolazione canadese, ma anche nel rispettare i valori fondamentali della democrazia.
Sin dall’inizio del Freedom Convoy, Trudeau ha adottato un approccio che molti hanno definito polarizzante e autoritario. Invece di cercare il dialogo con i manifestanti, il Primo Ministro ha scelto di demonizzarli, etichettandoli come una “frangia marginale” con “idee inaccettabili”. Questo linguaggio non solo ha alienato i manifestanti, ma ha anche creato una divisione tra i canadesi, fomentando una retorica di “noi contro loro”.
Le dichiarazioni di Trudeau hanno avuto l’effetto di delegittimare le preoccupazioni dei camionisti e di chi li sosteneva. Molti partecipanti al Freedom Convoy non erano estremisti, ma cittadini comuni preoccupati per le implicazioni delle politiche governative sul loro lavoro, la loro libertà personale e il futuro del Canada. Tuttavia, Trudeau ha scelto di ignorare queste sfumature, dipingendo l’intero movimento come una minaccia per la sicurezza pubblica.
Questo tipo di retorica è problematico in una democrazia, dove il ruolo dei leader dovrebbe essere quello di unire, non dividere. Trudeau, invece, ha scelto di radicalizzare la narrazione, usando la paura come strumento politico.
Il momento più controverso della gestione di Trudeau del Freedom Convoy è stato l’invocazione della Emergencies Act il 14 febbraio 2022. Questa legge, mai utilizzata prima, conferisce poteri straordinari al governo, permettendogli di limitare i diritti civili e di mobilitare risorse federali per affrontare situazioni di emergenza nazionale.
L’applicazione della Emergencies Act è stata immediatamente criticata come un eccesso di potere. Molti esperti legali e osservatori indipendenti hanno messo in dubbio la necessità di questa misura, sostenendo che la situazione non costituiva una minaccia così grave da giustificare un intervento così drastico. Le proteste, pur essendo disruptive, erano per lo più pacifiche, e la polizia locale avrebbe potuto affrontare la situazione senza ricorrere a leggi di emergenza.
Attraverso la Emergencies Act, il governo Trudeau ha autorizzato misure come il congelamento dei conti bancari dei manifestanti e di coloro che li sostenevano finanziariamente. Questa mossa ha avuto un impatto devastante su molte famiglie e piccole imprese, punendo cittadini comuni per aver esercitato il loro diritto di sostenere una causa politica.
Una delle accuse più gravi contro Trudeau riguarda il suo attacco diretto alla libertà di protesta, un diritto fondamentale in ogni democrazia. Il Freedom Convoy è stato un esempio di dissenso pubblico, un’espressione del malcontento verso politiche governative percepite come oppressive. Sebbene le proteste abbiano causato disagi significativi, in particolare a Ottawa, la risposta di Trudeau è stata vista come sproporzionata e autoritaria.
La repressione delle manifestazioni, culminata con l’intervento della polizia per smantellare il Convoy, ha portato a numerosi arresti e alla criminalizzazione dei partecipanti. Questo approccio non ha risolto le tensioni, ma le ha intensificate, alimentando un clima di sfiducia verso il governo e le istituzioni.
Molti critici hanno sottolineato che la risposta di Trudeau ha stabilito un precedente pericoloso. Se un governo può invocare leggi di emergenza per reprimere una protesta pacifica, cosa impedisce future violazioni dei diritti civili in nome della sicurezza nazionale?
L’ironia della gestione del Freedom Convoy da parte di Trudeau sta nel fatto che, come detto, si è presentato per anni come un campione delle libertà e dell’inclusività. Ha sostenuto movimenti progressisti in tutto il mondo e ha spesso denunciato governi autoritari per la repressione del dissenso. Tuttavia, quando il dissenso si è manifestato all’interno dei confini canadesi, Trudeau ha risposto con durezza, dimostrando una mancanza di coerenza nei suoi principi.
L’uso della Emergencies Act, il congelamento dei conti bancari e l’arresto dei manifestanti hanno fatto sì che Trudeau venisse paragonato a leader autoritari, con alcuni osservatori internazionali che hanno descritto le sue azioni come incompatibili con i valori democratici.
Le conseguenze della gestione del Freedom Convoy da parte di Trudeau sono state profonde e durature. La fiducia del pubblico nelle istituzioni canadesi è stata erosa, con molti cittadini che ora percepiscono il governo come un’entità disposta a reprimere il dissenso piuttosto che a dialogare. Questo ha contribuito a polarizzare ulteriormente la società canadese, alimentando un senso di alienazione tra coloro che si sentono traditi dal loro stesso governo.
A livello internazionale, l’immagine del Canada come faro di democrazia e diritti umani è stata messa in discussione. Le azioni di Trudeau durante il Freedom Convoy hanno sollevato interrogativi sulla tenuta democratica del paese e sulla volontà del suo leader di rispettare i principi fondamentali dello stato di diritto.
La gestione del Freedom Convoy da parte di Justin Trudeau rappresenta uno dei capitoli più controversi della sua carriera politica. Invece di affrontare le preoccupazioni dei manifestanti con dialogo e comprensione, Trudeau ha scelto di reprimere, dividere e stigmatizzare. Questo approccio non solo ha tradito i principi democratici, ma ha anche inflitto danni duraturi alla coesione sociale e alla reputazione internazionale del Canada.
Se il ruolo di un leader è quello di unire la nazione e promuovere il rispetto reciproco, Trudeau ha fallito in modo clamoroso. Il Freedom Convoy rimane un simbolo di resistenza contro un governo che, in nome del progresso, ha mostrato il volto dell’autoritarismo e del blocco dei conti bancari (con buona pace di chi vuole digitalizzare tutto).