La grazia di Dio va presa oggi

La grazia di Dio va presa oggi

di Don Ruggero Gorletti 

COMMENTO AL VANGELO DEL GIORNO

Dal vangelo secondo Luca 4,14-22

In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,  a proclamare ai prigionieri la liberazione  e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi  e proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca.

COMMENTO

Ci sono due rischi nell’ascoltare il Vangelo di oggi.

Il primo rischio è pensare così: io non sono molto ricco, ma non sono nemmeno così povero, in galera non sono mai stato, non sono cieco del tutto, non sono poi così oppresso. L’anno di grazia cosa sarà? L’anno del giubileo? Dall’ultimo sono passati un bel po’ di anni ed al prossimo ne mancano ancora un po’, quindi non è un problema attuale. Per cui, secondo passaggio del ragionamento, di Gesù posso agevolmente fare a meno, non serve alla mia vita, al mio benessere.

Secondo pericolo: guardiamo alle cose per cui Gesù dice di essere stato mandato: portare ai poveri  il lieto annuncio. Quale sarà questo lieto annuncio? Ai poveri probabilmente interessa avere qualche soldo per mettere insieme il pranzo e la cena o per pagare il mutuo, inoltre non è che a quasi duemila anni da queste parole i poveri nel mondo siano diminuiti, anzi! La liberazione ai prigionieri: oggi si calcola che nel mondo ci siano circa nove milioni di persone ristrette in carcere, e solo in Italia, dal 1990 ad oggi, la popolazione carceraria è più o meno raddoppiata. Dov’è  questa liberazione dei prigionieri promessa da Gesù? Analogo ragionamento possiamo fare per le altre categorie citate.

Gesù però dice: oggi si è compiuta la scrittura che avete ascoltato. Dai dati in nostro possesso sembra proprio che non sia così, quindi, secondo pericolo, sembra che Gesù non ci dica la verità o almeno che, con tutta la buona volontà, non sia stato capace di risolvere questi problemi. È come dire: non è che Dio sia poi così onnipotente.

Gesù non mi serve e se mi servisse non sarebbe in grado di aiutarmi: questa è la conclusione a cui ci porta una lettura letterale del brano proposto.

Evidentemente non può essere questo il senso del brano.

Per capire cosa il Signore vuole dirci dobbiamo considerare quale sia stato lo scopo principale della sua incarnazione: Gesù non è venuto sulla terra per risolvere i problemi pratici del vivere. Se fosse venuto per questo non potremmo che concludere, a duemila anni di distanza, che ha miseramente fallito. Il primo scopo della venuta del Signore è stato quello di liberarci dalla schiavitù del peccato e dalla dannazione eterna e riconquistarci l’amicizia con Dio, e quindi con i fratelli.

Se leggiamo il brano in quest’ottica, le parole di Gesù diventano comprensibili e vere. I veri poveri siamo noi: quando decidiamo di vivere nel peccato: il peccato ci rende poveri, ci priva della cosa più importante della vita: la grazia di Dio e la promessa della vita eterna. Il peccato poi ci rende prigionieri, prigionieri di noi stessi, nel senso che ci ingabbia e ci rende difficile fare a meno di esso. Ci rende oppressi perché ci toglie la gioia di vivere, e spesso ci priva di un atteggiamento di vera carità verso i nostri fratelli. Ci rende ciechi, non fisicamente, ma nel senso che chi vive nel peccato in maniera abituale perde di vista il senso della vita, non capisce più cosa sia al mondo a fare, vive nella confusione, in un tourbillon di cose inutili, perdendo di vista ciò che per cui davvero vale la pena vivere. Proclamare l’anno di grazia. Cos’è questo anno di grazia? È il tempo che stiamo vivendo, dopo che Gesù, con il suo sacrificio, ci ha riconciliati con il Padre e ci ha permesso di uscire dalla schiavitù del peccato e della morte. L’anno santo, che si celebra ogni venticinque anni, è un simbolo che serve a ricordarci che il tempo che stiamo vivendo, ogni giorno della nostra vita, è un tempo di grazia, un dono che il Signore ci fa per renderci santi e felici.

Oggi: che cosa significa questa parola? La abbiamo incontrata altre volte nei Vangeli: l’annuncio ai pastori: oggi è nato per voi il Salvatore, che è Cristo Signore. L’ha udita Zaccheo, quando ha incontrato Gesù: oggi la salvezza è entrata in questa casa. Gesù ha promesso al buon ladrone, sulla croce, oggi sarai con me in paradiso. La grazia di Dio va presa oggi, va presa quando ci viene offerta, non è detto che domani ci sia ancora.

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