Giansenisti di oggi
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LA SÈTTA NEO-GIANSENISTA È CONDANNATA DALLA CHIESA CATTOLICA
«Il giansenismo è un’eresia del secolo XVIII che ebbe un incredibile potere nella Chiesa». Benché il nome venga da Cornelio Giansenio (1585-1638), il suo sviluppo fu incentivato dall’abate francese di San Cyran (1581-1643), suo discepolo. Giansenio si richiamava a sant’Agostino, esagerando e deformando la sua impostazione dottrinale.
Il giansenismo produsse un grande fervore religioso davanti a un Dio che non è il Dio di Gesù Cristo. Per questo non è un Dio di tutti, ma una specie di “proprietà privata” di coloro che dicono di credere in lui, mentre l’umanità sarebbe una «massa dannata». Questa è la deriva del giansenismo attuale, presente in alcuni ambienti sedicenti catto-conservatori, come un virus che ritorna dalle ceneri del passato e, per esso, sembra non esservi vaccino efficace.
I giansenisti si sentono “superiori” agli altri, per preparazione e cultura, un po’ come i modernisti. Ma, in questa impostazione dottrinale e spirituale, è facile notare che manca la pienezza della figura di Gesù, la conoscenza della Tradizione e del diritto canonico, il valore del Magistero Perenne dei Papi. Non seguono il comando di Gesù di amare anche i propri i nemici.
La grazia divina viene concepita come una specie di privilegio, che arriva persino alla dimenticanza, se non addirittura al disprezzo degli altri. Domina l’egoismo, ma soprattutto l’invidia per la vera fede dei cattolici autentici, perché il giansenista, freddo calcolatore, ne ha una deformata, in una coscienza che ha altre priorità, molto mondane e materiali.
In politica erano conservatori, monarchici, ma contrari alle colonie. Il card. Tisserant (1884-1972), uomo molto colto, confessò che il giansenismo produsse i giorni più tristi della storia delle missioni. Tanto che, secondo eminenti teologi, «se oggi la Cina e l’India non sono molto più cristiane, lo si deve in buona parte ai giansenisti». Oggi si inseriscono nella Chiesa ufficiale, accogliendo tutte le disposizioni vaticane.
È facile capire perché i giansenisti di oggi siano, fra loro, necessariamente nemici acerrimi di Bergoglio, ma non di Ratzinger o di Wojtyla. Loro peculiarità è essere infidi e doppi, perché in foro interno e nelle loro conventicole attaccano chi ritengono legittimo sovrano Pontefice anche su temi quali il suo Magistero Ordinario e Straordinario, definiti infallibili da papa Pio IX, ma pubblicamente si nascondono e sfruttano le occasioni, non mancando della più totale ipocrisia.
«…nel contrasto delle tendenze dalle quali è apparso pervaso e scosso il cattolicesimo post-tridentino, si è insinuato uno strano paradosso. Un’anima senza forma ha lottato contro una forma senz’anima. L’anima era l’universalità della concezione agostiniana: col suo particolarismo sempre più angusto e sempre più banale il Giansenismo ne ha mortificato e ottuso la vitalità. La forma è stata la tendenza accentratrice dello spirito curiale, culminante e trionfante nella definizione della infallibilità pontificia.
Il probabilismo gesuitico ha svuotato in anticipo questo dogma di ogni concreta efficienza universale… Il modernismo è stato un tentativo di superare la tesi e l’antitesi del Giansenismo e dell’ortodossia gesuitica, in una sintesi organica degli elementi, onde si è nutrita nei secoli migliori la tradizione del messaggio cristiano. In esso si è riprodotto il dramma storico dell’evoluzione cristiana. Ha avuto, ai suoi inizi, una forte esperienza escatologica; è andato preparando la sua maturità attraverso una più profonda consapevolezza delle postulazioni dualistiche, che sono insite all’antropologia e alla soteriologia cristiana…
Superato e rielaborato così nel modernismo, il Giansenismo impone ancor oggi a tutte le denominazioni cristiane un problema perentorio: si può parlare di esperienza e di salvezza cristiana là dove manchi una visione pessimistica del mondo e quindi una certezza di un intervento carismatico, che è onnipotente e gratuito, trascendente e autonomo? Quel modernismo che è stato definito sintesi di eresie è, invece, recupero dei valori più alti della universale rivelazione cristiana.
Il contrasto fra la realtà della funzione che il modernismo è chiamato ad assolvere e la valutazione troppo precipitosamente datane, non deve recare meraviglia. La storia è un ipogeo di resurrettori. E i fossori, deponendo le salme nei loculi, segnano il loro vero dies natalis».
Con questa riflessione, il modernista Ernesto Buonaiuti (1881-1946) chiudeva nel 1928 un breve, ma folgorante, saggio sul pensiero e sulla soteriologia di Giansenio.
La Chiesa Cattolica condannò il giansenismo e il modernismo, perché Gesù Cristo è morto per noi e per molti in remissione dei peccati, non per un’élite di pseudo-illuminati che la storia ecclesiastica ha già ampiamente demolito.
Del tipo: Gesù è solo mio, e lo gestisco io?