Forza Giuseppe Valditara!

Forza Giuseppe Valditara!

di Francesco Bellanti

LA NUOVA SCUOLA DEL MINISTRO VALDITARA. ALCUNE RIFLESSIONI

Siamo intervenuti spesso su questo giornale negli ultimi anni sui problemi della scuola, evidentemente anche il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ce ne dà l’occasione.

Qualche giorno fa, il Ministro Valditara ha illustrato al Consiglio dei Ministri una riforma ambiziosa che dovrebbe coinvolgere tutti gli alunni dai tre ai quattordici anni, dalla scuola dell’infanzia fino alla seconda media, con in programma altre modifiche per le scuole superiori.

L’obiettivo, esposto in modo inequivocabile, è quello di introdurre innovazioni importanti, e tra questi il rafforzamento dell’insegnamento della lingua italiana e il ritorno del latino, però opzionale, sin dalla seconda media.

La riforma punterebbe a ridefinire i programmi scolastici con un focus sulla narrazione storica e culturale. Verrebbero privilegiate la storia italiana, europea e occidentale, eliminando la geostoria (attualmente anche nei primi anni delle superiori unificata in un unico insegnamento) per promuovere un approccio didattico che valorizzi il patrimonio storico e culturale nazionale.

Si tratterebbe di una scelta che, nelle parole del Ministro, avrebbe come obiettivo quello di formare studenti consapevoli delle proprie radici culturali e identitarie.

Ma vediamo quali sono le innovazioni più importanti. Sin dalla prima elementare sarà introdotta la letteratura, con particolare attenzione alla scrittura, oggi in evidente crisi. E per raggiungere questo fine, cioè una comunicazione più chiara e corretta, si proporranno agli alunni ancora bambini testi classici, poetici, anche della mitologia e delle saghe epiche, anche quelle nordiche.

Ci sarà il potenziamento dello studio dell’antica Grecia, di Roma e del primo Cristianesimo, per fornire una conoscenza approfondita delle radici culturali italiane ed europee. Sarà introdotto anche lo studio del latino, però opzionale, già in seconda media.

Tra gli obiettivi della riforma, con la revisione dei programmi, si vuole puntare a una
scuola moderna, orientata alla conoscenza critica e alla valorizzazione delle competenze fondamentali. L’obiettivo sarebbe quello di eliminare sovrastrutture ideologiche e semplificare il percorso formativo per fornire agli studenti strumenti adeguati per il loro futuro. Si vuole, insomma, rilanciare l’istruzione italiana, mettendo al centro l’identità culturale e la crescita individuale degli studenti.

Questa proposta di riforma – era naturale – ha generato un acceso dibattito fra i docenti e gli studiosi, ed ha coinvolto storici, educatori, e anche genitori.

Il Ministro prevede l’approvazione per il marzo 2025, probabilmente ignorando l’impatto che questa riforma potrà avere sul medio e lungo termine.

Chi scrive, per l’esperienza più che quarantennale di docente nei licei, afferma subito che i contenuti non hanno nessun senso se non servono a formare giovani dotati di coscienza critica, consapevoli di vivere in una società moderna e complessa, aperta a culture diverse, dove però al primo posto ci devono essere altissimi valori etici e religiosi, e la consapevolezza di vivere in una società, italiana ed europea, nata dalla unione della civiltà romana con l’eredità ebraico-cristiana.

Tenuto conto di questo, i programmi tuttavia non devono essere rigidi, e devono tenere in grande considerazione la libertà d’insegnamento.

Se pedagogisti come Daniele Novara e Franco Lorenzoni e scrittori docenti come Eraldo Affinati e Marco Lodoli bocciano la “riforma” dei programmi così come illustrata dal governo di destra, molti docenti ed ex docenti, come il sottoscritto, non sono contrari ad alcune novità, purché le parole Bibbia, epica, latino alle medie, più storia e più geografia alle superiori, non siano solo degli slogan ma veri strumenti per la formazione del cittadino di domani.

È bene accolto il ritorno del latino, che tuttavia non deve essere opzionale, perché il latino, sostiene anche il più grande filologo italiano, che certo non è di destra, Luciano Canfora “serve, come scriveva Antonio Gramsci nei Quaderni del carcere, per imparare a studiare. È una stupidaggine considerarlo di destra”.

Ma al latino bisognerebbe dedicare non una, ma due o tre ore a settimana, almeno in terza media. Altrimenti sarebbe una buffonata ideologica, come sostiene Franco Lorenzoni, maestro con una laurea magistrale honoris causa in scienze della formazione.

“Il latino alle medie per un’ora – dice il Lorenzoni – non ha nessun senso: forse si vogliono costringere i preadolescenti a fare il classico? Mettere al centro la storia dell’Occidente, oggi, è assurdo: una narrazione fatta in quel modo non ci aiuta a capire ciò che sta accadendo nel pianeta”. Lorenzoni se la prende, poi, con Valditara anche per gli annunci fatti: “Mai nessun ministro ci ha detto cosa far leggere”.

Pare anche che i brani del Vecchio e Nuovo Testamento non saranno più affidati al solo insegnante di religione, ma concorreranno al loro insegnamento anche maestri, fin dalla primaria, di storia e di italiano, per fare “comprendere i valori della società in cui viviamo” e “per fare in modo che anche i ragazzi migranti siano consapevoli del contesto in cui sono arrivati”.

Lo stesso discorso vale per l’epica e le culture nordiche. È anche corretto rilevare che già nelle superiori questo avviene, vogliamo dire l’insegnamento della Bibbia e di altre culture e religioni affidato a insegnanti laici. Il problema delle elementari è, più che altro, un problema didattico di coordinamento e di adattamento.

Altri pedagogisti, come Daniele Novara, bocciano totalmente il ritorno del latino a favore di un maggiore tempo dedicato all’inglese, lingua viva e fondamentale per conoscere il mondo moderno.

Noi sosteniamo che sono, invece, possibili entrambe le cose, la soluzione è nella didattica, nel modo di insegnare, che vuol dire non solo efficacia ma anche non perdere tempo. Cioè, come insegnare la Bibbia e l’epica a bambini delle elementari, come far comprendere che esistono culture e civiltà diverse da quella occidentale, la complessità del mondo moderno.

Ci meravigliamo, invece, di interventi strampalati come quello dello scrittore e professore Marco Lodoli, il quale sostiene sull’insegnamento del latino che “Un’ora la settimana mi pare inutile, è necessario studiare più a fondo la sintassi e la grammatica italiana, aggiungerei due ore di grammatica al posto del latino”. Lodoli ignora, o finge di ignorare, che l’insegnamento del latino non è disgiunto da quello dell’italiano, e che l’apprendimento del latino, anzi, contribuisce a migliorare l’uso dell’italiano.

Attendiamo, allora, senza particolare angoscia la proposta didattica definitiva del Ministro Valditara, molte novità ci appaiono positive, pochissime un po’ meno, ma fondamentale sarà l’uso che se ne farebbe, in altre parole l’impianto didattico, che comunque non deve mai avere finalità ideologiche, ma deve semplicemente avere come fine la formazione di cittadini con un’alta coscienza critica e fortissimi valori etici che solo la conoscenza della storia, della cultura e della religione cristiana, che sono a fondamento della nostra civiltà, può dare.

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