L’Iran e gli ostaggi
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CECILIA SALA E LE MIGLIAIA DI STRANIERI NELLE CARCERI IRANIANE
Il caso di Cecilia Sala, la giornalista italiana arrestata in Iran e recentemente rimpatriata grazie ai buoni uffici del nostro Governo, non è una eccezione nell’Iran degli ayatollah. Come informa infatti l’agenzia stampa AsiaNews del Pontificio istituto missioni estere (Pime) sono ancora diversi gli occidentali detenuti da Teheran, per lo più giornalisti accusati di spionaggio: Nazak Afshar, cittadina francese, in cella dal 12 marzo 2016; il medico iraniano-svedese Ahmad Reza Djalali, arrestato nell’aprile 2016 e condannato a morte; l’iraniano-canadese Abdolrasoul Dorri-Esfahani, in cella dall’agosto 2016; il tedesco Nahid Taghavi, in carcere dal 2020, come Mehran Raoof, originario del Regno Unito. Ma si tratta di un numero esiguo tra i moltissimi incarcerati arbitrariamente dal regime degli ayatollah, stimati in 8mila.
Quella attuata dagli iraniani, sempre secondo AsiaNews, è una “diplomazia degli ostaggi”, pratica consolidata dalla Repubblica islamica dopo l’assalto all’ambasciata americana avvenuto il 4 novembre 1979 con il sequestro di 52 diplomatici americani al suo interno, rilasciati solo nel gennaio successivo. Da allora gli arresti arbitrari sono proseguiti nel tempo.
Degli oltre 8mila detenuti stranieri il 95% sono immigrati afghani, oltre 70 dei quali impiccati nel 2024 per lo più in seguito a condanne inflitte per traffico di droga. Tra gli altri Paesi di provenienza dei carcerati anche Pakistan, Iraq, Turchia, Azerbaigian e India.