L’opportunismo e la mediocrità premiano!

L’opportunismo e la mediocrità premiano!

di Angelica La Rosa 

INVIATO DELLA UE NEL GOLFO. VIA LIBERA AL SECONDO MANDATO DELL’EX CAPO DEL M5S

Fino al 28 febbraio 2027 Luigi Di Maio continuerà a essere inviato della Ue nel Golfo. Il via libera al secondo mandato dell’ex capo del M5s – già vicepremier, pluriministro e titolare della Farnesina con Mario Draghi – è arrivato a Bruxelles dai rappresentanti dei 27 paesi membri del Psc (Political and Security Committee).

L’Alto rappresentante Kaja Kallas lo scorso 20 dicembre ha informare l’Italia della decisione di voler rinnovare Di Maio. Nella lettera Kallas ha parlato della “eccellente prestazione dell’Eusr per il Golfo”. Secondo la Kallas Luigi Di Maio “ha rappresentato un grande contributo nel far avanzare la cooperazione Eu-Gcc. Ha svolto un ruolo chiave nello sviluppo di entrambe le cooperazioni regionale e bilaterale con i paesi del Golfo nel campo delle consultazioni politiche, dei dialoghi sulla sicurezza, sul commercio e investimenti, energia verde e relazioni people-to-people”. Non contenta la Kallas ha aggiunto che “la sua presenza è stata determinante per il successo del Summit Eu-Gcc” proponendo “di prorogare il mandato di Luigi Di Maio per altri due anni, dal 1° marzo 2025 al 28 febbraio 2027”.

A quanto pare, l’opportunismo e la mediocrità premiano!

Luigi Di Maio è una delle figure più controverse della politica italiana contemporanea. Da promessa del Movimento 5 Stelle a “grande mediatore” sulla scena internazionale, la traiettoria di Di Maio rappresenta un caso emblematico di trasformismo politico, di crescita improvvisata e di decisioni strategiche spesso incoerenti.

Quando Luigi Di Maio si affacciò sulla scena politica italiana nel 2013, era visto come il volto giovane e presentabile del Movimento 5 Stelle. All’epoca ventiseienne, fu il più giovane vicepresidente della Camera dei Deputati nella storia d’Italia, un incarico che sembrò arrivare più per l’immagine che per le competenze.

Di Maio rappresentava l’antipolitica, il desiderio di rottura con la “casta”. Tuttavia, la sua inesperienza era evidente, e la rapidità della sua ascesa non lasciava spazio per un’effettiva preparazione.

Grillo e Casaleggio lo avevano individuato come figura spendibile per la sua capacità di apparire moderato e rassicurante, ma dietro quell’immagine non c’era una visione politica definita.
Quando Di Maio assunse il ruolo di ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico nel governo Conte I, le sue scelte furono spesso guidate più dalla necessità di mantenere consenso che da un reale piano di riforme strutturali.

Il reddito di cittadinanza, la misura bandiera del M5S, di cui Di Maio fu principale promotore, si è rivelata inefficace nel combattere la povertà e creare lavoro, trasformandosi in un sostegno assistenzialista con scarso impatto sulla crescita economica.

Nella gestione delle crisi aziendali, dal caso Ilva alla Whirlpool, Di Maio dimostrò di non avere gli strumenti o la visione per affrontare situazioni complesse. I suoi interventi furono spesso accompagnati da annunci trionfali, ma pochi risultati concreti.

Di Maio ha incarnato anche il trasformismo del Movimento 5 Stelle, passando da posizioni anti-establishment e sovraniste a un profilo europeista e moderato.
L’alleanza con Salvini fu il primo grande compromesso politico del Movimento, e Di Maio ne fu il simbolo, accettando un ruolo subalterno pur di mantenere il potere.

La rottura con Salvini e l’accordo con il Partito Democratico furono un ulteriore segnale di opportunismo. Di Maio, che aveva spesso criticato il PD, si ritrovò a governare con gli ex nemici senza battere ciglio.

L’incarico di inviato speciale per il Golfo Persico assegnato a Di Maio nel 2022 è stato un altro punto critico della sua carriera.
Nonostante il tentativo di dipingere Di Maio come un abile mediatore, la sua inesperienza in materia internazionale è stata oggetto di critiche feroci, sia in Italia che all’estero. Affidare un ruolo così delicato a una figura considerata impreparata ha suscitato dubbi anche sulla serietà delle istituzioni italiane.

Non va dimenticata, inoltre, la crisi del Movimento 5 Stelle e l’uscita di scena Di Maio.
Infatti, ha avuto un ruolo centrale nella crisi interna al Movimento 5 Stelle, culminata con la sua decisione di abbandonare il partito nel 2022. La sua incapacità di mantenere unità all’interno del Movimento è stata una delle cause principali della sua decadenza politica.

Il tentativo di creare un nuovo soggetto politico (“Impegno Civico”) è stato un fiasco clamoroso, confermando l’assenza di una base elettorale solida e di una visione chiara.
Come poteva essere diversamente visto che uno dei tratti distintivi di Di Maio è stata la tendenza a privilegiare l’immagine rispetto alla sostanza. Questo si è tradotto in politiche spesso incoerenti e poco incisive.

A differenza di altri leader politici, Di Maio non ha mai mostrato una visione chiara per il futuro del paese, limitandosi a navigare a vista. La sua traiettoria rappresenta il fenomeno del politico moderno che emerge non per meriti o competenze, ma per la capacità di adattarsi alle circostanze. La sua parabola politica riflette i limiti di un sistema che premia l’improvvisazione e il trasformismo, a scapito di una leadership autentica e competente.

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