Lynch, un americano atipico
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DAVID LYNCH, IL REGISTA DEL SOGNO
Esattamente come per Battiato, per quel che riguarda la musica, David Lynch mi ha segnato a vita per ciò che concerne il cinema. Essendomi appassionato di lui ai tempi di ‘Twin Peaks’, cominciai ad acquistare – all’epoca in VHS – tutti i suoi folli film come ‘Velluto blu’, ‘The Elephant man’ e ‘Cuore selvaggio’. A parte il suo primo lungometraggio, a tutt’oggi incomprensibile, e cioè ‘Eraserhead’, i tre che ho citato sono film comprensibilissimi, cioè ancora lineari dal punto di vista narrativo. Ma si intravedeva, già, in essi, quel senso dì ‘straniamento’ onirico che in seguito sarebbe stato il suo marchio di fabbrica. Memore, infatti, dei film surrealisti di Luis Buñuel – in particolare ‘Un chien andalou’ – Lynch prendeva ‘pezzi’ anatomici staccati dal corpo – un orecchio mozzato abbandonato in mezzo all’erba di un prato o una mano che un colpo di fucile aveva fatto saltare in bocca a un cane – per rendere paradossali e, appunto, surreali le sue vicende filmiche.
Non è un caso che lo stile della sua cinematografia sia stato definito, in accordo con lo stesso regista, “surrealismo fantastico”, e che questo surrealismo sia stato applicato al genere noir o thriller sui generis. Pensate un po’ se questo stile surreale, un altro regista altrettanto visionario come Fellini, lo avesse applicato anche nei suoi film – che invece riservava un po’ mono tematicamente ai rapporti ordinari tra uomo e donna. Un americano atipico, insomma, che per una volta abbandona quell’infantilismo tipico del cinema statunitense, per creare una sua visione molto personale e anche piuttosto adulta della vita della sonnolenta provincia a stelle e strisce che, lungi dall’essere un posto idilliaco, è caratterizzato da segreti aberranti, prostituzione adolescenziale, abuso di droga, crimini vari e persino di incesti tra le mura domestiche – come quello che perpetra il padre della famosa Laura Palmer sulla figlia nel film prequel di Twin Peaks.
Tutto questo, però, Lynch è riuscito a realizzare sempre senza scadere nello sgradevole o nello stomachevole – di cui sembrano compiacersi molti registi contemporanei – ma anzi riuscendo a preservare una certa ingenuità di fondo dei protagonisti unitamente a una loro candida bellezza. Soprattutto andando contro le ‘regole’ di Hollywood, tutte basate sull’azione e sulla mancanza d’introspezione. Basti vedere come Lynch non si è mai preoccupato di evitare i tempi morti con l’esasperante lentezza nei movimenti dei suoi stralunati eroi e comprimari.
Insomma, c’è un intero mondo che si può ricavare dalla cinematografia di questo ‘Fellini americano’ anche senza contare i suoi riferimenti all’ esoterismo, alla ‘Loggia bianca’ e nera di altre dimensioni, alla Gnosi, a Crowley, agli ‘slittamenti’ temporali e spaziali e soprattutto al sogno.
Memore anche del Buddhismo, Lynch ha sempre affermato in molti suoi film che la vita è solo un sogno nel quale tutti noi siamo dei sognatori. È infatti ricordando un sogno precedentemente fatto che l’ispettore dell’FBI Dale Cooper viene a conoscenza del nome dell’assassino di Laura Palmer. E in seguito entrerà letteralmente in quel sogno, scoprendo che si tratta di un’altra dimensione realmente esistente. Voglio infine ricordare il ‘mio’ Lynch, che ci ha lasciato a causa di un enfisema polmonare a 78 anni, quando ancora progettava nuovi film, citando quella che è considerata una delle sue opere meno riuscite e che io considero, invece, il suo film migliore, cioè ‘Fire walk with me’. Mi piace ricordarlo perché, pur essendo ovviamente un film surrealista, è anche profondamente cattolico – contrariamente al surrealismo storico che nasce come iconoclasta nei confronti del cristianesimo.
In una scena del film, Laura Palmer, affranta e disperata per la vita di eccessi che conduce, guarda l’immagine di un angelo in preghiera, chiedendosi: “Chissà se è vero?” Rivedrà quell’angelo nell’aldilá, dopo la sua morte violenta, finalmente in pace con se stessa mentre piange lacrime di gioia, inondata dalla luce.
Addio caro maestro; una di queste notti cercherò di sognarti. Ci ritroveremo seduti in poltrona a fumare o a bere un caffè insieme. In compagnia di un nano e di un gigante.
A seguire la sigla del suo celebre “I segreti di Twin Peaks”