Si riuscirà a separare i magistrati requirenti dai giudicanti?
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I MOTIVI DELLA BONTA’ DELLA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE IN MAGISTRATURA
Nei giorni scorsi la Camera dei Deputati ha approvato con 174 voti a favore, 92 voti contrari e 5 astenuti la separazione delle carriere dei magistrati requirenti e giudicanti. Siccome si modifica il titolo IV della Costituzione, questo è stato il primo dei passaggi parlamentari necessari per l’ok al disegno di legge costituzionale.
Nella riforma vengono previsti due Csm: il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente. Ulteriori novità sono i componenti dei Csm estratti a sorte e l’istituzione di un’Alta Corte disciplinare.
La separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici è un tema di grande rilevanza per il sistema giuridico italiano e per il funzionamento della giustizia stessa. Si tratta di una questione che ha suscitato accesi dibattiti sia in ambito politico che giuridico, riguardante la struttura e l’efficienza del sistema giudiziario, la sua imparzialità e la tutela dei diritti dei cittadini. Il principio della separazione delle carriere rappresenta un elemento cardine della divisione dei poteri e della necessaria indipendenza della magistratura, ed è anche il fondamento per una giustizia equa e libera da influenze politiche o di altra natura.
In Italia, i pubblici ministeri e i giudici sono entrambi membri della magistratura, ma esistono delle differenze significative tra le due figure. I giudici sono incaricati di emettere sentenze in modo imparziale, in base alla legge e ai fatti del caso, mentre i pubblici ministeri svolgono il ruolo di accusatori, ossia di rappresentanti dell’accusa nei procedimenti penali. La carriera di un pubblico ministero inizia come magistrato, ma con il tempo si evolve con un focus specifico sull’attività di accusa, mentre quella di un giudice è orientata alla decisione finale dei procedimenti giudiziari.
Nella realtà italiana, tuttavia, il passaggio tra il ruolo di giudice e quello di pubblico ministero è frequente, grazie alla struttura di carriera comune per entrambi. Questo modello ha suscitato preoccupazioni riguardo alla possibilità di influenze indebite e alla compromissione dell’imparzialità della giustizia. L’idea che una stessa persona possa passare da accusatore a giudice e viceversa potrebbe minare la fiducia dei cittadini nella neutralità e nella correttezza dei procedimenti legali, creando il rischio di conflitti di interesse e di squilibri nelle dinamiche processuali.
La separazione delle carriere, ovvero l’istituzione di percorsi professionali distinti per giudici e pubblici ministeri, ha come obiettivo principale quello di rafforzare l’indipendenza dei magistrati e garantire l’imparzialità nelle decisioni giudiziarie. Questo principio si basa sull’idea che un pubblico ministero che ha ricoperto in passato il ruolo di giudice potrebbe avere un pregiudizio nei confronti dell’imputato, e viceversa. Separare i percorsi di carriera consentirebbe a ciascuna delle due categorie di sviluppare competenze specifiche per il proprio ruolo, senza conflitti di interesse che possano derivare dall’intercambiabilità dei ruoli.
Un altro motivo cruciale per la separazione delle carriere riguarda la tutela dei diritti costituzionali dei cittadini, in particolare il diritto a un processo giusto e imparziale. L’indipendenza della magistratura è un elemento essenziale per garantire che le decisioni siano prese esclusivamente sulla base della legge e dei fatti, senza pressioni esterne. La separazione delle carriere ridurrebbe il rischio che un giudice, avendo precedentemente ricoperto il ruolo di pubblico ministero, possa essere influenzato dalle sue esperienze e opinioni pregresse, pregiudicando così l’equità del processo.
Inoltre, una separazione più netta potrebbe aumentare la trasparenza e la legittimità del sistema giudiziario, prevenendo il rischio che la figura del magistrato venga percepita come politicamente schierata o parte di un sistema di potere centralizzato. La magistratura deve essere percepita come indipendente e imparziale, e questo può essere garantito solo attraverso una chiara distinzione tra le funzioni di chi accusa e chi giudica.
Nonostante i benefici che potrebbero derivare dalla separazione delle carriere, ci sono degli ostacoli significativi che rendono difficile realizzare questa riforma in Italia. Uno dei principali è la resistenza interna alla magistratura stessa. Molti giudici e pubblici ministeri temono che una separazione netta possa limitare le opportunità di carriera o penalizzare la professionalità degli operatori del settore. Inoltre, vi è una certa preoccupazione per i costi e le implicazioni logistiche di un sistema che prevede due percorsi distinti e indipendenti.
In secondo luogo, il tema della separazione delle carriere è spesso intrinsecamente legato a questioni politiche. La riforma del sistema giudiziario può sembrare un tentativo di influenzare o limitare il potere della magistratura, un tema che può suscitare polemiche, soprattutto se a promuovere la separazione delle carriere sono forze politiche che intendono ridurre l’influenza della magistratura su alcune dinamiche politiche o economiche. Il rischio è che l’intervento in una materia tanto delicata venga percepito come una forma di ingerenza nelle prerogative della magistratura.
Infine, vi è una certa inerzia nelle riforme strutturali. Le riforme del sistema giudiziario richiedono un ampio consenso e una lunga preparazione normativa, e il processo di separazione delle carriere richiederebbe un ripensamento profondo della formazione e della gestione della magistratura. La transizione a una separazione netta tra giudici e pubblici ministeri comporterebbe anche un cambiamento nelle modalità di selezione, formazione e carriera per entrambe le categorie, con ripercussioni sugli organici, sulle risorse e sulla logistica dei tribunali.
In un’epoca in cui l’integrità delle istituzioni democratiche è messa alla prova da continue sfide interne ed esterne, l’adozione della separazione delle carriere, secondo noi, rappresenterebbe un passo importante per garantire che la giustizia in Italia sia davvero giusta, equa e imparziale.
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