Trump, scoglio per certa gerarchia

Trump, scoglio per certa gerarchia

di Pietro Licciardi

SU CERTI TEMI SENSIBILI PER LA CHIESA IL NEOPRESIDENTE USA SEMBRA IN ROTTA DI COLLISIONE CON CERTA GERARCHIA 

La presidenza di Donald Trump è per la sinistra nostrana ed europea come il fumo degli occhi perché sin dalle prime battute ha chiaramente mostrato che opererà una decisa inversione riguardo le politiche fin qui propinateci dalle élite che occupano gran parte dei vertici delle nostre decadenti società occidentali. 

Innanzitutto il neopresidente ha ribadito il suo impegno a tutela della vita nascente, non solo firmando un ordine esecutivo che taglia i fondi federali destinati a finanziare gli aborti selettivi e toglie sostegno alle organizzazioni che promuovono l’aborto all’estero, ma anche concedendo la grazia agli attivisti pro-vita condannati per aver bloccato l’accesso a cliniche abortive. Inoltre anche quest’anno ha dato il suo supporto alla Marcia per la Vita che si svolge a Washington mandando un videomessaggio in cui ha promesso che difenderà «con orgoglio le famiglie e i diritti dei nascituri», mentre il suo vice Vance ha partecipato al corteo tenendo un discorso sulla ricchezza della nazione, che risiede «non nel suo Pil ma nella capacità di formare e crescere famiglie prospere e felici».

Ma la controrivoluzione trumpiana riguarderà pure la complementarità sessuale e quello del gender, con la revisione della politica del Pentagono sulle truppe transgender, il ritiro di fondi pubblici alle scuole che insegnano gender e teorie woke, e con leggi contro la transizione di genere per i minori. Soprattutto la nuova amministrazione vuole rompere la falsa narrazione progressista in virtù della quale è un dovere aprire le porte in maniera indiscriminata agli immigrati.

Un tema questo che non mancherà di mettere in crisi il mondo cattolico, che con il pontificato di Francesco ha messo tra parentesi il Catechismo della Chiesa e il Magistero su questo delicato tema proponendo una visione dell’immigrazione come diritto, con la conseguente condanna di respingimenti e rimpatri.

Come infatti anche InFormazione cattolica ha avuto modo di segnalare si dà il caso che questa non è mai stata la risposta della Dottrina sociale della Chiesa, né simile pretesa, l’immigrazione come diritto, trova radici nella tradizione morale cattolica. La Dottrina sociale per prima cosa afferma il diritto di ciascun essere umano a non emigrare, ovvero a vivere in patria. Vi è poi il diritto a emigrare per cercare fortuna, ma non vi è un diritto a immigrare, ovvero a entrare nel Paese altrui, specialmente se lo si fa al di fuori della legge, ovvero clandestinamente. Anzi è dovere dell’autorità politica vigilare sui confini e regolare l’ingresso degli stranieri. Spetta infatti all’autorità politica di ogni Paese decidere se e chi far entrare.

Altro tema sul quale il presidente Trump sembra intenzionato ad una decisa correzione di rotta è quello delle politiche green, sulle quali anche in questo caso il Vaticano si sta spendendo molto, sposando tesi che con la salvaguardia dell’ambiente e la scienza hanno poco a che fare. Ad esempio lo sanno anche i bambini che la CO2 non è inquinante mentre l’ideologia ambientalista si basa sulla teoria del riscaldamento globale per causa umana, che è tutta da dimostrare. Dunque è prevedibile qualche mal di pancia tra certo laicato e clero, dimentico del fatto che si, vi è un preciso dovere di custodire il creato, tutelare l’ambiente ed evitare o limitare l’inquinamento, ma non che si devono impostare politiche globali fortemente impattanti sulla vita degli uomini sulla base di teorie discutibili, magari elaborate per dare forza a ideologie neomalthusiane.

Che la Santa Sede abbia sposato acriticamente la teoria sulla CO2 e l’agenda green è preoccupante se si pensa al discredito in cui cadrebbe tutta la Chiesa se tra qualche anno si dimostrasse che avevano ragione Franco Prodi e Carlo Rubbia – e con loro centinaia di altri studiosi – i quali sostengono che è tutta una truffa. 

Purtroppo questa “controrivoluzione” di Donald Trump avviene in un momento di profonda crisi della Chiesa, che appare quanto mai reazionaria e “indietrista”, nostalgicamente ancorata com’è ai miti post-conciliari, elaborati prima e durante la rivoluzione sessantottesca. Del resto buona parte dei vescovi e cardinali oggi alla guida dell’orbe cattolico appartengono a quella generazione o si sono formati nei seminari e nelle facoltà teologiche in cui il progressismo modernista si è profondamente radicato. Pertanto c’è da aspettarsi che l’opportunità offerta dal cambiamento di rotta su certe questioni importanti per i cattolici andrà sprecata e che, anzi, durante il mandato presidenziale di Trump vi sarà uno scontro tra il presidente americano e certa gerarchia cattolica. Tuttavia si apriranno comunque spazi e chi coglierà l’opportunità sarà quel laicato cattolico militante, preparato e motivato, riconducibile al mondo pro-life pro-family e all’arcipelago della Tradizione: un mondo cattolico molto solido dottrinalmente, lontano dal neo-cattolicesimo fluido-liberal, indipendente da logiche clericali, abituato ad essere mal visto dalle Gerarchie, dunque cattolicissimo nel pensiero e laicissimo nella libertà di movimento.

Del resto come predisse il beato monsignor Fulton Sheen, a salvare la Chiesa non saranno i sacerdoti, non saranno i vescovi ma i laici.

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