Ramadan, coercizione e contraddizioni
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UN REGIME ALIMENTARE POCO SALUTARE, UN CALO DELLA PRODUTTIVITÀ LAVORATIVA, UN SACRIFICIO ANIMALE BRUTALE
Il Ramadan, quest’anno cominciato il primo marzo, è spesso presentato come un periodo di riflessione, disciplina e purificazione spirituale, ma dietro questa immagine si celano numerose criticità che meritano di essere analizzate con rigore.
Dal punto di vista della salute, dell’efficienza lavorativa, della libertà individuale e delle pratiche cruente associate alla sua conclusione, emergono elementi inquietanti.
Il digiuno dall’alba al tramonto è un pilastro del Ramadan, ma gli effetti sulla salute non sono sempre positivi. Se da un lato alcune ricerche suggeriscono benefici a breve termine, dall’altro il modo in cui il digiuno viene spezzato solleva molte perplessità. L’iftar, il pasto serale, è spesso caratterizzato da abbuffate che sovraccaricano il metabolismo, causando problemi digestivi, squilibri glicemici e aumento di peso. Il ciclo di digiuno e iperalimentazione può portare a conseguenze negative sul lungo periodo, come diabete e problemi cardiovascolari.
Nei Paesi islamici, durante il Ramadan la produttività cala drasticamente. La mancanza di cibo e acqua per molte ore porta a stanchezza, riduzione della concentrazione e, in alcuni casi, anche a comportamenti più irritabili.
In molte nazioni a maggioranza musulmana, gli orari di lavoro vengono ridotti e il ritmo delle attività economiche rallenta, con conseguenze dirette sulle economie locali. Questo impatto è ancora più evidente in settori che richiedono alta attenzione e resistenza fisica, come la sanità, i trasporti e la sicurezza.
Nonostante il Ramadan sia teoricamente una pratica volontaria e spirituale, in molte società islamiche il digiuno assume un carattere coercitivo. In diversi Paesi, chi decide di non osservare il digiuno può subire pressioni sociali, discriminazioni e persino sanzioni legali.
In Arabia Saudita, ad esempio, mangiare in pubblico durante il Ramadan è punibile con multe o persino con il carcere. La religione, in questi casi, non è più una scelta personale, ma un’imposizione che limita la libertà individuale.
Alla fine del mese di Ramadan, si celebra l’Eid al-Fitr, seguito dopo qualche settimana dall’Eid al-Adha, la “Festa del Sacrificio”, che prevede lo sgozzamento rituale di milioni di animali, tra cui pecore, capre e bovini.
Sebbene il sacrificio rituale esista in diverse tradizioni religiose, il modo in cui viene eseguito solleva seri iinterrogativi.
Gli animali vengono uccisi con tagli alla gola senza previo stordimento, causando una morte lenta e dolorosa. In alcuni Paesi, queste pratiche avvengono senza alcuna regolamentazione igienico-sanitaria, con macellazioni pubbliche che trasformano le strade in scenari di sangue e sofferenza.
Il rispetto delle tradizioni non dovrebbe mai giustificare il fanatismo, l’imposizione e la sofferenza inflitta, sia alle persone che agli animali.