Liberalismo e social-comunismo: due facce della stessa medaglia

Liberalismo e social-comunismo: due facce della stessa medaglia

di Matteo Castagna

IL CATECHISMO DELLE VERITA’ OPPOSTE AGLI ERRORI DEL NOSTRO TEMPO

Il Centro Librario Sodalitium, dell’Istituto Mater Boni Consilii, ha meritoriamente ri-pubblicato il “Catechismo delle Verità opposte agli errori del nostro tempo” (Sodalitium, euro 15), scritto in forma di lettera pastorale, il 6 gennaio 1953, da Mons. Antonio de Castro Mayer (1904-1991), arcivescovo di Campos, in Brasile, su designazione di Sua Santità Papa Pio XII (1949).

Teologo di grande competenza e comprovata ortodossia cattolica, partecipò al Concilio Vaticano II quale vicepresidente del “Coetus Internationalis Patrum”, che riuniva i prelati tradizionalisti. L’attualità di questo scritto sta, essenzialmente, nella precisa descrizione di alcune credenze in tema di fede, morale, liturgia, politica, divenute comuni tra i cattolici, anche contemporanei, ma confutate in punta di Magistero della Chiesa.

Un aspetto importante riguarda il rapporto fra Stato e Chiesa. Si ricordi, in anticipo, che i comunisti (e i loro alleati o le loro “evoluzioni”) sono stati oggetto di una speciale condanna da parte del Sant’Uffizio (1 luglio 1949, A.A.S. 41, p. 334).

Si sente dire che “il dovere politico dei cattolici consista solo nel promuovere il bene temporale”. In favore della Chiesa essi dovrebbero limitarsi a chiedere allo Stato le libertà concesse a qualsiasi associazione privata. L’errore, qui, sta nel considerare il bene comune temporale, come fine a se stesso, del tutto indipendente da altre sfere. Inoltre, presuppone l’equiparazione della vera Chiesa con le false. Nel Sillabo, Pio IX condanna la liceità di un’educazione estranea alla Fede cattolica e all’autorità della Chiesa, guidata solo o principalmente dalla scienza delle cose naturali e del bene terreno sociale (prop. 48, Denzinger 1748).

Quindi, scrive Mons. de Castro Mayer: “il cattolico deve agire in politica non solo nel senso di promuovere il bene comune nella sfera temporale, ma anche al fine di ottenere che lo Stato riconosca alla Chiesa la qualità di ente di diritto pubblico, quindi di sovrana nella sua sfera e munita di tutte le prerogative che le competono, come ad un’unica Chiesa vera”. Il liberalismo e il social-comunismo, le due facce della stessa medaglia anticristiana, adeguate anche alla dottrina cattolica dalle correnti progressiste a tendenza ereticale hanno impiegato tre secoli con una martellante propaganda, per riuscire ad inculcare nei cattolici l’umanesimo integrale e il relativismo religioso.

Quanto all’immigrazione, “nella scelta degli immigrati”, non avrebbe importanza quali siano le loro credenze; basta che si considerino i vantaggi economici, etnici e politici. In primis, notiamo che l’Arcivescovo parla chiaramente di “scelta” dei migranti, perché presuppone che lo Stato abbia già compiuto una cernita, fondata sui principi di legalità e proporzionalità. Ma insegna, anche, che “devono essere prese in considerazione prima di tutto le loro credenze, non solo i vantaggi di ordine economico, politico e etnico”.

Questo per evitare conflitti sociali e per ovviare a coloro che non intendono integrarsi. “L’unità del paese – continua l’arcivescovo brasiliano – nella vera fede costituisce il più alto dei suoi valori spirituali. E’ ovvio che tale unità può essere spezzata se si aprano le frontiere a correnti migratorie che vengano a costituire dei tumori religiosi, tanto pericolosi nella sfera spirituale, quanto lo sono i tumori razziali nella sfera politica. E’ evidente che la mentalità corrente risenta del laicismo, ovvero dell’ateismo generalizzato che astrae da queste considerazioni. Ma il S. Padre Pio IX, nel Sillabo, alla proposizione 78, condanna “gli stati cattolici in cui si è stabilito per legge che a quelli i quali vi si recano sia lecito di esercitare pubblico esercizio del culto proprio di ciascuno” (Denzinger, 1778).

E molto interessante è, che già nel 1953 Mons. de Castro Mayer scriva, in continuità col Magistero della Chiesa Cattolica, che “quantunque sia un diritto naturale delle nazioni sovrappopolate di poter avviare emigranti verso i popoli CAPACI DI RICEVERLI, è necessario tuttavia che tale diritto sia esercitato con le CAUTELE richieste dal diritto superiore delle popolazioni cattoliche, che è quello della fedeltà alla Chiesa. In altre parole, quando le circostanze obbligano dei paesi cattolici ad accogliere immigrati di paesi pagani ed eretici, si impone una serie di provvedimenti, naturalmente complessi, perché tale immigrazione non vada a detrimento spirituale delle popolazioni cattoliche” cui seguono detrimenti morali e sociali.

Non essendo la Chiesa una Ong, la Croce Rossa, oppure un’associazione umanitaria e filantropica, ma il Corpo Mistico di Cristo, è, a tal proposito necessaria la lettura della lettera enciclica di Papa Pio XII, Exsul Familia, del 1 Agosto 1952 (A.A.S. 44, pp.649 ss.) che è “tutta dominata dalle sollecitudini della Santa Sede per l’assistenza spirituale dei migranti”.

Un’altra idea sbagliata e collegata alla questione appena trattata, sostiene che “Gesù Cristo ha predicato la povertà e l’umiltà, ossia la preferenza per i più deboli e per i piccoli. Quindi una società imbevuta di questo spirito dovrebbe eliminare le diseguaglianze di fortuna e di condizione sociale”.
Mons. de Castro Mayer spiega che “Gesù Cristo ha predicato lo spirito di povertà e di umiltà, nonché la preferenza per i deboli e i piccoli”.

“Per povertà, la Chiesa intende il distacco dai beni terreni, ossia un tale uso di questi, che servano alla salvezza dell’anima e non alla sua perdizione. Così, non insegnò mai che l’essere ricchi sia intrinsecamente male, ma che è male soltanto il fare un uso disordinato della ricchezza”.

“Per umiltà, la Chiesa intende il riconoscimento, da parte del fedele, che nulla ha da sé, ma tutto ha ricevuto da Dio, e nel porsi nel luogo che gli spetta. L’esistenza delle classi sociali è quindi condizione per la pratica della virtù dell’umiltà. Quanto alla preferenza per i deboli e per i piccoli, sarebbe impossibile una società in cui tutti fossero uguali. La rivoluzione francese, nella misura in cui mirò a una completa eguaglianza politica, sociale ed economica, nella società ideale sognata dai suoi fautori, fu un movimento satanico, ispirato dall’orgoglio”.

Le disuguaglianze inique ci sono state, nella storia e sono illegittime perché mero frutto dell’oppressione o perché negavano la dignità naturale dell’uomo o i mezzi per vivere sanamente e onestamente. Nella lotta a queste gravi forme di diseguaglianza, conclude Mons. de Castro Mayer “l’obiettivo della Chiesa è una società gerarchica, entro i confini dell’ordine naturale; giammai l’abolizione di tutte le diseguaglianze legittime, quale è sognata dai rivoluzionari e quale è perseguita dall’azione della massoneria”.

In conseguenza di tutto questo, preme ricordare che “la Chiesa considera compatibili con i suoi principi e quindi con lo spirito evangelico i tre regimi, monarchico, aristocratico e democratico. San Tommaso d’Aquino insegna, come principio, che il migliore regime è il monarchico, ma che, date le contingenze umane, il miglior sistema di governo è quello che contiene elementi di ciascuno dei tre regimi” (Summa Theologica, Prima Secundae q. CV, a.1,c. et ad Lum).

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