Il genio alla fine del mondo

Il genio alla fine del mondo

di Francesco Bellanti

I TEDESCHI E LA SICILIA /2

Un altro grande tedesco che amò la terra di Sicilia e che qui trovò ispirazione fu Richard Wagner (Lipsia, 22 maggio 1813 – Venezia, 13 febbraio 1883), uno dei più grandi musicisti dell’Ottocento, che fu anche poeta, librettista, regista teatrale, direttore d’orchestra e saggista. Insomma: un genio. Giunse a Palermo con un postale da Napoli il 15 novembre del 1881, spinto certo dalla lettura delle pagine che un altro grande tedesco aveva dedicato alla Sicilia, Wolfgang Goethe, ma anche per curare i propri reumatismi e i forti dolori al petto che, secondo il suo medico curante, solo il clima dell’Isola poteva guarire. Soggiornò inizialmente con un piccolo esercito al seguito – cinque figli, la moglie Cosima, due domestici, nurse, un istitutore – al Grand Hotel et Des Palmes.

L’insonne e malinconico compositore, appena arrivato, rimase incantato dal clima e annotò: “Qui esistono solo estate e primavera”. In quest’albergo leggendario, il musicista tedesco trovò l’ispirazione per terminare la partitura del suo ultimo capolavoro, il Parsifal, ma poi lasciò l’albergo sbattendo la porta perché lo riteneva troppo caro e dichiarò che l’unico brigante che aveva conosciuto in Sicilia era il suo proprietario, Enrico Ragusa. Pare che il litigio sia stato causato dalla moglie di Wagner, Cosima, molta attenta nel controllare le finanze. Certo è che i palermitani hanno ricamato e tramandato una vasta e controversa aneddotica sul soggiorno palermitano del compositore. Per esempio, hanno detto che Cosima lanciasse addosso al geniale marito nei momenti di ispirazione dei veli di diversi colori, o che addirittura strofinasse veli profumati sulla testa e sul corpo di cotanto genio romantico. Poi, le sue abitudini.

Il Maestro rimane conquistato dal clima, come si è detto. A differenza di Goethe, che non si curò dei monumenti cittadini, proteso com’era verso la Valle dei Templi di Agrigento, Wagner si entusiasma per la Cattedrale dove riposa un altro grandissimo tedesco, l’imperatore Federico II, ma soprattutto per i mosaici del Duomo di Monreale. Da una lettera scritta da Cosima, apprendiamo il programma quotidiano del genio: “La mattina si lavora, a mezzogiorno si passeggia, all’una si desina, alle tre si ripasseggia, alle cinque si lavora, alle sette si pranza e dopo si va a letto”.

Qui, dunque, il più grande musicista dell’Ottocento con Beethoven, il più classicista tra i Romantici della musica europea, nonché “il più schopenhaueriano dei compositori”, per via del contagioso pessimismo filosofico che caratterizza la trama del Tristano e Isotta, l’uomo che amò, oltre Schopenhauer, anche Hegel, Feuerbach, compose il terzo atto dell’ultimo suo capolavoro, il Parsifal, che però lo separò per l’eternità da un altro suo grandissimo sodale, il filosofo Friedrich Nietzsche, il rapporto col quale si interruppe proprio alla pubblicazione del Parsifal, opera disprezzata dal filosofo dell’eterno ritorno per i riferimenti mistici cristiani uniti a richiami mitologici germanici, malgrado i rapporti con la moglie Cosima fossero più antichi di vent’anni rispetto alla conoscenza con Richard, risalenti  ai tempi in cui la signora Wagner –  figlia illegittima del musicista ungherese Franz Listz – era ancora signora Von Bülow. (Cosima, infatti, aveva lasciato Hans von Bülow, famoso pianista e direttore d’orchestra, per Wagner, e anche Nietzsche – che, pare, fosse innamorato di lei – era rimasto fuori da questa scelta. Hans von Bülow, allievo come Cosima del genio, giustificò la moglie, perché – disse – dovendo scegliere fra un uomo e Dio ella aveva scelto Dio. Una storia d’amore immortalata in film e libri). Due poderose parabole esistenziali si separarono per sempre.

Così, dopo l’esperienza del Des Palmes, la moglie del compositore tedesco – che era corteggiato da tutta l’aristocrazia palermitana – preferì soggiornare poco vicino all’albergo, nella confortevole – anche se umida (il figlio Siegfried si ammalò) – Villa Porrazzi. Quest’ultima oggi non esiste più, ma c’è ancora Villa Tasca con il suo parco e l’intrico di dracene, yucca, essenze botaniche e il laghetto con due cigni ribattezzati ancora oggi Tristano e Isotta. In questa cinquecentesca Villa Tasca, dal due febbraio al diciotto marzo, dentro il suo meraviglioso parco romantico realizzato nell’Ottocento, ricco di piante esotiche, specchi d’acqua, fontane, un lago, un piccolo tempio di Cerere e varie altre statue, il genio amava passeggiare anche per trovare l’ispirazione. Dal giardino della loro villa, Wagner e famiglia amavano arrivare fino al Duomo di Monreale o scendere fino alla Cappella Palatina e alla Cattedrale.

La vita di Wagner, durante il suo soggiorno a Palermo, conclusosi nel marzo del 1882, era molto semplice: amava i monumenti, il mare e la musica. Wagner legò per sempre il suo destino alla Sicilia, che lo affascinò per la sua bellezza, il clima e la quiete che vi si respirava. E tanto amò questa terra che decise perfino di legare anche la sua progenie a essa, concedendo l’amata figlia Blandine alla mano del conte Biagio Gravina di Ramacca, figlio del principe Gravina di Ramacca. E a Ramacca, anche per risolvere i problemi finanziari del conte Biagio Gravina, vennero poi e soggiornarono Cosima e Richard, in un ex convento dei padri cappuccini, trasformato dal conte Biagio in Villa Blandine. Nello stesso periodo, probabilmente sapendo della presenza di Wagner, nell’aprile 1882, venne a Messina proprio Friedrich Nietzsche, anche lui per curare il proprio precario stato di salute, ma anche per trovarvi l’ispirazione perduta. Qui, infatti, nel “viaggio alla fine del mondo”, scrisse gli Idilli messinesi, e qui concepì e cominciò la sua immortale opera Così parlò Zarathustra. Ma questa è un’altra storia.

Subscribe
Notificami
0 Commenti
Oldest
Newest
Inline Feedbacks
View all comments