Armenia, culla della Cristianità, terra di martirio

Armenia, culla della Cristianità, terra di martirio

di Matteo Orlando 

ALLE RADICI DELLA FEDE ARMENA

Nel cuore del Caucaso, tra montagne aspre e valli antiche, sorge una terra che custodisce una delle più profonde eredità spirituali dell’umanità: l’Armenia.

Questo piccolo Paese, spesso dimenticato dalle cronache del mondo, è in realtà uno dei pilastri della storia cristiana, nonché testimone vivente della fede che sopravvive al martirio. L’Armenia è infatti il primo Stato al mondo ad aver adottato ufficialmente il cristianesimo come religione di Stato, nel 301 d.C., anticipando Roma e Bisanzio.

La conversione dell’Armenia si deve a San Gregorio l’Illuminatore, figura apostolica che evangelizzò la nazione e battezzò il re Tiridate III. Da quel momento, la fede cristiana divenne non solo un elemento spirituale, ma anche identitario per il popolo armeno. La Chiesa Apostolica Armena, autonoma e ricca di tradizioni liturgiche, rappresenta ancora oggi il cuore pulsante della nazione.

In Armenia, le pietre parlano. I monasteri scavati nella roccia, le croci incise nei “khachkar” (le tipiche stele crociate), le rovine delle antiche cattedrali e le Bibbie miniate testimoniano secoli di fervore religioso. Anche nei momenti più oscuri della sua storia, il popolo armeno ha continuato a professare la fede cristiana come una forma di resistenza e di speranza.

Tra il 1915 e il 1923, l’Impero Ottomano, sotto il governo dei Giovani Turchi, mise in atto un piano sistematico di sterminio del popolo armeno. Circa un milione e mezzo di armeni — uomini, donne, bambini, sacerdoti — vennero massacrati, deportati, lasciati morire nei deserti siriani. Molti furono costretti ad abbandonare la loro fede o furono uccisi per non averlo fatto.

Le cronache dell’epoca parlano di villaggi interi arsi vivi, chiese distrutte, icone spezzate. Un olocausto dimenticato, troppo spesso taciuto da una comunità internazionale che, ancora oggi, fatica a riconoscere pienamente questo crimine contro l’umanità.

Il genocidio armeno non fu soltanto una pulizia etnica: fu anche un genocidio della fede. I cristiani armeni vennero uccisi non solo perché armeni, ma perché cristiani. Il martirio, dunque, non è solo un concetto teologico ma una realtà storica incisa nei secoli.

Ogni anno, il 24 aprile, gli armeni di tutto il mondo commemorano i loro martiri. Ma non chiedono vendetta — chiedono memoria e giustizia.

Il sangue dei martiri armeni è seme di fede. Ancora oggi, la diaspora armena, forte di milioni di fedeli sparsi tra Europa, Americhe e Medio Oriente, mantiene viva la propria identità religiosa.

Nonostante persecuzioni, guerre, terremoti, la Chiesa Armena continua a essere una roccaforte spirituale. In Nagorno-Karabakh, in Siria, in Turchia, gli armeni cristiani continuano a subire discriminazioni e minacce, ma la loro fede non vacilla.

Nel 2015, in occasione del centenario del genocidio, la Chiesa Armena ha canonizzato collettivamente i martiri del 1915. È stata la più grande canonizzazione della storia cristiana. Non singoli santi, ma un intero popolo di martiri. Il gesto, più che simbolico, è un grido silenzioso alla coscienza del mondo: “Ricordateci. E non lasciate che accada mai più”.

L’Armenia è una piccola nazione con un’anima grande. Le sue chiese medievali, i suoi martiri, la sua lingua liturgica antica parlano al cuore dell’umanità.

Chi cerca le radici profonde della cristianità, chi vuole toccare con mano la fede che sopravvive al fuoco e alla spada, deve guardare verso il Monte Ararat, dove secondo la tradizione si posò l’arca di Noè, e dove il popolo armeno — testimone della Croce — continua a resistere.

L’Armenia cristiana è una lezione vivente per l’Occidente secolarizzato. In un mondo in cui la fede è spesso ridotta a sentimento privato, gli armeni ricordano che essa può essere fondamento di civiltà, cultura, sacrificio.

La loro storia ci interroga: quanto siamo disposti a difendere ciò in cui crediamo? Cosa significa essere cristiani in tempi di persecuzione?

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