Storia del terz’Ordine Francescano attraverso i documenti Papali
di Fabrizio Caricato
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“ED ALLORA PENSÒ DI FARE IL TERZ’ORDINE PER UNIVERSALE SALUTE DI TUTTI ” (FIORETTI, FONTI FRANCESCANE, 1846)
L’Ordine francescano nei suoi tre rami principali ed originari (i frati, le clarisse ed i fratelli della penitenza, il terz’Ordine appunto) ha sempre avuto una fortissima inclinazione di obbedientissima riverenza verso il Vicario di Cristo, il Papa, che era, è e dev’essere la stessa voce di Dio che chiama e richiama sui sentieri “felici ma spesso impervi del poverello”.
Se prendiamo in considerazione la prima Regola scritta da San Francesco (1221), quella non bollata, confermata solo a voce da Innocenzo III, possiamo leggere che il Papa la “concesse e la confermò” e a ciò fece eco la promessa del santo di Assisi di Obbedienza e Riverenza nei Suoi confronti (prologo 2). Lo scritto di San Francesco, uomo sensibile proveniente dal mondo, in quella che ebbe il riconoscimento canonico da parte di Onorio III (1223), è molto simile, con la specifica “di obbedire al Signor Papa ed ai suoi successori canonicamente eletti” ribadendo riverenza alla Romana Chiesa.
Per la “forma di Vita” dell’Ordine delle Sorelle Povere, Santa Chiara, pianticella del Beatissimo Padre, nel Capitolo I della Regola (1254) riprende alla lettera la suddetta regola bollata rivolgendosi a Innocenzo IV .
Invece per il terz’Ordine (TOF), quello che accoglie per generosità di Fede i chierici e laici, uomini e donne e coloro che vivono nelle proprie case, le prime tracce di una regola ufficiale risalgono al “Memoriale propositi”, o regola antica, del 1221, molto probabilmente preparata dal Cardinale Ugolino, futuro Gregorio IX.
Ricordiamo che proprio in quegli anni (forse lo stesso 1221) la storia ci regala i primi due beati, sposi, aderenti allo stile di vita di San Francesco e da lui stesso vestiti con il cingolo ed il saio dei fratelli della penitenza: sono il Beato Lucchese e sua moglie Bonadonna, di Poggibonsi (SI). L’agiografia francescana li venera come i primi appartenenti ufficialmente al terzo ramo, il futuro TOF appunto.
La prima Regola del TOF.
La prima Regola vera e propria per il terz’Ordine fu la Bolla “Supra Montem” (18 agosto 1289) di Nicolò IV (1227 – 1292), Papa appartenente lui stesso all’Ordine Francescano, che ebbe naturalmente tanto riguardo anche per il secondo e il terzo ramo istituiti dal Padre Serafico.
Le due forme di vita, il Memoriale Propositi e la Supra Montem, se le leggiamo confrontando i testi, presentano una struttura molto simile, che richiama l’essenzialità delle Regole del Primo e del Secondo Ordine: se la vocazione è un invito a seguire Gesù e Gesù Cristo crocifisso, essa ha tuttavia connotazioni ben definite da una disciplina non da tutti condivisibile, se appunto non sostenuta dalla Grazia di una chiamata, tanto chiara e a volte aspra, che richiede la rinuncia al mondo ricco di vanità. Il vestito di panno umile (cap. III), che rende visibile e manifesta la scelta penitenziale; la penitenza personale caratterizzata dallo stato pressochè continuo di astinenza e digiuno (cap. V), la preghiera che ripercorre la cadenza delle ore canoniche ed l’invito ad essere assidui ai sacramenti (cap. VIII) sono le caratteristiche del terz’Ordine. Ed ancora il rinunciare alle armi (cap. VII) e alla rivalsa, il coltivare la Pace, le riunioni in comune, la dipendenza fruttuosa dal primo Ordine ed infine l’obbligarietà di osservare la Regola, sono altri punti fondamentali!
Se la Serafica vita del Padre Francesco risultava aver raggiunto vette troppo elevate per i suoi seguaci e ciò aveva creato grandi difficoltà in seno al Primo Ordine, che in parte furono appianate dal lavoro dell‘infaticabile Bonaventura da Bagnoregio (1221 – 1274), se anche la regola di santa Chiara veniva approvata appena due giorni prima della sua morte (9 agosto 1253), la diffusione dei Fratelli e Sorelle della penitenza stava avendo, invece, un successo inaspettato, con l’adesione di un gran numero di fedeli, specialmente grazie alla predicazione capillare dei frati in Italia, ma anche nel resto d’Europa.
Aderiscono al terz’Ordine personalità come il Re di Francia Luigi IX, il sovrano Roberto d’Angiò e le principesse aragonesi di Sicilia, Santa Elisabetta d’Ungheria e sua nipote Elisabetta di Portogallo, la mirabile coppia di nobili sposi francesi Sant’Elzeario di Sobron e la Beata Delfina di Glandeves, ma anche Giotto e Dante (1).
La pietà popolare dei Terziari francescani, visibile negli ospedali e in altre opere di misericordia corporali, ma anche le arti figurative, la filosofia e la letteratura diedero un impulso importante alla società medievale che, nonostante le divisioni interne sotto la comune Fede in Cristo, raggiunse un livello di civiltà ancora oggi presa a misura di paragone.
L’attenzione papale verso l’Ordine della Penitenza fu notevole, sempre! Il Meersseman, uno dei maggiori studiosi del francescanesimo (1903 – 1988), contò in otto secoli 56 documenti di cui 52 bolle. Di queste, tra le più importanti del XIII secolo troviamo la “Significatum est” di Onorio III (16 dicembre 1221) e la “Devotione tuae” (1261) di Urbano IV, di apprezzamento ed incoraggiamento per il movimento penitenziale, ma anche di tutela e protezione contro le vessazioni e costrizioni delle autorità civili, che più volte nella storia hanno cercato di ridimensionarne la missione.
I secoli che seguirono videro periodi di grande esaltazione per il primo Ordine, ma anche grandi conflitti interni, dovuti essenzialmente alla naturale tendenza dei frati ad osservare in maniera più rilassata la Regola, in contrapposizione a frange che, in forma anche estrema, aspiravano a ritornare allo spirito iniziale della prima comunità nata intorno al padre Francesco. Gli attori principali di questa disputa furono condannati da Papa Giovanni XXII con la Bolla “Sancta romana” (1317).
In questo contesto storico, nei successivi secoli XIV e XV, ci furono tentativi di riforma del primo e del terz’Ordine e meritano una nota a parte la figura di San Giovanni da Capestrano (1386 – 1456) e la nascita dopo poco del ramo dei frati minori Cappuccini (1528).
Questo santo, laureato in diritto civile ed ecclesiastico, dopo la sua conversione entrò nei frati minori dell’Osservanza; viene ricordato per la sua vita, di singolare santità e per l’aver colto l’essenzialità della spiritualità francescana, ma anche come strenuo difensore e propagatore del terz’Ordine.
La sua intensa attività in favore del TOF portò abbondanti frutti: in quegli anni si raggiunsero numeri vicino ai 600 mila aderenti (2), scrisse “Defensorium Tertii Ordinis Beati Francisci” (1440) (3) in sostegno dei membri del terz’Ordine contro i detrattori che contestavano i privilegi concessi ai penitenti dai Papi nel XIII e XIV secolo (1).
Intanto la stretta via del TOF stava prendendo anche uno sviluppo di vita comunitaria e poi con Leone X (1513-1521) il terz’Ordine venne distinto in due forme di vita: quella della “secolarità”, fino ad allora la più diffusa, e quella della “regolarità” con una propria specifica regola.
I frati minori Cappuccini
Nei primi anni del XVI secolo, d’altronde, stava formandosi nell’entroterra marchigiano un piccolo movimento di frati minori che volgevano la loro vocazione ad una vita più eremitica, assolutamente mendicante, poverissima fino a quanto lo consente l’umana fragilità (4). Il primo promotore di questa riforma fu il minore Matteo da Bascio (1525), a cui seguirono i fratelli Ludovico e Raffaele Tenaglia da Fossombrone. L’espansione di questa piccola fraternità di riformatori fu rapida e spesso incrementata dal passaggio dei frati minori dell’Osservanza ai neonati “fratres a scapucio” con continuative proteste dei primi per almeno mezzo secolo, in quanto vedevano ridursi il loro ramo ad opera di questa nuova famiglia francescana (3).
Numerosi furono i documenti pontifici a tal riguardo, dal primo riconoscimento di Clemente VII del 3 luglio 1528 “Religionis Zelus”, che sancisce la nascita del ramo cappuccino, a una serie di bolle pontificie per regolare i rapporti incrinati con i frati dell’Osservanza, che definirono la vita della prima comunità cappuccina come “la più disperata: essi pretendono di osservare la Regola originaria alla perfezione, non già secondo le dichiarazioni dei romani pontefici, ma secondo il suo senso letterale, conducono una vita così austera e rigida, quasi disumana, da provocare una gravissima crisi di coscienza nei frati zelanti sul proprio modo di osservare la Regola e la povertà” (5).
Naturalmente la Riforma cappuccina con la vita e la predicazione ricadde a cascata sul popolo, che rispose con una copiosa richiesta di entrare nel terz’Ordine corrispondente.
L’Umanesimo e la laicità
Il secolo che seguì, con il Concilio Lateranense V (1512-1517) indetto da Giulio II (1503 – 1513), ridimensionò le aspirazioni dei terziari canonicamente e visibilmente: non più “persone religiose” ma “fedeli laici” (6) e la vocazione francescana si “spiritualizza”, con la riduzione dell’abito caratteristico ad un piccolo scapolare nascosto sotto le vesti. Se da un lato il TOF si diffondeva anche ai ceti borghesi e nobili, “come per una moda”, dall’altro la non visibilità del “laico religioso” annichiliva il contrasto tra la vocazione secolare ed il fluire sempre più rapido del mondo con le sue ideologie, scoperte scientifiche ed eresie: non a caso è il secolo dello scisma di Martin Lutero e di quello anglicano (Thomas More, terziario francescano, pagò con la vita la sua fedeltà alla Chiesa Cattolica Apostolica Romana).
Si arrivò cosi agli albori della corrente illuministica ed alla Rivoluzione Francese.
Un decreto dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria (1776) vietò di ammettere nuovi membri al TOF, che poi con Giuseppe II (1782) fu addirittura soppresso. Alcuni anni esso subì dopo stessa sorte nella Francia del Terrore (1792).
Tutto ciò che aveva prodotto la società feudale prima, e medievale dopo, anche grazie a giganti della santità come San Benedetto e san Bruno prima dell’anno 1000 e poi San Domenico e San Francesco appunto poco dopo, nonché fini teologi ed asceti, come l’insuperato Tommaso d’Aquino o San Bonaventura, si dissolse piano piano.
Una visione del mondo che si radicava totalmente nella Fede in Dio Creatore e che trovava la Sua immagine riflessa nella vita familiare, sociale e politica, si scontrerà invece con una forte repressione rivoluzionaria in Francia all’inizio dell’Ottocento, ma anche in Italia, con persecuzioni e soppressione di fiorenti Ordini, chiusura di conventi e portando con sé , inevitabilmente, al nascondimento della vocazione religiosa e a quella al terz’Ordine Francescano per i laici.
I Pontefici Terziari francescani (1846 – 1939)
La Provvidenza stabilì però che, a distanza di pochi decenni, con i papi Pio IX e Leone XIII, ritornassero in auge i terz’Ordini ed in particolare quello francescano; essi ne colsero il profondo ruolo sociale che, come una forte milizia, poteva tentare di arginare il liberalismo avanzante e restaurare la società e la condizione umana. I Sommi Pontefici citati, nonché del resto Pio XII, appartennero tutti al TOF.
Il Pontefice Pio IX nel 1829, dopo la sua ordinazione sacerdotale, riceveva il “saio della penitenza” emettendo la sua professione nel TOF nel convento di Monte Luco, presso Spoleto.
Nella sua vita, specialmente durante il periodo del suo regno (1846-1870) tra amarezze e conforti, dolori e trionfi, sempre incline alla generosità e sordo all’ingratitudine, ebbe una particolare attenzione al “carattere francescano, la povertà”. Mons. de Segur , suo collaboratore e indomito combattente contro le idee della Rivoluzione e della Massoneria (8), mentre il Santo Padre donava la sua ultima moneta a una città sentì esclamare: il povero Pio IX non ha più niente, ma non se ne lamenta, perché non dimentica di essere un Terziario Francescano!” (9).
L’apice del Suo Pontificato fu sicuramente la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione, proclamato con la bolla Ineffabilis dell’8 dicembre 1854, dogma introdotto dal Beato Giovanni Duns Scoto OFM nel 1300 e confermato dalle apparizioni delle Madonna a Lourdes a Santa Bernadette, anch’ella Terziaria Francescana, con il Suo nome di Immacolata (1858). Nel 1873 inoltre, Pio IX consacrò il Terz’Ordine al Sacro Cuore di Gesù.
I terziari risposero al Santo Padre nella tormentatissima Europa post-napoleonica con ripetute richieste e rassicurazioni per la sua appartenenza e sostegno, come testimoniano le lettere ad una terziaria di Gaeta (9), alla fraternità di san Francesco a Ripa (11) e ad un’altra fedele laica di Chartres (11).
Lo splendore annunciato per il terz’Ordine trovò, tuttavia, pieno compimento in Leone XIII (1878 – 1903), il cui lungo pontificato vide nell’affermazione e nel trionfo degli ideali a cui era stato chiamato San Francesco la salvezza della società post-rivoluzionaria.
Lo sarà anche ora nella società che si affaccia alla schiavitù trans-umana? (ndr)
La seconda Regola
Il Cardinal Pecci, futuro papa Leone XIII, ha nella sua famiglia due generazioni di devozione al Serafico Padre: la nonna Anna ed il padre Ludovico (11). Da quando fu elevato a Pontefice ebbe sempre particolare attenzione all’aspetto sociale dei cattolici, lo squilibrio tangibile tra le classsi più povere e quelle benestanti, nonché alla progressiva perdita di valore del papato e della Chiesa.
Queste criticità erano le principali fonti di preoccupazione del Santo Padre e scandirono il suo lungo magistero. Egli Individuava proprio nel terz’Ordine francescano la “cura attiva e dinamica” per questa missione popolare, proprio perché imbevuta del Santo Vangelo e perché scelse San Francesco come modello cattolico di tutte le virtù, l’immagine più perfetta di Cristo, la colonna della Chiesa.
Con tale sensibilità prima con l’enciclica “Auspicatio” (17 settembre 1882), in ricorrenza del VII centenario del santo Assisiate , e poi con la bolla “Misericors Dei Filius” (7 luglio 1883), riformò la regola di Nicolò IV e, cercando di mantenerne intatto lo spirito, la rese sicuramente più snella ed essenziale.
In realtà la nuova regola, nel confronto con quella originaria sollevò fondamentalmente due critiche:
- il timore, giustificato, che il terz’Ordine fosse ridimensionato ad una confraternita;
- la brevità e l’essenzialità di essa, nonché la sua semplificazione, attenuava la qualità e la severità dell’impegno che da sette secoli era richiesto ai terziari.
Entrambe le critiche furono smorzate e risolte dal pontefice stesso, che, come riportano i padri Bigi e Monaco nella loro opera “Magistero dei Papi e le fraternità secolari” (12) riprendono le parole di Leone XIII: l’essenza e la natura di questo Istituto sarà sempre quello di un vero Ordine!
Riguardo la seconda obiezione, purtroppo la storia dà ragione a coloro che vedono ridimensionato l’impegno e la qualità, a discapito di un’attenzione maggiore alla diffusione del TOF, rendendo più sopportabile il coinvolgimento e quindi più facile l’adesione. (ndr: personalmente, dopo 25 anni di militanza come Terziario, concordo su entrambe le perplessità)
La forza del terz’Ordine secondo il pensiero ed il Magistero Leonino raggiunge, con l’enciclica “Humanus Genus” (1884), un accorato appello, più che mai attuale, a combattere la Massoneria in cui il Pontefice indica ai cattolici il terz’Ordine come supremo rimedio a tal fine, per riformare sin dalle radici la società.
E così il TOF, sotto l’impulso di Leone XIII, torna ad occupare quel posto che già nel medioevo aveva conquistato, e si può constatare una generosa risposta dei cattolici in questa direzione.
Infatti lo Spirito Santo, in questo periodo cosi travagliato dagli sconvolgimenti politici e sociali provocati della Rivoluzione francese e dal Risorgimento italiano con la caduta dello Stato Pontificio, susciterà figure di santi terziari come San Giovanni Maria Battista Vianney (1756-1859), terziario cappuccino, elevato a protettore dei sacerdoti, il Beato Antonio Federico Ozanam, storico e scrittore cattolico (1813-1853), la beata Elisabetta Vendramini (1793- 1860), che fonda il ramo delle terziarie francescane elisabettine, san Giovanni Bosco (1816 -1888) e Santa Maria Domenica Mazzarello (1837-1881), fondatori della Società San Francesco de Sales ed il ramo femminile dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice; ancora il beato cardinale Andrè Ferrari (arcivescovo di Milano), San Giuseppe Cottolengo (1786-1842), che fonda la piccola Casa della Divina Provvidenza per accogliere i malati più miserabili, San Leonardo Murialdo (1828-1900), fondatore della Congregazione di San Giuseppe, o Leon Harmel (1829- 1915), industriale che applicò in fabbrica quei consigli evangelici esposti nella più importante enciclica leonina, la “Rerum Novarum” (1891). Ad essi aggiungo da ricordare anche i beati del TOF martiri in Cina all’inizio del XX secolo.
Alla morte di Leone XIII, sul soglio petrino salì il cardinal Sarto, San Pio X, anch’egli terziario francescano.
Il Suo pontificato si rivolse in gran parte a cercare di debellare le correnti liberali, che si stavano infiltrando nella Chiesa, e in particolare quel modernismo che purtroppo però covò sempre negli ambienti più progressisti, che poi tornarono in auge durante il Concilio Vaticano II (13 ) con la Nouvelle Theologie di de Lubac, Congar e Ranher.
Pio X invierà una lettera apostolica “Tertium franciscalium Ordinem” (1912) ai ministri generali dei primi Ordini (minori, conventuali e cappuccini) esortando esplicitamente i terziari, affinché la loro azione fosse incisiva sin nelle fibre più capillari della società e ad abbandonare “le idee poco sapienti di nuove cose” ribadendo, inoltre, che il governo del terz’Ordine fosse regolato dai religiosi del Primo Ordine come loro maestri e guide, spiritualmente, dottrinalmente e teologicamente.
Con il pontefice Pio X si potrà osservare inoltre un cambiamento di rotta per il TOF, che viene riportato ad un impegno più spirituale, senza distogliere lo sguardo dalle opere caritative, ribadendo inoltre l’invito per i membri del TOF a limitare l’impegno politico ed economico, esortazione già affermata dal pontefice nella sua il “Fermo Proposito” (1905), sebbene in maniera meno drastica di quanto non aveva già fatto Pio IX in “Non Expedit” (1874): egli riconduce la partecipazione dei terziari all’impegno politico e sociale esclusivamente all’azione di singoli, come aveva scritto anche nella lettera apostolica al ministro generale Ofm sul terz’Ordine (5 maggio 1909): “se tutti quanti sono i Terziari useranno tutta la diligenza, qual è quella richiesta dai tempi, nell’adempimento dei loro doveri, sarà fatto un gran passo a quella felice mutazione di cose che tanto Ci sta a cuore!” (14).
Attraverso le Grandi Guerre
Negli anni successivi si susseguirono sul soglio petrino Benedetto XV (1914-1922), il Pontefice della Pace, e Pio XI (1922- 1939), che regnarono durante la prima e fino alla II guerra mondiale. I numeri dei terziari crebbero in questi anni da 2.400.00 (1915) a 3.200.00 (1942).
La famiglia del primo aveva abbracciato la suprema nobiltà del Vangelo con ben cinque figure, tra antenati e familiari, i quali avevano indossato il saio cappuccino: in particolare lo zio, padre Giacomo della Chiesa, ricordato più volte nei discordi ai terziari come colui “che aprì il suo animo alla vocazione allo stato ecclesiastico”. Benedetto XV vestì l’abito del Terz’Ordine l’11 Ottobre 1882 nella Basilica dell’Aracoeli a Roma (11).
Quelli del suo Pontificato furono anni difficili a causa del coinvolgimento nella I guerra mondiale e lui rispose con la sua indole di terziario, sia con appelli ripetuti affinchè avesse termine il conflitto, sia affidando la missione pacificatrice a san Francesco d’Assisi, sia ancora invitando i Cattolici ad entrare nel terz’Ordine, nonostante stesse avendo molto seguito l’Azione Cattolica, associazione e non Ordine.
Il suo Papato terminò con un altro inno francescano, l’enciclica “Sacra propediem” (6 gennaio 1921), scritta per il VII Centenario dell’istituzione del terz’Ordine, ricordando l’approvazione del Memoriale Propositi, la protoregola, da parte di Onorio III, in cui ribadisce e conferma che esso è un “vero Ordine”, caratterizzato da semplicità dei costumi, disciplina e spirito di penitenza: queste virtuose caratteristiche vengono indicate a “unico rimedio ai disordini e alle lotte che desolano la nostra società”.
Nel suo lungo e apparentemente più quieto pontificato, Papa Pio XI, terziario “fin dalla prima età”, come egli stesso più volte ricordò ai fedeli, da un lato impose che vi non vi fosse ancora una volta una riduzione nell’abito del terziario professo, e quindi di non impoverirlo con l’abolizione del suo caratteristico abitino (scapolare e cordone) con l’indossare una semplice medaglia distintiva, dall’altro rafforzò l’aspetto spirituale dell’appartenenza al terz’Ordine.
Con il famoso discorso ai terziari della Congregazione Romana in Ara Coeli del 26 febbraio 1923 (11), ridettava le caratteristiche del professo affermando che: “Non è il rigore dei voti, non è la vita in comune, non è la vita religiosa secondo la lettera, ma quella secondo lo Spirito originario di Penitenza e, quindi, che il voto di castità sarà dato dallo spirito di mortificazione per tutta la vita, il voto di obbedienza sarà quello dell’osservanza generosa di tutte le leggi di Dio e dei precetti della Chiesa, delle autorità e del dovere del proprio stato, che il voto di povertà corrisponderà al distacco del cuore dai beni terreni, con carità larga e generosa verso i miseri e i sofferenti!”.
Il 30 aprile del 1926, in occasione del settimo centenario della morte di san Francesco, pubblicò l’enciclica “Rite expiatis”, in cui “come per entrare in gara di devozione con i nostri predecessori”, Pio XI accoratamente invita i fratelli dell’Ordine francescano a: essere servitori fedeli, non meno dei primi seguaci di San Francesco “nei tempi aspri del medioevo”; essere annunciatori ed interpreti della Sua spiritualità in maniera tale da ridestare nel popolo cristiano la “Buona Novella contro la peste del laicismo, che ha anche dimezzato e anzi contraffatto anche la figura del Serafico Padre”.
Il Papa, come era già avvenuto soprattutto con Leone XIII e San Pio X, guarda al rinnovamento della società attraverso la predicazione del Primo Ordine, la preghiera nascosta del Secondo e l’operosità capillare del terz’ordine, affinché si adoperino anch’essi col proprio apostolato a promuovere il profitto spirituale del popolo cristiano, come soldati di Cristo e novelli Maccabei.
La decadenza del XX secolo e del TOF.
Il susseguirsi dei Papi appartenenti al TOF proseguirà con Pio XII (1939-1958) e Giovanni XXIII .
Papa Pacelli aveva il padre terziario, ed anche il fratello maggiore Francesco, avvocato, che guidò la negoziazione dei Patti Lateranensi (1929) (10). Terziario lui stesso dal 1902, giovane sacerdote, fu il Papa che traghettò la Chiesa attraverso la seconda guerra mondiale, seguendo il sentiero segnato dai suoi due predecessori. La Pace e la Carità (il suo motto) furono le linee del suo pontificato, mentre manifestò il carattere francescano già nel 1940, ormai nel turbine della guerra, proclamando San Francesco d’Assisi patrono d’Italia, insieme a Santa Caterina da Siena.
Fu il primo Papa a denunciare i limiti del progresso, anche tramite i famosi radiomessaggi: la schiavitù della tecnica, la febbre dell’azione e la conseguente inquetudine interiore dell’uomo, la condanna dell’ecumenismo e del movimento pancristiano, con l’enciclica Mortalium Animos (6 gennaio 1928).
L’appello di Pio XII sarà per i fedelissimi del Vangelo, i Terziari appunto, quello di attirare le simpatie dei tanti poveri, infelici ed infermi, ritrovatisi in tali condizioni dopo il II conflitto mondiale (11).
Nel periodo post-bellico inizieranno le innovazioni riguardanti il TOF: nel 1948 nasce la Gioventù Francescana e subentra una certa richiesta di inter-obbedienzialità, cioè una unità unica tra i membri del terz’Ordine, quasi per ritornare alle origini, come se i quattro rami (Minori riconducibili all’Osservanza, Conventuali, Cappuccini e TOR), che avevano visto nei secoli emergere peculiarità specifiche tra loro per sensibilità vocazionali potessero essere politicamente abolite.
Il discorso del 1 luglio del 1956 di Pio XII ribadisce quanto già affermato nei secoli precedenti e cioè che il TOF è , come lo definì il suo predecessore, Ordo veri nominis (Encic. “Sacra propediem”, 6 gennaio 1921) dove, più che un rinnovamento, come scrivono alcuni autori, il Pontefice invita a una rivivficazione dello spirito originario, osservando non troppe dissimilitudini tra il sec XIII e quello post-bellico.
Le richieste di Nuove Costituzioni per i terziari andarono avanti sulla base del Congresso Internazionale dei terziari del 1950 (Roma, 17-20 dicembre), a cui parteciparono figure di spicco come La Pira e Dossetti.
La richiesta che emerse con la sensibilizzazione dei professi francescani ad una maggiore formazione, spiritualità ed operosità, nella realtà, si realizzò poco, rispetto alle aspettative. Al contrario nel 1957 fu presentato un nuovo testo di Costituzioni approvato dalla Sacra Congregazione dei Religiosi, ma non messe in essere: si era all’alba del Concilio Vaticano II, la nuova Pentecoste, la primavera dello Spirito (1).
I Papi moderni
L’ultimo pontefice appartenente al terz’Ordine fu Giovanni XXIII, che professò la regola il 23 maggio del 1897, appena quattordicenne, a Bergamo. Nel suo intenso e breve apostolato nelle vesti di Sommo Pontefice, si fermò nel ricordare l’Ordine dei frati minori ed il pacifico esercito dei Terziari in occasione del 750° anniversario dell’approvazione della Regola originaria (“ad vocem” da Innocenzo III ). L’Ordine potrà essere riassunto in tre parole quanto mai dense di significato: Paupertas, Obdedentia, Caritas (15).
Saranno, quelli del pontificato di Giovanni XXIII e i seguenti con Paolo VI, anni di grandi cambiamenti, di aggiornamenti e di apertura con il Concilio pastorale Vaticano II.
Vi sarà il cambiamento della cosiddetta Santa Messa di Pio V (1570), con l’introduzione di quella Novus Ordo, più orizzontale e in lingua vernacolare che vide anche nella sua stesura la partecipazione di alcuni esponenti di confessione protestante.
Durante il Concilio la battaglia interna alla Chiesa tra il “Coetus Patrum” e la fazione più progressista detta “Alleanza Europea” fu acerrima; la novità di maggiore dialogo con il mondo contro la Tradizione bimillenaria di matrice apostolica ebbe, in maniera ancora oggi discussa, il sopravvento.
Il Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962 – 8 dicembre 1965), pastorale, generò dei documenti dogmatici: la “Lumen Gentium”, del 21 novembre 1964, la “Dei Verbum” ed un decreto sull’apostolato dei laici già citato, l’“Apostolicam Actuositatem”, entrambe del 18 novembre 1965, che richiama i fedeli secolari ad una più intensa attività nel mondo (Proemio A. A.) (16).
Anche nella famiglia francescana del TOF vi fu un nuovo documento, “figlio” del Concilio: una “nuova Regola” con denominazione nuova del terz’Ordine.
La nuova Regola fu approvata il 24 giugno del 1978; venne modificato il nome, e la Tradizione di quasi 800 anni di storia francescana, in Ordine francescano secolare (Ofs), con apparentemente poca differenza.
In realtà già nella denominazione si evidenzia quell’apertura al dialogo con il mondo, “perché la Religione del Dio che si è fatto Uomo si è incontrata con la religione dell’uomo che si è fatto dio” (cit. discorso di chiusura concilio, 7 dicembre 1965) (17): quel mondo da cui il terziario, proprio per la sua vocazione originaria, si era allontanato pur mantenendo i propri doveri di stato.
Il processo che portò a tali modifiche si sviluppo in tre fasi. La prima, 1966-1969, di accoglienza (non senza critiche ed obiezioni) e studio dei nuovi documenti conciliari, dove le parole di rielaborazione del mandato di novità furono “rinnovamento, aggiornamento, dialogo”. Una seconda fase, 1969- 1973, di stesura, con la redazione di nuove norme di vita e di un itinerario spirituale del francescano (1). Proprio in quegli anni si ricordavano i 750 anni del “Memoriale propositi” e la rilettura di quel documento che aveva posto le basi al movimento penitenziale del XII e XIII secolo aveva affascinato i moderni redattori, che reinterpretarono però in chiave moderna la vocazione al TOF .
Una terza fase, a partire dal 1973, con una prima presentazione nel 1975 a tutti i ministri del terz’Ordine e nel giugno del 1977 alla Congregazione per i Religiosi, che portò all’approvazione pontificia il 24 giugno del 1978, poco più di un mese dalla morte di Paolo VI.
Si parlerà in tutto il mondo francescano di adeguamento ai tempi che cambiano, di dialogo tra ciò che è religioso e ciò che è nell’uomo, di una regola “nuova”, come ritorno alle origini: ma come è possibile questa dicotomia tra la via penitenziale dei primi francescani ed il voler abbracciare “cattolicamente” il mondo moderno?
Infatti la regola Paolina, come del resto il Concilio Vaticano II, creò comunque un cambiamento rispetto alla storia e alla Tradizione della famiglia francescana: le figure del Beato Lucchese o messer Landolfo (Fonti Francescane, n. 1956), ma anche di Margherita da Cortona o dello stesso Beato Pio IX, sembrano tanto splendenti quanto lontane. Gli stessi numeri sono ridimensionati a poco più di 300 mila membri in 116 paesi (rivista San francesco 14 luglio 2017).
Nonostante ciò, tuttavia, il TOF-Ofs in questi ultimi 50 anni ha comunque continuato ad occupare un posto particolare nel cuore della Chiesa e dei Papi che seguirono.
Si ricorda il discorso di Giovanni Paolo II ai membri del consiglio generale dell’Ofs del 27 settembre 1982 (19), in commemorazione degli 800 anni dalla nascita di San francesco, in cui si rinnova il mutuo “affetto e attaccamento” alla Santa Romana Chiesa, come era stato già sottolineato nel 1221 e nella Regola bollata del 1223. Il Pontefice richiama specificamente allo studio e all’amore verso questa “nuova regola”, richiama esplicitamente al sintonizzarsi allo spirito del CVII e l’esortazione a non deludere quanto la Chiesa si attende dai nuovi terziari. (Che devono essere però, e mi scuso per le considerazioni rispondenti alla vocazione originaria, all’essere fratelli e sorelle della penitenza come il Santo di Assisi scrisse nella lettera ai fedeli, più che amanti della nuova linea di interpretazione della vocazione al Terz’Ordine, n.d.r.).
Gli interventi di Giovanni Paolo II si susseguirono; vi fu quello durante il consiglio internazionale dell’Ofs del 19 giugno 1986, con il richiamo ad essere onorati di vestire l’abito del terz’Ordine (ndr ormai solo interiore), con il fine di contrastare l’avanzata “serpeggiante di dottrine accomodanti” e mondane, quello di richiamare alla perfezione del proprio stato di Ordine laico nel discorso del 14 giugno1988 per il VII centenario della Supra Montem di Nicolò IV (19), ed il richiamo di vivere con coerenza lo spirito di povertà, l’intensa preghiera, il digiuno e la penitenza. Ed infine con il discorso ai partecipanti al Capitolo generale del terz’Ordine francescano secolare, dove tuttavia è più evidente la spinta post-conciliare nel richiamare l’Ofs a una “unione carismatica e comunità d’amore”, il nuovo richiamo nel sintonizzarsi allo spirito del CVII e nel rispettare il rapporto con l’autorità gerarchica (19) .
Anche il Pontefice Benedetto XVI (2005- 2013), grande cultore di san Bonaventura, nel suo non lungo e molto travagliato pontificato ebbe attenzione al terz’Ordine.
Nel suo discorso (18 aprile 2009) (20), in ricorrenza dell’ottavo centenario dell’approvazione della “Regola non bollata” da parte di Innocenzo III, ricorda la radicalità della scelta evangelica di San Francesco, senza mezze misure, che tanto è preferita ancora oggi nell’indole dei giovani moderni e che spesso non trova risposta se non nel “guardare alle origini”: è tanto difficile perdere la propria vita a causa di Gesù e del Vangelo per salvarla e renderla feconda di frutti abbondanti! Un invito inoltre a essere testimoni della bellezza di Dio, così come cantò il Padre serafico nelle lodi a Dio Altissimo.
E infine Papa Francesco (2013 – 2025)!
Nonostante il nome che ha segnato il suo percorso magisteriale, in questi anni tanto turbolenti come per il suo predecessore, non ha incontrato molte volte i terziari francescani, ma denso di significato è stato il suo discorso (15 novembre 2021) in occasione del Capitolo Generale dell’Ofs a cui parteciparono circa 200 mila aderenti al laicato francescano. Il Santo Padre in quell’occasione pose, con una sua personale definizione, le opere di penitenza (digiuno, elemosina, mortificazione) come conseguenza della conversione e quindi creando una dicotomia nell’uomo tra l’essere un fratello o sorella della penitenza e le proprie opere di penitenza, riprendendo lo spirito dicotomico a volte presente nella Regola del 1978 e richiamando i membri dell’Ordine francescano secolare a essere in scia di una “Chiesa in uscita”, con predilezione per i poveri “carne di Cristo” e a lavorare per una ecologia integrale: temi di un annuncio al passo con i i tempi post-moderni.
Conclusioni
Come si è potuto osservare in questo contributo, il terz’Ordine francescano è stato un pilastro della Chiesa Cattolica in relazione alla chiamata e risposta religiosa di tantissimi generosi laici.
I riferimenti delle tre Regole che lo caratterizzano e l’incoraggiamento di tanti pontefici, costituiscano un accorato invito per molti ad abbracciare la vita di penitenza nella chiamata quotidiana, consacrata alla famiglia o a Dio solo, nel percorso spesso erto che ci conduce a quella Eterna.
Tanto l’uomo sa, quanto opera, San Francesco, Legenda Perugina F.F. 1628
Fratel Amato Maria, Terziario francescano presso Fraternità Santo Curato d’Ars, Morgon (Lione)
Bibliografia :
- A. Fregona , L’Ordine francescano secolare – Storia, legislazione, spiritualitàCollaborazione di mariano Bigi e Prospero Rivi , collana Tau , Padova 2007
- G. Odoardi Regola di Nicolò IV e movimenti di osservanza francescana , 1987
- A. Matanic «DefensoriumTertitOrdinis beati Franciscio di San Giovanni da Capestrano, in Mariano d’Alatri (a cura)
- ICappuccini :FONTI DOCUMENTARIE E NARRATIVE DEL PRIMO SECOLO (1525-1619) – Seconda edizione a cura di V. Crisciolo ; Roma 2020 Istituto storico dei cappuccini
- Testimonianza di Yves Magistry ( 1570 ca.)
- A. Matanic. I terziari francescani dal concilio Lateranense V al concilio Tridentino, in Atti 1987,
- https://www.santiebeati.it/dettaglio/96281
- Mons de Segur : II Terz’Ordine di S. Francesco 1870 pag. 14.
- Da Annali Francescans, Milano, 30 settembre 1877, pag. 570 segg).
- Da Annal Francescani, Milano, Ann. 1877, pag. 681).
- Il Terz’Ordine Francescano nel pensiero dei Papi – Commissariato generale del TOF Ofm, Viale delle Mura Aurelie, 9 1944
- BIGI & MONACO – MAGISTERO DEI PAPI E FRATERNITA’ SECOLARE – 1985 ROMA
- Golpe nella Chiesa :Documenti e cronache sulla sovversione: dalle prime macchinazioni al Papato di transizione, dal Gruppo del Reno fino al presente. Don A. Mancinella , Edizioni Radio Spada, 2023
- Discorso ai padri capitolari OFM, 5giugno 1959
- Omelia Giovanni XXIII per i 750 approvazione Regola francescana ,( 16 aprile 1959)
- www.vatican.va
- epilogo del Concilio Vaticano II www.vatican.va
- (rivista San francesco 14 luglio 2017).
- 20) , 21), 22) :Ofs Fraternità San Carlo Mestre.
Questo contributo completo, chiaro, esaustivo ha il grande merito di tracciare – insieme a una documentata storia del terz’Ordine Francescano – anche le prospettive e le sfide che aspettano il TOF-Ofs nell’immediato futuro (forse mai come ora). Ringrazio la redazione di InFormazione Cattolica e l’autore