di Dalila Di Dio
–
IL POTERE PAPALE DI MORAL SUASION È SECONDO A NESSUN ALTRO
Negare che quella del Pontefice sia una figura politica sarebbe un atto ipocrita: Egli è un capo di Stato, le sue parole sono sempre destinate ad avere un impatto sulla società (e quindi sulla politica), il suo potere di moral suasion è probabilmente secondo a nessun altro.
Quello che Elly, Conte, e tutti quelli che lo stanno tirando per la giacchetta in queste ore non comprendono, è quale sia lo scopo dell’azione politica del Papa: non si tratta di adeguare la Chiesa al mondo ma, viceversa, di fare in modo che l’umanità torni ad avere come perno Gesù e i suoi insegnamenti.
Il Papa non deve ingerire nell’autodeterminazione dei Popoli e delle Nazioni, non deve lanciare moniti, mettere i bastoni tra le ruote a questo o a quello, entrare nell’agone o spingere la Chiesa nella direzione gradita a chi fa più chiasso.
Il Papa non deve rendere il Cristianesimo appetibile, né trendy, nè moderno.
Non deve fare i numeri, non deve ricevere il plauso dei giornali.
Il più grande atto politico di un Pontefice è predicare Cristo e spiegare al mondo che la Parola è l’unico faro che illumina il cammino dell’umanità.
Chi ci sta, è il benvenuto. Per gli altri, non smettiamo di pregare. Dio non ha bisogno di restyling, la Chiesa non è un localino anni 80 a cui bisogna ridipingere le pareti.
Quelli da ridipingere ogni giorno siamo noi, magari cominciando dal prendere coscienza del fatto che non siamo misura di tutte le cose ma esseri finiti, fallaci e con una limitata capacità di comprensione, soprattutto quando si parla di Assoluto.