16 Giugno 2025

La massoneria è un’eresia radicale dell’essere

di Daniele Trabucco 

PAPA SAN PIO X E LA MASSONERIA: LA FERMA CONDANNA DI UNA GNOSI ANTICRISTICA

Nel mistero della storia, intessuto dal disegno provvidenziale di Dio, si manifesta con tragica chiarezza il conflitto tra l’ordine divino e le forze del disordine, tra l’epifania della verità rivelata e le tenebre della menzogna sistemica. In tale scenario escatologico, la figura del Papa san Pio X, pontefice dal 1903 al 1914, si erge come luminosa sentinella del soprannaturale, come custode dell’essere contro ogni tentativo di nichilizzazione dell’ordine creato e redento.

Il suo pontificato si configura, in senso teologico-metafisico, quale risposta ecclesiale alla progressiva infiltrazione di un principio anticristico che trova nella massoneria non tanto un nemico storico contingente, quanto un “mysterium iniquitatis” incarnato in forma istituzionale e ideologica. Sarto, nella linea ininterrotta del magistero perenne, riconosce nella massoneria l’espressione formale e sistematica di una metafisica dell’autonomia, il cui fondamento ultimo è il rifiuto del principio analogico dell’essere e, conseguentemente, del primato dell’Essere sussistente, ossia Dio stesso.

L’intero impianto simbolico e dottrinale delle logge massoniche si presenta, ai suoi occhi di Pontefice e di mistagogo della verità, come un’opera gnostica di disintegrazione dell’ordine partecipato dell’ente: è la pretesa prometeica dell’uomo che, rigettando l’essere ricevuto e il Logos che lo ordina, vuole farsi misura di tutte le cose, radice e fine di sé medesimo.

In tale orizzonte, la massoneria non è più soltanto un pericolo per la Chiesa sul piano disciplinare o politico, ma è un’eresia radicale dell’essere, una contraffazione del reale che, sottraendosi alla luce dell’intelletto elevato dalla fede, costruisce un’anti-teologia dell’immanenza assoluta. Tale lettura metafisica, perfettamente conforme all’insegnamento di san Tommaso d’Aquino (1225-1274) e al realismo perenne della teologia scolastica, anima ogni gesto magisteriale di san Pio X. Il modernismo, che egli definisce come “sintesi di tutte le eresie”, non è altro che il volto ecclesiale, talora inconsapevole, talora connivente, di quell’errore primordiale che la massoneria veicola con sapiente e luciferina astuzia: la negazione dell’ordine finalistico della natura e della grazia.

Così, nella “Pascendi Dominici Gregis” del 1907, l’attacco non si limita a singole deviazioni dottrinali, ma investe l’intero impianto epistemologico e ontologico di un pensiero che ha rifiutato la trascendenza per rifugiarsi in una imanentizzazione idolatrica della coscienza. Il pensiero massonico, infatti, recide deliberatamente il vincolo che unisce l’intelligenza umana al principio divino mediante la legge naturale, negando che l’uomo abbia in Dio il suo fine ultimo oggettivo. È un’antropologia ribaltata, nella quale la libertà non è più partecipazione all’ordine del bene, ma potenza indeterminata, volontà di autodeterminazione, pura forza autoreferenziale.

San Pio X, nella sua visione teologica della storia, coglie nella massoneria la radice di questa sovversione metafisica, che si traveste di umanitarismo, di tolleranza, di democrazia, ma che in realtà prepara la dissoluzione dell’uomo in quanto imago Dei. Per il santo Pontefice, difendere la fede significa anzitutto custodire l’essere, impedire che l’ordine creato venga contaminato da princìpi disgregatori che attentano alla verità dell’uomo e di Dio.

Questo discernimento trova il suo antecedente magisteriale nella solenne condanna emanata da Papa Clemente XII (Pastore della Chiesa dal 1730 a 1740) con la bolla “In eminenti apostolatus specula” del 1738, in cui per la prima volta la Chiesa, con autorità dogmatica, identificava nelle sette massoniche una realtà inconciliabile con la fede cattolica. In essa si denunciava il segreto dei giuramenti, il relativismo delle credenze, l’inganno dell’apparente bene operato: segni esteriori di un’anti-chiesa operante nell’ombra, strumentalizzazione delle passioni umane al servizio di una rivoluzione dell’essere.

San Pio X, fedele a questa linea ininterrotta, approfondisce però il giudizio fino a coglierne la dimensione metafisica ed escatologica: il conflitto con la massoneria non è di natura meramente sociopolitica, bensì ontologica e teologale. È la lotta tra il Verbo incarnato, che è luce vera che illumina ogni uomo, e l’angelo decaduto, che perverte la luce in illusione. La condanna del Sillon, nella lettera “Notre charge apostolique” del 1910, rappresenta il punto culminante di tale opposizione teologica.

Non è la mera prassi politica ad essere giudicata, ma il principio dottrinale che la anima: l’illusione, intrinsecamente massonica, che vi possa essere una fraternità universale fondata sull’indifferenza religiosa, su un vago sentimento umanitario privo del vincolo teologale della carità. In ciò san Pio X vede la reiterazione del peccato luciferino: l’uomo che pretende di costruire la civitas terrena senza la grazia, senza il Cristo Re, senza l’unica Chiesa.

La fraternità massonica è, dunque, una parodia della comunione ecclesiale; la sua luce è, come insegna san Paolo, quella dell’angelo delle tenebre che si traveste da angelo di luce (2 Cor 11,14). Per Sarto al, non vi può essere neutralità davanti a tali princìpi: o si accoglie la verità del Verbo eterno, o si cade nella tenebra dell’errore organizzato. In questa prospettiva radicale, il santo Pontefice non fa che attualizzare il principio agostiniano della lotta fra le due città: la civitas Dei ordinata all’amore di Dio fino al disprezzo di sé, e la civitas diaboli ordinata all’amore di sé fino al disprezzo di Dio.

La massoneria, nella sua essenza spirituale, è la forma contemporanea della seconda: essa non è solo un’organizzazione, ma una gnosi anticristica, un culto secolare dell’autonomia, un sistema di pensiero e di potere che vuole usurpare il primato metafisico e salvifico del Logos. In san Pio X, dunque, si realizza quella funzione profetica del munus petrinum che consiste non solo nel custodire il deposito della fede, ma nel discernere gli spiriti, nel leggere le coordinate invisibili dei conflitti visibili. La sua opposizione intransigente alla massoneria, dunque, non è un retaggio storico, né una reazione emotiva, bensí un atto teologale e sapienziale di fedeltà all’ordine dell’essere, al primato della verità e alla signoria di Cristo. In ciò, egli si inserisce pienamente nel solco tracciato da Clemente XII, confermando che la Chiesa, per essere fedele alla sua identità, non può mai abdicare al suo compito di denunciare, discernere e rigettare ciò che si oppone radicalmente al suo Signore. Così, la sua voce risuona anche oggi come ammonimento profetico a non lasciarsi sedurre dalle sinuosità dell’errore travestito da luce, e a custodire, contro ogni gnosi disgregatrice, la pienezza dell’essere che nel Verbo incarnato ha ricevuto compimento.

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