15 Giugno 2025

di Alvise Parolini

SCIENZA QUANTISTICA, RUDOLF STEINER, LUISA PICCARRETA E IL SETACCIO DELLA VERITÀ

Oggi molti scienziati anche di area cattolica si ritrovano d’accordo con Ludwig Wittgenstein quando nel suo giovanile “Tractatus logico-philosophicus” scrisse la celebre frase: “Di ciò di cui non si può parlare si deve tacere”. Pur magari rinnegando formalmente il suo neopositivismo, ne accolgono le istanze di rispetto nei confronti di ciò che non è còlto secondo i princìpi della scienza moderna.
Tale atteggiamento, parlando sistematicamente, può essere considerato pio e dunque lodabile, a patto che non diventi dogma anche per i colleghi della svolta contemporanea, ovvero gli scienziati quantistici, supportati dai filosofi idealisti oggettivi.
Infatti la linea galileiana si mantiene nel solco della rinuncia a trattare organicamente, accanto alla quantità, della qualità dell’essere, separandosi dal realismo metafisico e relegandolo sempre di più ad un ambito di speculazione astratta.
La linea quantistica, invece, correttamente intesa come complemento della galileiana, convoca a sé la filosofia al fine del buon successo dei propri esperimenti, veri e propri luoghi di manifestazione di una metafisica “concreta”. Non ha paura di operare illativamente ed esprime anche in modi extra-laboratoriali la sua particolare tendenza sperimentatrice. Si tratta di un paradigma di pensiero capace di accogliere anche nella vita comune l’opinione e l’istanza di un interlocutore e generare occasioni di setaccio pluripersonale, inverando la parola di Gesù quando disse: “Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Matteo 18,20).
Ecco un esempio di setaccio in ambito teologico: nella conferenza tenuta a Karlsruhe il 12 ottobre 1911, al nono capitolo del saggio “Da Gesù a Cristo”, Rudolf Steiner tratta della compresenza di due Gesù, uno “nathanico”, purissimo e dal cuore sublime che viveva a Nazareth, ed uno “salomonico”, sapientissimo ma affetto da “determinate possibilità di errore, tendenze anche a difficoltà morali, se non proprio al peccato”. Secondo Steiner, l’individualità salomonica, o zarathustriana, […] abbandonò al dodicesimo anno il corpo del Gesù bambino salomonico e si trasferì in quello del Gesù bambino nathanico”. Da notare che è proprio intorno al dodicesimo anno di età che il rito del bar mitzvah rende il giovane moralmente responsabile dei suoi atti.
Come già accennato in un precedente articolo sulla Tomismodicea, presentiamo Steiner senza scandalizzarci, consci degli errori, ma secondo considerazioni di permissività divina del processo di approfondimento della Verità.
Dunque ciò che setacciando e correggendo possiamo ipotizzare di accogliere è la seguente tesi: il Gesù dei Vangeli è quello che Steiner descrive come “nathanico”, puro e santo. L’altro Gesù, che il fondatore dell’antroposofia travisa, è invece lo stesso Verbo divino onnisciente, che senza l’Umanità di Gesù sarebbe a noi inaccessibile e ci porterebbe a ricercarLo attraverso vie più luciferiche, come spesso si esprime lo stesso Steiner, che forse tratta di questa tendenza per recente esperienza personale, che purtroppo lo ha segnato, anche se meno di altri teosofi. Grazie all’Umanità di Gesù, la Sua Divinità – chiaramente impeccabile per natura – viene contenuta ipostaticamente senza separazione, al punto tale che per i redenti l’accesso alla Seconda viene ad essere “guidato” dall’adesione alla Prima. L’umanità di Gesù è usciere e al contempo porta della Sua Divinità, la Cui sostanza comprende anche il Padre e lo Spirito Santo.
Nonostante tutto, degno di nota è l’onesto rinvio di un autore pur eterodosso come Steiner agli scritti del Beato Antonio Rosmini (ricordiamo: condannato sfacciatamente dal Denzinger ma non dal Post Obitum e scagionato definitivamente dalle accuse nel 2001) indirizzato ai cattolici interessati a comprendere la svolta antroposofica, da lui non interpretato in maniera kantiana (considerato alquanto razionalista), come invece fece Giovanni Gentile (1875-1944) e l’attualismo.
Al pari dell’Umanità di Gesù rispetto allo zenith delle rivelazioni private cattoliche – ovvero, secondo un nutrito gruppo di fedeli cattolici di tutto il mondo: gli scritti della Serva di Dio Luisa Piccarreta -, vi è il corpo canonico delle Sacre Scritture. Negli stessi volumi del Libro di Cielo si parla della Bibbia come dell’a, b, c, dei mattoni iniziali per le costruzioni, mentre gli scritti rappresenterebbero le parole e le frasi che fanno uso delle singole lettere. Questa consapevolezza non deve portare a bypassare stoltamente la Bibbia, ma anzi a considerala come l’originario luogo dell’inseminazione dei grafemi e fonemi divini nei nostri cuori, chiamati ad essere buon terreno per la crescita di alberi da frutto. Preghiamo che la nostra stessa vita possa diventare un Libro di Cielo. Fiat!

Approfondimenti

Subscribe
Notificami
0 Commenti
Oldest
Newest
Inline Feedbacks
View all comments