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LINEE DI UN PONTIFICATO
Papa Leone XIV lunedì 19 maggio in occasione della celebrazione eucaristica che ha dato inizio ufficialmente al suo pontificato ha rivolto ai rappresentanti di altre confessioni cristiane e di altre tradizioni religiose le seguenti parole.
Con grande gioia rivolgo il mio saluto cordiale a tutti voi, Rappresentanti di altre Chiese e Comunità ecclesiali, come pure di altre religioni, che avete voluto prendere parte alla celebrazione inaugurale del mio ministero di Vescovo di Roma e Successore di Pietro. Mentre esprimo affetto fraterno a Sua Santità Bartolomeo, a Sua Beatitudine Theofilos III e a Sua Santità Mar Awa III, a ciascuno di voi sono sentitamente grato: la vostra presenza e la vostra preghiera sono per me di grande conforto e incoraggiamento. Uno dei punti forti del pontificato di Papa Francesco è stato quello della fraternità universale. Su questo lo Spirito Santo lo ha davvero “spinto” a far avanzare a grandi passi le aperture e le iniziative già intraprese dai Pontefici precedenti, soprattutto a partire da San Giovanni XXIII. Il Papa della Fratelli tutti ha promosso sia il cammino ecumenico sia il dialogo interreligioso, e lo ha fatto soprattutto coltivando le relazioni interpersonali, in modo tale che, senza nulla togliere ai legami ecclesiali, fosse sempre valorizzato il tratto umano dell’incontro. Dio ci aiuti a fare tesoro della sua testimonianza! La mia elezione è avvenuta mentre ricorre il 1700° anniversario del Primo Concilio Ecumenico di Nicea. Quel Concilio rappresenta una tappa fondamentale per l’elaborazione del Credo condiviso da tutte le Chiese e Comunità ecclesiali. Mentre siamo in cammino verso il ristabilimento della piena comunione tra tutti i cristiani, riconosciamo che questa unità non può che essere unità nella fede. In quanto Vescovo di Roma, considero uno dei miei doveri prioritari la ricerca del ristabilimento della piena e visibile comunione tra tutti coloro che professano la medesima fede in Dio Padre e Figlio e Spirito Santo. In realtà, quella per l’unità è sempre stata una mia costante preoccupazione, come testimonia il motto che ho scelto per il ministero episcopale: In Illo uno unum, un’espressione di Sant’Agostino di Ippona che ricorda come anche noi, pur essendo molti, «in Quell’unico – cioè Cristo – siamo uno» (Enarr. in Ps., 127, 3). La nostra comunione si realizza, infatti, nella misura in cui convergiamo nel Signore Gesù. Più siamo fedeli e obbedienti a Lui, più siamo uniti tra di noi. Perciò, come cristiani, siamo tutti chiamati a pregare e lavorare insieme per raggiungere passo dopo passo questa meta, che è e rimane opera dello Spirito Santo. Consapevole, inoltre, che sinodalità ed ecumenismo sono strettamente collegati, desidero assicurare la mia intenzione di proseguire l’impegno di Papa Francesco nella promozione del carattere sinodale della Chiesa Cattolica e nello sviluppo di forme nuove e concrete per una sempre più intensa sinodalità in campo ecumenico. Il nostro cammino comune può e deve essere inteso anche in un senso largo, che coinvolge tutti, nello spirito di fraternità umana a cui accennavo sopra. Oggi è tempo di dialogare e di costruire ponti. E pertanto sono lieto e riconoscente per la presenza dei Rappresentanti di altre tradizioni religiose, che condividono la ricerca di Dio e della sua volontà, che è sempre e solo volontà d’amore e di vita per gli uomini e le donne e per tutte le creature. Voi siete stati testimoni dei notevoli sforzi compiuti da Papa Francesco in favore del dialogo interreligioso. Attraverso le sue parole e le sue azioni, ha aperto nuove prospettive di incontro, per promuovere «la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio» (Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, Abu Dhabi, 4 febbraio 2019). E ringrazio il Dicastero per il Dialogo Interreligioso per il ruolo essenziale che svolge in questo paziente lavoro di incoraggiamento agli incontri e agli scambi concreti, volti a costruire relazioni basate sulla fratellanza umana. Desidero rivolgere un saluto particolare ai fratelli e alle sorelle ebrei e musulmani. A motivo delle radici ebraiche del cristianesimo, tutti i cristiani hanno una relazione particolare con l’ebraismo. La Dichiarazione conciliare Nostra aetate (n. 4) sottolinea la grandezza del patrimonio spirituale comune a cristiani ed ebrei, incoraggiando alla mutua conoscenza e stima. Il dialogo teologico tra cristiani ed ebrei rimane sempre importante e mi sta molto a cuore. Anche in questi tempi difficili, segnati da conflitti e malintesi, è necessario continuare con slancio questo nostro dialogo così prezioso. I rapporti tra la Chiesa Cattolica e i musulmani sono stati segnati da un crescente impegno per il dialogo e la fraternità, favorito dalla stima per questi fratelli e sorelle «che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini» (ibid., 3). Tale approccio, fondato sul rispetto reciproco e sulla libertà di coscienza, rappresenta una solida base per costruire ponti tra le nostre comunità. A tutti voi, Rappresentanti delle altre tradizioni religiose, esprimo la mia gratitudine per la vostra partecipazione a questo incontro e per il vostro contributo alla pace. In un mondo ferito dalla violenza e dai conflitti, ognuna delle comunità qui rappresentate reca il proprio apporto di saggezza, di compassione, di impegno per il bene dell’umanità e la salvaguardia della casa comune. Sono convinto che, se saremo concordi e liberi da condizionamenti ideologici e politici, potremo essere efficaci nel dire “no” alla guerra e “sì” alla pace, “no” alla corsa agli armamenti e “sì” al disarmo, “no” a un’economia che impoverisce i popoli e la Terra e “sì” allo sviluppo integrale. La testimonianza della nostra fraternità, che mi auguro potremo mostrare con gesti efficaci, contribuirà certamente a edificare un mondo più pacifico, come desiderano in cuor loro tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Carissimi, grazie ancora della vostra vicinanza. Invochiamo nei nostri cuori la benedizione di Dio: la sua infinita bontà e sapienza ci aiuti vivere come figli suoi e fratelli e sorelle tra di noi, perché cresca nel mondo la speranza. Vi ringrazio di cuore.
Il Papa pare deciso ad assumere come impegno del suo servizio pastorale alla Chiesa universale la missione della pace e dell’unità tra i popoli.
In questo tempo segnato da conflitti in varie parti del pianeta come tra Israele e Palestina, Russia e Ucraina, caratterizzato da divisioni e da estremi dibattiti ideologici, puntare sulla pace e la concordia pare significativo. Il Papa intende promuovere come ‘vie’ concrete per il raggiungimento di questi ‘nobili obiettivi’ il dialogo ecumenico ed interreligioso.
Rispettivamente il dialogo ecumenico fa riferimento al dialogo tra cristiani cattolici e cristiani di altre confessioni come ortodossi, protestanti, anglicani; il dialogo interreligioso, invece, si riferisce al dialogo tra la Chiesa Cattolica e le altre tradizioni religiose: Ebraismo, Islam, religioni orientali. Tale processo ha conosciuto i suoi più importanti sviluppi a partire dall’avvenimento storico epocale del Concilio Vaticano II (1962-1965) intrapreso dal Pontefice Giovanni XXIII e portato avanti con zelo dal celebre Paolo VI.
All’interno dei documenti del Vaticano II vi sono due fonti importanti per conoscere i fondamenti di queste sue rispettive forme di “dialogo” che mirano all’unità e alla pace ad intra e ad extra della Chiesa essi sono: il decreto sull’ecumenismo: “Unitatis Redintegratio” (dialogo tra confessioni cristiane) e la dichiarazione Nostra Aetate (dialogo tra religioni).
Inoltre, passi significativi sono stati compiuti anche dai Papi successivi Giovanni Paolo II con l’incontro interreligioso di Assisi nel 1986 in cui invitó tutte le religioni ad adoperarsi per la pace e l’unità e Papa Benedetto XVI, nonostante le cattive interpretazioni mediatiche, a Ratisbona nel 2006 in cui dopo aver illustrato l’intrinseco legame tra il Logos e la Rivelazione biblica ha affermato che tutto quanto non è secondo ragione è contrario alla natura stessa di Dio. Con tale lapidaria affermazione il Papa teologo dice no ad ogni forma di fondamentalismo e incoraggia al dialogo, alla pace e all’unità per il bene dell’uomo, di tutto l’uomo.
Papa Francesco con gesti concreti, parole e azioni si è posto sulla stessa scia dei suoi predecessori e il trattato di Abu Dhabi del 4 febbraio del 2019 ne costituisce una prova tangibile. Le stesse orme,dunque, sembra voler calcare Papa Leone XIV che ha ribadito la necessità di ‘costruire ponti’ e adoperarsi per la pace in un tempo di guerra e per l’unità in un tempo di forte divisioni.
Papa Leone riprende anche il discorso sulla sinodalità della Chiesa indicandone lo stretto legame con il “dialogo” come mezzo e strumento pedagogico per sviluppare, acquisire, porre in essere ‘processi’ di unità, concordia e fraternità universale. Un pontificato, dunque, che traccia le linee di un programma che ha a cuore il bene dell’umanità. È lecito supporre che Prevost per la sua solida formazione agostiniana intende da un lato promuovere un ‘ritorno’ alle fonti della fede (Bibbia e Tradizione) per un rinnovamento ad ‘intra’ della fede della Chiesa la quale, riappropriandosi della sua identità di “Popolo di Dio” potrà sviluppare un nuovo slancio missionario e questo sulla scia di Ratzinger; dall’altro lato Leone XIV intende proseguire sulla scia del cammino tracciato da Bergoglio da qui l’impegno per il ‘dialogo’, la ‘pace’, la ‘cura per il creato’. Ciò al fine di traghettare la Chiesa del terzo millennio con consapevolezza tra le complessità delle sfide che l’attualità impone.
Intanto, ieri, 20 maggio 2025, il Santo Padre ha ricevuto in Udienza Mons. Alberto Germán Bochatey, O.S.A., Vescovo Titolare di Monte di Mauritania, Ausiliare di La Plata (Argentina) e Mons. Héctor Miguel Cabrejos Vidarte, Arcivescovo emerito di Trujillo (Perù). Ancora, il Santo Padre: – ha nominato Nunzio Apostolico in Slovenia e Delegato Apostolico per il Kosovo Monsignor Luigi Bianco, Arcivescovo titolare di Falerone, finora Nunzio Apostolico in Uganda; – ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Paranaguá (Brasile) presentata da S.E. Mons. Edmar Perón; ha nominato Vescovo di Mende (Francia), il Rev.do Jean Pelletier, del clero della Diocesi di Angers, finora Superiore della Casa propedeutica Charles de Foucauld della Provincia Ecclesiastica di Rennes a Saint-Pern.
Ieri pomeriggio il Santo Padre Leone XIV si è recato nella Basilica di San Paolo fuori le Mura per venerare il “Trofeo” dell’Apostolo Paolo. Al Suo arrivo, il Santo Padre è stato accolto dal Padre Abate e dall’Arciprete della Basilica. Poi in processione, insieme ai monaci benedettini, è entrato in Basilica dalla Porta Santa e si è avviato verso l’abside. Arrivato alla Confessione, Papa Leone XIV è sceso per venerare il sepolcro di San Paolo. Quindi il Santo Padre si è rivolto ai presenti per introdurre la lettura di un brano della Lettera di San Paolo Apostolo ai Romani. Poi, dopo un breve momento di silenzio, si è recato all’altare per venerare il Trofeo dell’Apostolo.
Al termine, dopo la benedizione apostolica, il Papa si è congedato per rientrare in Vaticano. Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Santo Padre ha pronunciato nel corso della celebrazione.
Il brano biblico che abbiamo ascoltato è l’inizio di una bellissima lettera indirizzata da San Paolo ai cristiani di Roma, il cui messaggio ruota attorno a tre grandi temi: la grazia, la fede e la giustizia. Mentre affidiamo all’intercessione dell’Apostolo delle genti l’inizio di questo nuovo Pontificato, riflettiamo insieme sul suo messaggio.
San Paolo dice prima di tutto di aver avuto da Dio la grazia della chiamata (cfr Rm 1,5). Riconosce, cioè, che il suo incontro con Cristo e il suo ministero sono legati all’amore con cui Dio lo ha preceduto, chiamandolo ad un’esistenza nuova mentre era ancora lontano dal Vangelo e perseguitava la Chiesa. Sant’Agostino – anche lui un convertito – parla della stessa esperienza dicendo: «Cosa potremo noi scegliere, se prima non siamo stati scelti noi stessi? In effetti, se non siamo stati prima amati, non possiamo nemmeno amare» (Discorso 34, 2). Alla radice di ogni vocazione c’è Dio: la sua misericordia, la sua bontà, generosa come quella di una madre (cfr Is 66,12-14), che naturalmente, attraverso il suo stesso corpo, nutre il suo bambino quando è ancora incapace di alimentarsi da solo (cfr S. Agostino, Esp. sul Salmo 130, 9).
Paolo, però, nello stesso brano, parla anche di «obbedienza della fede» (Rm 1,5), e pure qui condivide ciò che ha vissuto. Il Signore, infatti, apparendogli sulla via di Damasco (cfr At 9,1-30), non lo ha privato della sua libertà, ma gli ha lasciato la possibilità di una scelta, di una obbedienza frutto di fatica, di lotte interiori ed esteriori, che lui ha accettato di affrontare. La salvezza non viene per incanto, ma per un mistero di grazia e di fede, di amore preveniente di Dio, e di adesione fiduciosa e libera da parte dell’uomo (cfr 2Tm 1,12).
Mentre allora ringraziamo il Signore per la chiamata con cui ha trasformato la vita di Saulo, gli chiediamo di saper anche noi rispondere ai suoi inviti allo stesso modo, facendoci testimoni dell’amore «riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). Gli chiediamo di saper coltivare e diffondere la sua carità, facendoci prossimi gli uni per gli altri (cfr Francesco, Omelia dei II Vespri nella Solennità della Conversione di San Paolo, 25 gennaio 2024), nella stessa gara di affetti che, dall’incontro con Cristo, ha spinto l’antico persecutore a farsi “tutto a tutti” (cfr 1Cor 9,19-23), fino al martirio. Così, per noi come per lui, nella debolezza della carne si rivelerà la potenza della fede in Dio che giustifica (cfr Rm 5,1-5).
Questa Basilica da secoli è affidata alla cura di una Comunità benedettina. Come non ricordare, allora, parlando dell’amore come fonte e motore dell’annuncio del Vangelo, gli insistenti appelli di San Benedetto, nella sua Regola, alla carità fraterna nel cenobio e all’ospitalità verso tutti (Regola, capp. LIII; LXIII)?
Ma vorrei concludere richiamando le parole che, più di mille anni dopo, un altro Benedetto, Papa Benedetto XVI, rivolgeva ai giovani: «Cari amici – diceva – Dio ci ama. Questa è la grande verità della nostra vita e che dà senso a tutto il resto […]. All’origine della nostra esistenza c’è un progetto d’amore di Dio», e la fede ci porta ad «aprire il nostro cuore a questo mistero di amore e a vivere come persone che si riconoscono amate da Dio» (Omelia nella Veglia di preghiera con i giovani, Madrid, 20 agosto 2011). È qui la radice, semplice e unica, di ogni missione, anche della mia, come successore di Pietro ed erede dello zelo apostolico di Paolo. Mi dia il Signore la grazia di rispondere fedelmente alla sua chiamata.
Sempre ieri, in un videomessaggio alla Pontificia Università Cattolica di Rio de Janeiro in occasione del 10° anniversario dell’Enciclica “Laudato si’”, il Santo Padre Leone XIV ha detto: Cari fratelli e sorelle, voglio inviare questo saluto, un grande saluto, alla Rete delle Università per la Cura della Casa Comune. So che siete riuniti alla Pontificia Università Cattolica di Rio de Janeiro e che avete questa bella occasione del 10° anniversario del documento del Santo Padre Francesco, l’Enciclica Laudato si’. So che state per fare un lavoro sinodale di discernimento in preparazione alla COP30. Rifletterete insieme su una possibile remissione del debito pubblico e del debito ecologico, una proposta che Papa Francesco aveva suggerito nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace. E in questo anno giubilare, un anno di speranza, questo messaggio è così importante. Vorrei incoraggiare voi, rettori universitari, in questa missione che avete assunto: essere costruttori di ponti di integrazione tra le Americhe e la Penisola Iberica, lavorando per la giustizia ecologica, sociale e ambientale. Vi ringrazio tutti per i vostri sforzi e il vostro lavoro. Vi incoraggio a continuare a costruire ponti. E vorrei concludere con una benedizione, confidando che la grazia di Dio sia sempre con noi: Che la benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo scenda su di voi e vi accompagni sempre. Amen.
Il 25 maggio 2025, VI domenica di Pasqua, alle ore 17.00, nella Basilica Papale di San Giovanni in Laterano, il Santo Padre Leone XIV presiederà la Celebrazione Eucaristica e prenderà possesso della Cathedra Romana.