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AGOSTINO D’IPPONA – UN GIGANTE DELLA STORIA
“Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti e arsi di desiderio della tua pace” (Confessioni 10,27,38)
Aurelio Agostino d’Ippona (in latino Aurelius Augustinus Hipponensis) nacque a Tagaste (nell’attuale Algeria) il 13 novembre 354, morì a Ippona (sempre in Algeria) il 28 agosto 430.
Sant’Agostino fu uno dei più straordinari personaggi della storia dell’umanità, dottore della Chiesa, chiamato anche Dottore della Grazia, grande scrittore in latino, teologo eccelso, oratore brillante, filosofo, poeta, mistico, pastore, vescovo, uno dei fondatori della Chiesa e del Cristianesimo moderno, come moderno fu lui, intellettuale complesso dall’anima tormentata che trova pace e la verità dopo un complesso e travagliato percorso interiore. Dopo la conversione dal manicheismo e dallo scetticismo al Cristianesimo, Agostino spazzò via tutte le eresie dell’epoca – ariani, pelagiani, manichei, pagani – con un’attività episcopale straordinaria e con opere di eccezionale profondità teologica e filosofica, e pose le basi del Cristianesimo con la sua potente riflessione sui temi della Grazia, del male, della Trinità, dell’escatologia, della Redenzione, dell’ascetica, della mistica.
In Agostino – ogni anno momento finale e glorioso della mia attività di docente di letteratura latina – c’è tutto, amore, pentimento, ricerca interiore, qualità morali, preghiera. Per la vastità dell’ingegno e delle opere (La Città di Dio, le Confessioni, De doctrina Christiana, De Trinitate su tutte) al di là anche degli aspetti religiosi, Agostino d’Ippona è uno dei pilastri della cultura d’ogni tempo.
“Egli rimane un pensatore e uno scrittore, al quale le ripetute attestazioni del magistero e la stima continua dei teologi posteriori – tra essi non ultimo s. Tommaso – hanno conferito una particolare autorità. Questa, se non autorizza nessuno a preferirne l’insegnamento a quello della chiesa (Denzinger 2330), non consente neppure, d’altra parte, di metterne in dubbio l’ortodossia o di negarne il servizio incomparabile reso alla chiesa stessa e alla civiltà cristiana.
Che il suo insegnamento sia stato interpretato lungo i secoli in maniere tanto diverse non è segno di oscurità: Agostino non è un autore oscuro, ma neppure un autore facile. Non è facile per molte ragioni: per la profondità del pensiero, per la molteplicità delle opere, per la vastità delle questioni affrontate e il modo differente di affrontarle, per la diversità del linguaggio e qualche volta l’incertezza propria dei grandi iniziatori, per l’evoluzione del pensiero stesso e la mancanza di sistemazione; e anche, in ultimo, per i limiti che esso, come ogni pensiero umano, possiede. Solo chi riesce pazientemente a superare queste difficoltà troverà il vero Agostino, quello degli scritti, quello della storia, molto più ricco e più armonioso di quanto non appaia attraverso frettolose interpretazioni o agostinismi di moda”.
Il mio primo autentico incontro con Sant’Agostino è stato di natura letteraria, insegnando letteratura italiana e latina nei licei. In letteratura italiana, parlando del Petrarca, poeta perfetto in tutti gli altri aspetti, trovavo la modernità, più che ancora in Dante, poeta-profeta che racchiudeva tutto il Medioevo. Francesco Petrarca, in questo dialogo intimo in latino, il Secretum, tra lui e l’Uomo di Ippona, è l’uomo moderno che riflette sulle proprie colpe e suoi propri peccati e, dopo un profondo e severo esame di coscienza, promette di cambiare vita, disprezzando i beni terreni. Questo dialogo, scritto tra il 1342 e il 1343, è l’opera che annuncia il Canzoniere (Rerum vulgarium fragmenta), i Trionfi e in fondo tutta l’altissima produzione del poeta di Laura. La quale Laura, forse lo sanno in pochi, in fondo è l’errore giovanile, il peccato da cui salvarsi. Insomma, non è la Beatrice salvifica di Dante. Il Secretum – e tutto sommato il senso dell’esistenza di Agostino – è l’eterna rappresentazione del contrasto tra i desideri terreni e l’aspirazione alla purezza, alla salvezza dell’anima in Dio. Mentre l’Alighieri ci presenta in modo plastico e simbolico, profetico, il viaggio interiore ma anche esteriore della salvezza, Petrarca è l’uomo moderno, come l’Agostino delle Confessiones è il fondatore del Cristianesimo moderno, che, rappresentando per il poeta il perfetto modello etico e letterario, conduce l’anima e la coscienza al superamento delle passioni terrene e al cammino che si conclude con la conoscenza della Verità, interlocutrice silenziosa sempre presente nel dialogo, e della trascendenza.
La modernità di Francesco e di Agostino (che in fondo è una proiezione della sua tormentata coscienza) è tutta qui: la futilità del dolore che dipende dalle passioni mondane, una nullità di fronte alla morte che accomuna l’umanità, mentre è importante solo la conoscenza di Dio, che solo sopravvive alla morte, mentre il poeta non sa rinunciare alle illusioni del mondo terreno. Agostino sprona il poeta a rinunciare alle ambizioni e alle illusioni del mondo terreno, sembra un buddismo che ha però come obiettivo finale non l’uomo che supera il dolore solo con la rinuncia ma l’ascesa verso Dio. E dopo aver descritto i sette vizi capitali al poeta, Agostino analizza le passioni, e sottolinea i veri peccati capitali del poeta perfetto, quelli a cui lui non sa rinunciare, l’amore per Laura e il desiderio di gloria, i due veri vani affanni mondani – dei quali, in fondo, il poeta non si libererà mai, diciamo noi – che distolgono il poeta da Dio e dalla salvezza della sua anima. E difatti Laura sarà sempre presente nell’opera del poeta, così come il suo desiderio di gloria. Così agostino e Francesco si consegnano a noi in tutta la loro complessità e profondità di uomini moderni. Come moderni sono gli scrittori di riferimento del poeta, il Cicerone delle Tusculanae disputationes, e il Seneca della filosofia stoica, con riferimento alle Epistole morali a Lucilio e al De tranquillitate animi (Sulla serenità dell’animo). E – ovviamente – le Confessiones di Sant’Agostino. E tutto si intreccia, come in Agostino, in una profonda meditazione tra vita e morte, tra passioni umane e il trascorrere inesorabile del tempo, tra godimenti terreni e Grazia divina.
La Grazia e il libero arbitrio. Ci sarebbe molto da dire su questi che io ritengo i due percorsi più difficili del pensiero agostiniano, ma noi che siamo, ahimè, solo poveri professori di letteratura lasciamo ai teologi il dibattito su questi temi, non prima di aver detto che il protestantesimo di Martin Lutero non è figlio di Agostino ma di una storia diversa e di un tempo molto più lontano. Vogliamo invece aggiungere solo una nota sull’opera più moderna del Santo, le Confessiones.
Nelle Confessiones, autobiografia sotto forma di conversazioni tra Sant’Agostino e i suoi amici, protagonista è soprattutto la vita, la ricerca di Dio, il rapporto con la letteratura latina, che in fondo finisce con lui, un’analisi della sua formazione culturale e umana, la crescita come persona riflettendo sulla sua gioventù e sui suoi peccati. Egli ammira Cicerone e la retorica, ma riflette anche sulla vanità delle ambizioni, affermando che anche la retorica deve essere al servizio della Verità. In Virgilio e in Enea troverà la ricerca spirituale, in Orazio l’esortazione a godere del presente, invece di cercare una vana perfezione, ché la virtù si acquisisce anche vivendo in modo attivo il presente. Agostino, insomma, è un autore sterminato che unisce classicità e modernità, che ha enormemente influenzato il pensiero moderno, dal Kierkegaard della ricerca interiore alle domande esistenziali, ad Albert Camus che, benché ateo, affronta il problema della giustizia e del male, dell’esperienza dell’assurdità umana in un mondo senza Dio, temi presenti nella “Città di Dio.” Temi agostiniani troviamo infine nella letteratura russa, in Dostoevskij, in Bulgakov, in tutto ciò che è moderno, il bene che confligge con il male, il peccato con la redenzione.
Insomma, Sant’Agostino, filosofo e letterato, teologo, come Dante, Seneca, Leopardi, Petrarca e tanti altri grandi, è un autore fondamentale per la comprensione della condizione umana e del senso della vita, che può aiutare tutti, giovani e vecchi, ad affrontare i problemi e le sfide del tempo odierno, classico perché intramontabile ed eterno, di smisurata grandezza.