A cura della Redazione
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PAPA LEONE XIV: OCCORRE “CONDIVIDERE CON OGNI LUOGO E POPOLO LA SUBLIMITÀ DELLA CONOSCENZA DI GESÙ CRISTO“
Ieri, 22 maggio 2025, il Santo Padre Leone XIV ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Ituiutaba (Brasile) presentata da S.E. Mons. Irineu Andreassa, O.F.M. Il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di Ituiutaba (Brasile) S.E. Mons. Valter Magno de Carvalho, trasferendolo dalla Sede titolare di Giufi e dall’Ufficio di Ausiliare dell’Arcidiocesi Metropolitana di São Salvador da Bahia.
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Sankt Gallen (Svizzera), presentata da S.E. Mons. Markus Büchel. Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Sankt Gallen (Svizzera) il Rev.do Can. Beat Grögli, del clero della medesima Diocesi e Parroco della Cattedrale.
Il Santo Padre ha eretto la Provincia Ecclesiastica di São José do Rio Preto (Brasile), elevando a Chiesa Metropolitana la Sede di São José do Rio Preto ed assegnandole come suffraganee le Diocesi di Barretos, Catanduva, Jales e Votuporanga, finora appartenenti alla Provincia Ecclesiastica di Ribeirão Preto. La Provincia Ecclesiastica di Ribeirão Preto (Brasile) conserva le Diocesi suffraganee di Franca, Jaboticabal e São João da Boa Vista. Contestualmente, il Papa ha nominato primo Arcivescovo Metropolita di São José do Rio Preto S.E. Mons. Antônio Emídio Vilar, S.D.B., finora Vescovo della medesima Sede.
Il Santo Padre ha nominato Vescovo di San Diego (U.S.A.) S.E. Mons. Michael M. Pham, finora Vescovo titolare di Cercina ed Ausiliare di San Diego (U.S.A.).
Il Santo Padre ha nominato Segretario del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica la Reverenda Suora Tiziana Merletti, già Superiora Generale delle Suore Francescane dei Poveri. Suor Merletti è nata il 30 settembre 1959 a Pineto (TE). Nel 1986 ha emesso la prima professione religiosa nell’Istituto delle Suore Francescane dei Poveri. Ha conseguito, nel 1984, la Laurea in Giurisprudenza presso l’allora Libera Università Abruzzese degli Studi “Gabriele d’Annunzio” a Teramo e, nel 1992, il Dottorato in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Lateranense a Roma. Dal 2004 al 2013 è stata Superiora Generale del suo Istituto religioso. Attualmente è Docente presso la Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Antonianum a Roma e collabora in qualità di canonista con l’Unione Internazionale delle Superiore Generali.
Sempre ieri il Santo Padre ha ricevuto in Udienza i partecipanti alla Plenaria del Dicastero per i Vescovi, il Cardinale Kevin Joseph Farrell, Prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, i partecipanti all’Assemblea Generale delle Pontificie Opere Missionarie, il Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, Mons. Giordano Piccinotti, S.D.B., Arcivescovo tit. di Gradisca, Presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica.
Durante l’Udienza concessa al Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, il Sommo Pontefice ha autorizzato il medesimo Dicastero a promulgare i Decreti riguardanti: – l’offerta della vita del Servo di Dio Alessandro Labaka Ugarte (in religione: Manuel), dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, Vescovo tit. di Pomaria, Vicario Apostolico di Aguarico; nato il 19 aprile 1920 a Beizama (Spagna), e morto il 21 luglio 1987 nella zona di Tigüino (Ecuador); – l’offerta della vita della Serva di Dio Agnese Arango Velásquez (in religione: Maria Nieves de Medellín), Suora professa della Congregazione delle Terziarie Cappuccine della Sacra Famiglia; nata a Medellín (Colombia) il 6 aprile 1937 e morta il 21 luglio 1987 nella zona di Tigüino (Ecuador); – le virtù eroiche del Servo di Dio Matteo Makil, Vescovo tit. di Tralle, Primo Vicario Apostolico di Kottayam, Fondatore della Congregazione delle Suore della Visitazione della Beata Vergine Maria; nato il 27 marzo 1851 a Manjoor (India) e morto il 26 gennaio 1914 a Kottayam (India).
Ricevendo in Udienza i partecipanti all’Assemblea Generale delle Pontificie Opere Missionarie il Santo Padre Leone XIV ha detto quanto segue.
Desidero esprimere innanzitutto la mia gratitudine a voi e ai vostri associati per il servizio offerto, che è indispensabile per la missione di evangelizzazione della Chiesa, come posso testimoniare personalmente dalla mia esperienza pastorale negli anni di ministero in Perù. Le Pontificie Opere Missionarie sono effettivamente il «mezzo principale» per risvegliare la responsabilità missionaria di tutti i battezzati e per sostenere le comunità ecclesiali nelle aree in cui la Chiesa è giovane (cfr Decreto Ad Gentes, 38). Lo vediamo nella Pontificia Opera della Propagazione della Fede, che fornisce aiuti a programmi pastorali e catechistici, alla costruzione di nuove chiese, all’assistenza sanitaria e alle necessità educative nei territori di missione. Anche la Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria sostiene programmi di formazione cristiana per i bambini, oltre a occuparsi dei loro bisogni primari e della loro protezione. Allo stesso modo, la Pontificia Opera di San Pietro Apostolo aiuta a coltivare le vocazioni missionarie, sia sacerdotali e sia religiose, mentre la Pontificia Unione Missionaria si impegna a formare sacerdoti, religiosi e religiose e tutto il Popolo di Dio per l’attività missionaria della Chiesa.
La promozione dello zelo apostolico tra le genti rimane un aspetto essenziale del rinnovamento della Chiesa previsto dal Concilio Vaticano II, ed è ancora più urgente oggi. Il nostro mondo, ferito dalla guerra, dalla violenza e dall’ingiustizia, ha bisogno di ascoltare il messaggio evangelico dell’amore di Dio e di sperimentare il potere riconciliante della grazia di Cristo. In questo senso, la Chiesa stessa, in tutti i suoi membri, è sempre più chiamata ad essere «una Chiesa missionaria che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola… e che diventa lievito di concordia per l’umanità» (Omelia, Messa di inizio Pontificato, 18 maggio 2025). Dobbiamo portare a tutti i popoli, anzi a tutte le creature, la promessa evangelica di una pace vera e duratura, che è possibile perché, secondo le parole di Papa Francesco, «il Signore ha vinto il mondo e la sua permanente conflittualità avendolo «pacificato con il sangue della sua croce»» (Evangelii Gaudium, 229). Perciò vediamo l’importanza di promuovere uno spirito di discepolato missionario in tutti i battezzati e il senso dell’urgenza di portare Cristo a tutti i popoli. A questo proposito, vorrei ringraziare voi e i collaboratori per l’impegno profuso ogni anno nel promuovere la Giornata Missionaria Mondiale, la penultima domenica di ottobre, che mi è di immenso aiuto nella mia cura per le Chiese delle aree che sono di competenza del Dicastero per l’Evangelizzazione.
Oggi, come nei giorni successivi alla Pentecoste, la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, prosegue il cammino nella storia con fiducia, gioia e coraggio, annunciando il nome di Gesù e la salvezza che nasce dalla fede nella verità salvifica del Vangelo. Le Pontificie Opere Missionarie sono una parte importante di questo grande impegno. Nell’attività di coordinamento della formazione e di animazione dello spirito missionario a livello locale, vorrei chiedere ai Direttori Nazionali di dare priorità alla visita nelle Diocesi, nelle Parrocchie e nelle comunità, aiutando e aiutare così i fedeli a riconoscere l’importanza fondamentale delle missioni e del sostegno ai nostri fratelli e sorelle in quelle aree del mondo dove la Chiesa è giovane e in crescita.
Prima di concludere queste parole stamattina, vorrei riflettere con voi su due elementi distintivi della vostra identità di Pontificie Opere Missionarie. Possono essere definiti comunione e universalità. Come Pontificie Opere impegnate a condividere il mandato missionario del Papa e del Collegio Episcopale, siete chiamate a coltivare e a promuovere ulteriormente tra i vostri membri la visione della Chiesa come comunione di credenti, vivificata dallo Spirito Santo, che ci permette di entrare nella perfetta comunione e armonia della Santissima Trinità. È infatti nella Trinità che tutte le cose trovano unità. Questa dimensione della vita e missione cristiana mi sta a cuore e si riflette nelle parole di Sant’Agostino che ho scelto per il mio servizio episcopale e ora per il mio ministero papale: In Illo uno unum. Cristo è il nostro Salvatore e in lui siamo uno, una famiglia di Dio, al di là della ricca varietà di lingue, culture ed esperienze. La consapevolezza della comunione come membra del Corpo di Cristo ci apre naturalmente alla dimensione universale della missione di evangelizzazione della Chiesa e ci ispira a superare i confini delle singole Parrocchie, Diocesi e Nazioni, per condividere con ogni luogo e popolo la sublimità della conoscenza di Gesù Cristo (cfr Fil 3,8).
Una rinnovata attenzione all’unità e all’universalità della Chiesa corrisponde esattamente all’autentico carisma delle Pontificie Opere Missionarie, il quale, dovrebbe ispirare il processo di rinnovamento degli statuti che avete avviato. A tal proposito, sono fiducioso che questo percorso confermerà i membri delle Pontificie Opere in tutto il mondo nella vocazione a essere lievito dello zelo missionario del Popolo di Dio.
Cari amici, la celebrazione di questo Anno Santo sfida tutti noi a essere «pellegrini di speranza». Riprendendo le parole che Papa Francesco ha scelto come tema per la Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno, vorrei concludere incoraggiandovi a continuare a essere «Missionari di speranza tra le genti». Affidando voi, i vostri benefattori e tutti coloro che collaborano nella vostra importante opera, all’amorevole intercessione di Maria, la Madre della Chiesa, imparto di cuore la Benedizione Apostolica come pegno di gioia e pace durature nel Signore.
Mercoledì 21 maggio 2025, in occasione dell’Udienza Generale in Piazza San Pietro, il Santo Padre Leone XIV ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nel discorso in lingua italiana, il Papa riprendendo il nuovo ciclo di catechesi che si svolgerà lungo l’intero Anno Giubilare, “Gesù Cristo nostra speranza”, ha incentrato la sua meditazione sul tema “Il seminatore. Egli parlò loro di molte cose con parabole (Mt 13,3a)”. Dopo aver riassunto la Sua catechesi nelle diverse lingue, il Santo Padre ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai fedeli presenti. Quindi ha rivolto un appello per la situazione nella Striscia di Gaza (“È sempre più preoccupante e dolorosa la situazione nella Striscia di Gaza. Rinnovo il mio appello accorato a consentire l’ingresso di dignitosi aiuti umanitari e a porre fine alle ostilità, il cui prezzo straziante è pagato dai bambini, dagli anziani, dalle persone malate”). L’Udienza Generale si è conclusa con la recita del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.
Nella catechesi del Santo Padre in lingua italiana, il Papa ha detto: Cari fratelli e sorelle, Sono lieto di accogliervi in questa mia prima Udienza generale. Riprendo oggi il ciclo di catechesi giubilari, sul tema «Gesù Cristo Nostra Speranza», iniziate da Papa Francesco. Continuiamo oggi a meditare sulle parabole di Gesù, che ci aiutano a ritrovare la speranza, perché ci mostrano come Dio opera nella storia. Oggi vorrei fermarmi su una parabola un po’ particolare, perché si tratta di una specie di introduzione a tutte le parabole. Mi riferisco a quella del seminatore (cfr Mt 13,1-17). In un certo senso, in questo racconto possiamo riconoscere il modo di comunicare di Gesù, che ha tanto da insegnarci per l’annuncio del Vangelo oggi. Ogni parabola racconta una storia che è presa dalla vita di tutti i giorni, eppure vuole dirci qualcosa in più, ci rimanda a un significato più profondo. La parabola fa nascere in noi delle domande, ci invita a non fermarci all’apparenza. Davanti alla storia che viene raccontata o all’immagine che mi viene consegnata, posso chiedermi: dove sono io in questa storia? Cosa dice questa immagine alla mia vita? Il termine parabola viene infatti dal verbo greco paraballein, che vuol dire gettare innanzi. La parabola mi getta davanti una parola che mi provoca e mi spinge a interrogarmi. La parabola del seminatore parla proprio della dinamica della parola di Dio e degli effetti che essa produce. Infatti, ogni parola del Vangelo è come un seme che viene gettato nel terreno della nostra vita. Molte volte Gesù utilizza l’immagine del seme, con diversi significati. Nel capitolo 13 del Vangelo di Matteo, la parabola del seminatore introduce una serie di altre piccole parabole, alcune delle quali parlano proprio di ciò che avviene nel terreno: il grano e la zizzania, il granellino di senape, il tesoro nascosto nel campo. Cos’è dunque questo terreno? È il nostro cuore, ma è anche il mondo, la comunità, la Chiesa. La parola di Dio, infatti, feconda e provoca ogni realtà. All’inizio, vediamo Gesù che esce di casa e intorno a Lui si raduna una grande folla (cfr Mt 13,1). La sua parola affascina e incuriosisce. Tra la gente ci sono ovviamente tante situazioni differenti. La parola di Gesù è per tutti, ma opera in ciascuno in modo diverso. Questo contesto ci permette di capire meglio il senso della parabola. Un seminatore, alquanto originale, esce a seminare, ma non si preoccupa di dove cade il seme. Getta i semi anche là dove è improbabile che portino frutto: sulla strada, tra i sassi, in mezzo ai rovi. Questo atteggiamento stupisce chi ascolta e induce a domandarsi: come mai? Noi siamo abituati a calcolare le cose – e a volte è necessario –, ma questo non vale nell’amore! Il modo in cui questo seminatore “sprecone” getta il seme è un’immagine del modo in cui Dio ci ama. È vero infatti che il destino del seme dipende anche dal modo in cui il terreno lo accoglie e dalla situazione in cui si trova, ma anzitutto in questa parabola Gesù ci dice che Dio getta il seme della sua parola su ogni tipo di terreno, cioè in qualunque nostra situazione: a volte siamo più superficiali e distratti, a volte ci lasciamo prendere dall’entusiasmo, a volte siamo oppressi dalle preoccupazioni della vita, ma ci sono anche i momenti in cui siamo disponibili e accoglienti. Dio è fiducioso e spera che prima o poi il seme fiorisca. Egli ci ama così: non aspetta che diventiamo il terreno migliore, ci dona sempre generosamente la sua parola. Forse proprio vedendo che Lui si fida di noi, nascerà in noi il desiderio di essere un terreno migliore. Questa è la speranza, fondata sulla roccia della generosità e della misericordia di Dio. Raccontando il modo in cui il seme porta frutto, Gesù sta parlando anche della sua vita. Gesù è la Parola, è il Seme. E il seme, per portare frutto, deve morire. Allora, questa parabola ci dice che Dio è pronto a “sprecare” per noi e che Gesù è disposto a morire per trasformare la nostra vita. Ho in mente quel bellissimo dipinto di Van Gogh: Il seminatore al tramonto. Quell’immagine del seminatore sotto il sole cocente mi parla anche della fatica del contadino. E mi colpisce che, alle spalle del seminatore, Van Gogh ha rappresentato il grano già maturo. Mi sembra proprio un’immagine di speranza: in un modo o nell’altro, il seme ha portato frutto. Non sappiamo bene come, ma è così. Al centro della scena, però, non c’è il seminatore, che sta di lato, ma tutto il dipinto è dominato dall’immagine del sole, forse per ricordarci che è Dio a muovere la storia, anche se talvolta ci sembra assente o distante. È il sole che scalda le zolle della terra e fa maturare il seme. Cari fratelli e sorelle, in quale situazione della vita oggi la parola di Dio ci sta raggiungendo? Chiediamo al Signore la grazia di accogliere sempre questo seme che è la sua parola. E se ci accorgessimo di non essere un terreno fecondo, non scoraggiamoci, ma chiediamo a Lui di lavorarci ancora per farci diventare un terreno migliore.
Ai pellegrini di lingua italiana ha detto: Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i sacerdoti del Pontificio Seminario Lombardo e i Legionari di Cristo, e li esorto a fondare la loro vita su Gesù e sulla salda roccia della sua Parola, per esserne coraggiosi annunciatori. Saluto inoltre le Suore di San Giuseppe di Annecy e le Monache della Passione di Gesù Cristo, che celebrano i rispettivi Capitoli generali: care sorelle, vi accompagno con la mia preghiera affinché il Signore renda fruttuoso il vostro impegno apostolico. Accolgo con affetto i gruppi parrocchiali e li incoraggio a seguire con fedeltà il Vangelo, per essere cristiani autentici in famiglia e in ogni altro ambiente. Il mio pensiero va infine ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli, augurando a ciascuno di servire sempre Dio nella gioia e di amare il prossimo con spirito evangelico. E non possiamo concludere questo nostro incontro senza ricordare con tanta gratitudine l’amato Papa Francesco, che proprio un mese fa è tornato alla casa del Padre. A tutti la mia benedizione.