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NONOSTANTE I COLPI DI SCENA IL MASSACRO CONTINUA
Come abbiamo detto fin dall’inizio l’Ucraina difficilmente avrebbe potuto vincere la guerra iniziata dalla Russia con la sua “Operazione speciale” e questo perché le risorse militari, industriali ed economiche di Kiev non sono in grado di sostenere uno scontro prolungato con l’ingombrante vicino, che ha dalla sua 145 milioni di abitanti per rimpiazzare le cospicue perdite umane imposte dal conflitto, un parco di mezzi corazzati, blindati e artiglierie ereditati dall’Armata Rossa che pur essendosi sensibilmente “consumato” in tre anni ha comunque dato il tempo all’appartato industriale di riconvertirsi alla produzione bellica e un apparato economico molto più dinamico di quello ucraino, al momento alimentato quasi esclusivamente dalle esportazioni di grano e cereali, il quale non si è ripreso dallo shock del 2022 che ha visto un calo del Pil del 28,8%.
Nonostante la dipendenza dalle forniture esterne la volontà di resistenza e la combattività degli ucraini hanno fatto miracoli in questi tre anni, riuscendo non solo a tenere sul piano militare, nonostante gli insufficienti aiuti occidentali, elargiti in ritardo e col contagocce, ma ad impantanare il nemico in una guerra di usura che già di per sé è un grave smacco politico sul piano internazionale per un Paese che ambiva a dimostrare il suo ancora effettivo ruolo di potenza mondiale e che invece non è riuscito a piegare un avversario tanto modesto, almeno sulla carta.
Il risultato è che la guerra prosegue con costi enormi per entrambe le parti, anche se Kiev dimostra di non essere ancora definitivamente alle corde, a giudicare dal riuscito raid compiuto con i droni su cinque basi aeree russe – tra le quali Belaya in Siberia e Olenya nella regione di Murmansk – situate in profondità sul territorio della Federazione dove è stato distrutto quasi un terzo, secondo fonti ancora da verificare, della flotta di bombardieri strategici Tupolev Tu-95MS, Tu-22M3 oltre ad radar A-50.
Si è trattato di un colpo durissimo per l’orgoglio di Vladimir Putin e per l’intera forza armata russa che probabilmente non potrà più rimpiazzare gli aerei, utilizzati sia per bombardare con i missili le città ucraine, sia per il trasporto di testate atomiche.
Tuttavia il successo non riuscirà a cambiare le sorti sul campo, dove le truppe di Kiev sono in continua e costante arretramento e dove alcuni analisti temono un imminente crollo del morale da parte dei soldati, i quali sopportano da mesi durissime condizioni con scarsa possibilità di avere rimpiazzi e avvicendamenti date le difficoltà di reclutamento tra la popolazione di appena 35 milioni, considerati gli espatri e l’immigrazione, anche degli anni precedenti il conflitto, la quale deve anche assicurare pure il funzionamento del “fronte interno”.
Quello ancora in corso sembra essere quindi un conflitto che ormai ha assunto, almeno da parte russa, connotazioni ideologiche in quanto comunque i costi sostenuti vanno ben al di là dei vantaggi materiali di una annessione totale o parziale dei territori ucraini. Conflitto oltretutto destinato a durare ancora, dal momento che entrambi i contendenti non sembrano in grado di vincere ma neppure si possono permettere di perdere. Gli Ucraini si vedrebbero privati non solo di parti importanti del loro territorio ma vedrebbero compromessa, se non perduta, la loro indipendenza. I Russi ne ricaverebbero uno smacco dal quale potrebbero non riprendersi, con gravissime ripercussioni interne. Anche per questo Putin sembra rifiutare ogni possibilità di dialogo per giungere alla pace, sapendo che la Russia può resistere molto più degli ucraini e sperando in un loro crollo.
In tutto questo ancora una volta gli europei hanno mostrato la loro inconsistenza politica e scarsissima lungimiranza. Non solo hanno compromesso la possibilità di chiudere in fretta il conflitto con la loro titubanza nel dare a Kiev le armi che le servivano, soprattutto dopo lil successo dell’offensiva del Settembre-Novembre 2022, quando si sarebbe potuto verificare un crollo del fronte russo, ma si sono anche trovati fuori dall’accenno di trattativa intavolata da Donald Trump con Vladimir Putin all’indomani della rielezione del Ticoon americano.
L’Europa sembra svegliarsi solo adesso, e tardivamente, dalla sua catalessi mostrando di voler rimpiazzare gli Stati Uniti nel fornire di missili, armi e munizioni, una Ucraina ormai sempre più esausta; un attivismo che potrebbe avere il risultato di mettere ancora più alle corde un Putin che sa di doversi ormai giocare il tutto per tutto se vuole sopravvivere politicamente e soprattutto se non vuole passare alla storia come colui che ha trascinato la Russia in una avventura fallimentare che potrebbe addirittura suscitare nel Paese gravi sconvolgimenti interni.
Insomma, la corda già tesa rischia di arrivare ad un punto di rottura e le cancellerie non soltanto europee farebbero bene a darsi una mossa nel cercare di arrivare ad un accordo che possa vere almeno una parvenza di equità per entrambe le parti. Ma considerati i soggetti in gioco c’è da dubitarne. Intanto russi e ucraini continuano a morire a cataste.