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UNA RIFLESSIONE SULLA SOLITUDINE, SULLO SPAZIO, SULLA STORIA, SUL TEMPO DI DIO
Hai ragione tu, lupo della steppa; mille volte ragione, eppure devi perire. Per questo mondo odierno, semplice, comodo, di facile contentatura, tu hai troppe pretese, troppa fame, ed esso ti rigetta, perché hai una dimensione in più. Chi vuole vivere oggi e godere la vita non deve essere come te o come me. Chi pretende musica invece di miagolio, gioia invece di divertimento, anima invece di denaro, lavoro invece di attività, passione invece di trastullo, per lui questo bel mondo non è una patria…
Hermann Hesse, Il lupo della steppa
Le tre del mattino. Come la vogliamo chiamare? L’ora che non ha più passato? L’ora che non può più fuggire? L’ora che non ha più rimpianti? L’ora che non ha più rimorsi? L’ora che non ha più sorelle, con le parole di Paul Celan? Oppure l’ora del coraggio, l’ora più insicura della notte che non è più sera e non è ancora aurora?
Sì, il coraggio è quello delle tre del mattino, dice Napoleone. Sì, le tre del mattino è l’ora di Napoleone, di Alessandro, di Cesare, l’ora dei Grandi: l’ora della Storia.
Le tre del mattino è l’ora della creazione, quando Dio, per amore, creò l’universo.
Le tre del mattino, sì, è l’ora in cui il mondo è stato creato, l’ora senza luce, in cui nemmeno il buio era buio, né il silenzio era silenzio. È l’ora in cui lo spazio non era spazio, e il tempo non era ancora tempo.
Le tre del mattino è l’ora in cui Dio diede inizio allo spazio e al tempo, alla storia, che erano già dentro la sua mente.
Osservi il cielo e vedi Venere, Marte, Giove e Saturno, vedi Betelgeuse, Sirio e Aldebaran, Pegaso, Andromeda e Cassiopea, vedi il trionfo delle costellazioni.
Ma tu sei solo. È l’ora peggiore. È l’ora in cui sei solo. È l’ora in cui devi fare i conti con la tua vita. Soprattutto, i conti, quelli che non tornano. È l’ora in cui ti senti angosciato. Pensi di avere fallito, che non ce la fai più. Pensi che il tuo problema è troppo grande, e che non si risolverà.
Le tre del mattino è l’ora in cui nessuna voce ti conforta, nessuna presenza ti avvolge, nessun respiro, nessuno sguardo.
Le tre del mattino è l’ora in cui conti i passi della tua vita, le ore, i giorni, gli anni perduti, i sentieri smarriti. E nessuno ti è accanto, nessuna voce ti consola. Non ti consola nemmeno che anche i tuoi amici sono al tramonto.
E forse vivono come te le tre del mattino.
Le tre del mattino è l’ora in cui ti svegli sudato, ti alzi dal letto e ti affacci alla finestra. Fuori c’è buio, c’è sempre buio alle tre del mattino, in qualsiasi stagione, in ogni tempo.
È l’ora in cui i tuoi sogni si trasformano in incubi, sogni che lottano contro l’annuncio dell’aurora, contro la vita del giorno. Vogliono restare come sogni.
Le tre del mattino è l’ora in cui non sai se ancora sogni o sei desto, se quello che si affaccia alla finestra sei tu o il tuo fantasma, se sei entrato nel mondo oscuro dell’angoscia o nella luce rasserenante dell’alba.
Le tre del mattino è l’ora dei lupi solitari, delle anime inquiete che non hanno risolto il loro essere nel mondo. È l’ora dei fantasmi, è l’ora dei vampiri.
Le tre del mattino è l’ora in cui tutti nascono e muoiono, l’ora tra la sera e l’alba in cui il sonno è più profondo e gli incubi sono più tenaci, ti avvinghiano, non ti danno pace.
Le tre del mattino è l’ora della tua solitudine e della tua follia, che consuma il deserto del tuo passato o dei ricordi confusi, antichi rancori mai sopiti, dove sempre feroce si posa la tua mente che mai rifugge dai rimorsi e dai rimpianti.
Non hai pace, e alle tre del mattino vuoi fare i conti con il tuo passato. L’amore che non hai avuto, che ti ha abbandonato.
Le tre del mattino è l’ora in cui pensi alla tua vita e non sai se è stata un sogno o realtà, se era già scritto che doveva andare così, vita in un baleno fuggita.
Le tre del mattino è l’ora in cui, guardandoti allo specchio, puoi sprofondare per sempre nel gorgo o mettere le ali e volare nella notte fino all’infinito orizzonte.
Le tre del mattino è l’ora terribile in cui la vita ti chiede il conto, nel silenzio siderale in cui tutto lo spazio sprofonda dentro di te.
Le tre del mattino è l’ora fuggita, l’ora in cui il tempo passato mai più ti abbandona, e l’unica tua speranza è l’eterno ritorno per cambiare il tuo destino.
Le tre del mattino è l’ora dei lupi.
Non è ancora l’ora antelucana in cui s’intravede l’aurora, e tu sei solo e non puoi mentire a te stesso. È l’ora in cui ti guardi allo specchio e non hai nessuno accanto, e nessuna voce a te giunge, nessun respiro.
Le tre del mattino è sempre l’ora dei lupi, l’ora in cui il tuo grido è strozzato, è un ululato triste.
Solo in quest’ora ti volti a guardare indietro la tua via, a contare i tuoi passi, giorno dopo giorno, e ti accorgi che c’è sempre un muro che non hai superato, un fiume che non hai attraversato.
Non sei arrivato in nessun luogo, fiume che non diventa oceano. Tornano alla tua mente le lontananze dei sentieri che si dileguavano nei boschi.
È ancora buio. Questa è l’ora in cui il buio avvolge ancora tutta la campagna e tutte le cose viventi, e tu non sai se sei un uomo o se sei un lupo.
Un lupo venuto dalla steppa.
Forse hai entrambe le nature, quella umana e quella lupina, e ti domandi se le due nature hanno vissuto insieme, e se sei stato lupo di giorno o di notte. O sempre.
Le tre del mattino è l’ora in cui la natura umana lotta contro quella lupina, perché sei solo, e la paura ti vince.
Le tre del mattino è l’ora in cui digrigni i denti e sghignazzi, ululi contro il tuo tempo, contro la tua natura, contro la tua storia. Prendi in giro te stesso.
Non sai se essere uomo o lupo per essere felice. Vorresti essere un cane, abbaiare nella notte, guaire, latrare, ringhiare, ma perderesti la tua nobiltà, la tua solitudine, no, meglio rimanere un lupo.
Le tre del mattino è l’ora dei lupi, e tu sei un lupo.
Sei un lupo migliore degli uomini, e come i lupi difendi solo il tuo territorio, difendi il branco, sei fedele ai tuoi piccoli e piangi a lungo i tuoi morti.
Tu come i lupi resisti al caldo e al freddo, vai a caccia anche per i tuoi vecchi stanchi che attendono nelle tane.
Le tre del mattino è l’ora dei lupi, e tu sei un lupo.
Sei un lupo predatore solo perché hai fame e non sai produrre il tuo cibo, e in fondo sei un animale timido che aggredisce l’uomo solo per paura.
Sì, sei un lupo e hai la forza e il nome di principi e re, hai il nome di un dio, sei mito delle religioni e delle civiltà.
Tu sei il lupo delle favole e delle religioni, il lupo altra faccia dei vizi umani e delle virtù, sei la caccia senza requie, la punizione dei peccati, il caos delle greggi, l’ordine del branco. Tu sei la mansuetudine contro il disordine del mondo.
Tu sei il lupo dell’istinto, dell’oblio del passato.
Le tre del mattino è l’ora dei lupi.
No. È l’ora dell’arcano mondo dei sogni, quando ti levi sulle miserie del tempo e ripensi alla storia d’amore parallela con cui ogni sera ti addormenti.
Le tre della notte è l’ora dei nebbiosi ricordi di ciò che è stato e non tornerà più, i tuoi amori perduti e mai dimenticati. È l’ora del ritorno di destini senza più memoria, di tonfi nel tempo.
Ah, ma dove si trova il tempo senza dolore, senza rimpianti o rancore? Il tempo senza malsani ricordi, che si compie in arcani, inaccessibili sentieri? La vita con l’insicuro destino, che si consuma nella sua nuda natura?
Le tre del mattino è l’ora solitaria che poi ritorna all’inquieto sonno, e tu torni nel letto dove avevi lasciato i tuoi desideri e le tue speranze, l’angoscia lugubre e paurosa di un dolore sconosciuto.
Non sai se la prima notte di quiete t’attende, il sonno eterno, o se tornano i fantasmi che pace non ti danno, ora che ormai la vita t’appare come un ricordo confuso, un punto lontano negli abissi del cosmo, dove non sai se hai vissuto o sognato, pensiero arcano stupendo, insicuro straniero dolore, un mondo dove si posa un affanno ignoto, o una candida rosa.
Le tre del mattino è l’ora dei sogni.
Tu dormi e sogni, la tua vita adesso è diventata un sogno. Tu dormi e sogni, entri nel mondo dei tuoi sogni. Sogni i tuoi sogni, i tuoi sogni sono il paradiso.
Ma anche in paradiso sei solo. Hai davanti a te una luce accecante, l’orizzonte lontano, oltre il mare azzurro che si butta nell’oceano, sotto un cielo cobalto. Cavalchi solitario su verdi praterie e col sole sulla faccia, entri nel bosco fra alberi profumati e alti, esci, ti riaffacci alla luce, a tanta luce, corri accanto a gorgoglianti torrenti e placidi ruscelli, al lento tranquillo fiume, che va a diventare mare.
Rapido cavalchi ma non incontri nessuno, avanzi nella luce nell’ombra nel buio ma inciampi solo nei tuoi più segreti pensieri, perché sei solo, e non ti accorgi nemmeno di essere già morto.
Le tre del mattino è l’ora dei lupi. Ma è anche l’ora dei sogni.
Così ancora ti addormenti, e non sai se vuoi continuare a sognare nel silenzio della notte o reimmergerti nel delirio dell’alba quando ricomincia la vita, e poi nel clangore del giorno, di voci che senti confuse, di strane penombre, dove la vera tragedia è che ancora una volta non sai se sono amiche presenze o larve lontane, che assediano i tuoi sogni, pure fantasime astrali che tormentano il tuo tempo.
Le tre del mattino è l’ora dei lupi.
Le tre del mattino è l’ora in cui la tua vita immaginaria s’interrompe, e non sai se sei uscito dal paradiso o se sei entrato nell’inferno, dove ti divorano inquietanti presenze, larve lontane che vagano di mondo in mondo, nella profonda notte dove precipitano baratri e abissi siderali, soli neri che ingoiano pianeti e sistemi stellari.
Così ti addormenti, e la tua mente ora naviga di mondo in mondo, di stella in stella, di galassia in galassia, supera baratri e abissi stellari, arcane regioni siderali, gialle rosse blu, voragini senza fondo, lo spazio e il tempo, il fuoco e il silenzio profondo dell’intero universo.
Il tuo spirito è al centro dell’universo e da lì puoi vedere quel punto lontano insignificante dell’estrema periferia, la Terra, che lentamente, inesorabilmente, si consuma.
Tu vedi la distesa solitudine dei mondi che corre rapida verso la fine, costellazioni e nebulose e buchi neri divorati da immani astri solitari, randagi.
È l’eterno mutamento dello spazio e del tempo dell’universo, che muore, rinasce e ancora si disgrega, è il tempo che tutto travolge e abbatte, ammassi stellari e astri, pianeti, e inghiotte mari e spiana intere montagne, e sommerge con l’acqua ogni cosa, riduce in cenere tutta la materia.
Tutto il cosmo si estingue per rinnovarsi, le cose che vedi si autodistruggeranno, le stelle cozzeranno con le stelle, tutta la materia prenderà fuoco, le varie luci del firmamento divamperanno in un incendio solo.
Così ti addormenti e tu, anima beata, partecipi dell’eterno. Ora tu sogni, e quando inizierà un nuovo ciclo e tutto sarà in rovina, anche tu, allora, tornerai a dissolverti negli elementi primordiali, tu, piccola goccia nel marasma cosmico.
Tu dormi e sogni. Ora tu entri nella vita e nel declino dell’universo, adesso sei entrato nello spirito dell’universo.
Tu entri nello sfacelo di pianeti spettrali e spenti, nel nulla che dilaga sui mondi, vedi i corpi celesti che vagano e rapidi passano di costellazione in costellazione, di galassia in galassia, di vuoto in vuoto, e non giungono mai alla fine, corrono sempre verso il nulla, verso il puro, incontaminato nulla.
È il lento, silenzioso morire, l’indolente discendere ed estinguersi, l’inesorabile decadere, il formidabile declinare della vita, il dilagare sterminato della morte nella vita, l’assurdo, insaziabile procedere verso il nulla.
Tu dormi, dormi e sogni. Chi si ricorderà di questo pianeta? La vita dei mondi è appena una lieve increspatura dell’assenza, un appassire e un morire, il rapido passare dello spazio, delle età e dei secoli non distinti e consumati sotto l’universo indifferente, il caos, la cieca trasformazione rifluita nel ritmo impassibile del cosmo. Della storia e delle infinite vicende dei mondi solo un silenzio altissimo rimane, la vita dei mondi appare un tacito fiume che scompare nel vuoto, nelle nebbie della dissolvenza, è un istante fugace del tempo, un veloce declinare della luce, una impercettibile deviazione del silenzio.
Tu dormi, dormi e sogni. Ora niente può turbarti. Chi si ricorderà di questo pianeta? Solitudine fra infinite solitudini, solitudine vagante nella purezza del nulla, bara di ghiaccio che precipita verso misteriose lontananze, morte inghiottita da altre morti, e così, di morte in morte, verso il nulla, verso il puro, sterminato, incontaminato nulla.
Chi si ricorderà di questo pianeta? Chi si ricorderà della sua agonia, di tanta lacerazione, di tanto annichilimento?
Tu dormi, dormi e sogni, la tua angoscia si placa, non senti più dolore, nell’ora dei lupi la tua vita è diventata niente. Perché niente è diventato tutto ciò che ti circonda. Questo il deliquio del cosmo, questa la strategia dell’universo, i mondi consunti che corrono verso il loro sepolcro, il passaggio solitario dei pianeti a tanta fine, a tanto capovolgimento.
Fin quando su di te il pensiero di Dio scende, sulla tua mente posa l’Amore che tutto squaderna e disigilla, e tutto comprende.
FOTO DA: https://pixabay.com/it/photos/himalaya-montagne-stelle-cielo-2301040/