di Alvise Parolini
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TAUTOLOGIA: CRISTO IN DIFESA DELLA SCIENZA DELL’ESSERE CIÒ CHE SI È
Dio si presentò a Mosè presso il Roveto Ardente come “l’Io sono Colui che sono (con voi)”, attraverso quella che il realismo metafisico descrive come una mutua convergenza tra essenza ed essere, come intuì il giovane San Tommaso d’Aquino nell’opera “De ente et essentia”: è come se Dio dicesse che la sua essenza sia quella di essere (Ipse Actus Essendi subsistens).
Per il Beato Duns Scoto, invece, l’essenza di Dio è quella di essere Dio, e così quella delle creature di essere se stesse (“ecceità” o “principio di individuazione”, in Tommaso “actus essendi”).
Così abbiamo sintetizzate le due posizioni.
La scienza del principio di identità, o tautologia, tenta un raccordo applicando tra l’ecceità scotista e la concezione della partecipazione tomista la stessa Persona di Cristo, in modo tale che l’ecceità creaturale sia preservata in forza della partecipazione cristocentrica a Dio stesso.
Integrata in questo modo, ogni cosa può dire: “Io sono ciò che sono”, senza che tale autopresentazione implichi autonomia ontologica. Difendere il cristocentrismo è difendere Cristo e difendere Cristo significa difendere la Verità ed ogni verità.
Viviamo in un’epoca così relativistica che lo stesso Servo di Dio Gilbert K. Chesterton (1874-1936) così profeticamente annunciava: “Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate”.
Ma quali spade? Certamente le spade della logica, sguainate nei più svariati ambiti del quotidiano.
Dal momento che ogni giorno compiamo innumerevoli atti di fiducia, quando cerchiamo assieme alle altre persone la verità, dobbiamo – con onestà – essere pronti a giustificare il “perché” di tali atti senza che la nostra giustificazione debba necessariamente soggiacere al verificazionismo.
“Credo che la Sindone sia autentica. Lo credo perché credo nella Chiesa che ne attesta l’autenticità. La Chiesa è stata fondata da Cristo. In ultima analisi, io credo che Cristo sia la verità”.
Tutto ciò che è correttamente giustificato in Cristo è vero e se veramente è vero si pone di fronte alla verificazione scientifica con disponibilità.
Risalire criticamente di verificazione in verificazione fino allo scetticismo più estremo, è il grande rischio di un metodo che non fa i conti con l’esigenza di un’epistemologia tautologica di fronte alla verità: prima ancora di manifestare una supposta verità, ogni cosa è la verità di se stessa.
Postulando così il soddisfacimento di una delle più primarie esigenze metafisiche, come il principio d’identità, si può successivamente passare a verificare tutto col metodo scientifico.
La tautologia non dice “no” per esempio al metodo storico-critico o al verificazionismo in se stessi, ma ad una certa “ansia” distruttiva e razionalistica di ambedue alla quale oppone un uso sapiente dell’apagogia, ovvero della capacità di mostrare l’assurdo di una messa in discussione evidenza di una o più realtà.
Pure la stessa ecceità non è scontata, ma è garantita dalla difesa che ne fa il principio di non contraddizione. Principio di identità e principio di non contraddizione sono co-primari.
Se non ci fosse stato Gesù Cristo, sarebbe mancato il pilastro di collegamento tra Dio e le creature. Anche se non fosse venuto come Redentore – come sostiene il Beato Scoto – il Verbo si sarebbe incarnato lo stesso.
Cristo, conscio che pronunciamenti minori di carattere spurio, impreciso, della Sua Chiesa possano aprire varchi allo spirito del razionalismo, è pur conscio che tale spirito, nel suo procedere, compie numerosi errori ed abusi e dunque gli oppone Se Stesso, il principio di non-contraddizione fatto a Persona e crocifisso nel segno del Tau, nel segno della fedeltà alla tautologia del Padre.
In Cristo abbiamo il perno di difesa dell’evidenza del reale – come anche della nostra identità – e, nella Croce, ad opera dello Spirito Santo – lo spirito del principio del terzo escluso (o è bianco o non è bianco) – la sconfitta definitiva del moto di distruzione dell’inferno, che rifiuta lo Spirito di Verità.
Nella Croce, il senso dell’inferno – di questo abisso reale di negazione eterna – è stato trasformato in un moto di maggior trionfo del bene tramite la propria sconfitta. Pur pretendendo di sottrarsi a Cristo-principio di non contraddizione, almeno anche l’inferno è coerente con questa pretesa, e dunque è individuabile. E non solo metafisicamente.