16 Luglio 2025

La storia darà ragione a Israele

di Angelica La Rosa

UN ATTO DI SOPRAVVIVENZA DI ISRAELE 

In una delle operazioni militari più decisive dalla sua fondazione, lo Stato ebraico ha lanciato un attacco preventivo contro le centrali nucleari iraniane.

Non un’aggressione gratuita, non una prova di forza fine a se stessa, ma una scelta dolorosa e necessaria, figlia dell’urgenza e della responsabilità verso il proprio popolo.

L’obiettivo dell’operazione non era Teheran, né il popolo iraniano, ma un programma nucleare che da anni procede nell’ombra con un solo scopo dichiarato: cancellare Israele dalla mappa.

Le centrali di Natanz, Arak e Fordow non ospitano solo ingegneria energetica, ma ambizioni belliche alimentate da un fanatismo ideologico che rifiuta ogni compromesso.

Colpire oggi significa evitare una catastrofe domani. L’azione israeliana ha avuto il coraggio di guardare in faccia una verità scomoda: il regime degli Ayatollah non cerca la deterrenza, ma l’annientamento.

Tra i bersagli colpiti non vi sono solo strutture materiali, ma anche figure chiave del programma nucleare: ingegneri, comandanti, strateghi del terrore, come Hossein Salami, comandante delle Guardie Rivoluzionarie, figura centrale del progetto egemonico e destabilizzante dell’Iran in Medio Oriente.

La loro eliminazione non è una vendetta, ma un’operazione chirurgica volta a disinnescare l’ordigno ideologico e tecnico che minaccia non solo Israele, ma la stabilità dell’intera regione.

L’Iran ha risposto come ci si poteva aspettare: lanciando droni verso Israele, avvolgendo la propria reazione nella retorica della “difesa dell’Islam” contro il “sionismo aggressore”.

Ma questa narrativa è ormai logora, incapace di nascondere la realtà: Teheran arma milizie in Siria, in Libano, in Yemen, seminando guerra e instabilità.

La sua aspirazione all’arma atomica è solo l’ultimo anello di una catena di aggressioni travestite da “resistenza”. L’azione di Israele ha il coraggio di fermare questa corsa folle verso l’irreparabile.

Il Mossad, in parallelo, ha condotto operazioni di sabotaggio, penetrando le difese di un regime che si crede invulnerabile. Queste operazioni dimostrano che la determinazione israeliana non si ferma alla difesa passiva, ma si estende alla capacità di prevenzione strategica. Non si tratta di espansionismo, ma di sopravvivenza. Israele non può permettersi errori, perché un solo errore significherebbe la fine.

A chi oggi grida allo scandalo, a chi accusa Tel Aviv di “provocazione”, ricordiamo che questa nazione ha subito, in silenzio e con dignità, decenni di minacce, attentati, delegittimazioni. Ha sopportato il rischio quotidiano di vedere un intero popolo esposto all’odio istituzionalizzato. Ha creduto fino all’ultimo in una soluzione diplomatica, in un accordo internazionale che vincolasse l’Iran a un percorso trasparente e pacifico. Ma il fallimento dell’accordo sul nucleare, l’ostinazione iraniana nel proseguire l’arricchimento dell’uranio, e la retorica sempre più violenta dei suoi leader hanno lasciato Israele senza alternative.

Questo attacco, per quanto doloroso e tragico, è un atto di difesa legittima, conforme al diritto naturale delle nazioni alla propria sicurezza. È una dichiarazione netta: Israele non sarà il nuovo “appeasement” (come fece negli anni ’30 del secolo scorso il Regno Unito del primo ministro Neville Chamberlain nei confronti della Germania nazista) del XXI secolo, non farà la fine della Cecoslovacchia del 1938, offerta in pasto per placare un aggressore.

Israele ha mostrato al mondo cosa significa avere il coraggio morale di agire quando la posta in gioco è la propria esistenza. E in questa azione, non c’è solo la voce del suo popolo, ma il grido della ragione, che ancora una volta deve fronteggiare il cinismo dell’ideologia.

Chi oggi guarda con sgomento a quanto accaduto in Iran rifletta: cosa sarebbe successo se Israele non avesse agito? Quanto tempo restava prima che l’Iran completasse l’arma atomica e mettesse in atto le sue minacce? Forse troppo poco.

Israele ha colpito per impedire che un domani venga scritto in lutto e cenere. E per questo, la storia – quella vera, quella che sa distinguere il coraggio dalla codardia – gli darà ragione.

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La posizione filogiudaica dell’articolista non è frutto di una riflessione ma di pura propaganda. L’uso dei termini”dolorosa” “tragica” per accontentare l’udito degli indignati- giustamente- si accoppia con la disfunzione cognitiva laddove si dice che il bersaglio non è il popolo iraniano ma il programma nucleare. E chi lo decide? USIsrael? In Palestina l’obiettivo- falso – è Hamas; così si ammazzano centinaia di migliaia di innocenti e si giustifica il bombardamento di ospedali e scuole. Il problema è questo cattolicume postconciliare che -non- legge il Talmud e dimentica il vero ed unico messaggio di pace di colui che è morto sulla Croce. Se il Cristianesimo non fosse servo dei Giudei, la Pace regnerebbe sulla Terra. Seguirli porta solo all’Inferno, sulla terra e nell’ aldilà.

Commento filonazista. E lei parla di propaganda?

Argomento assolutamente condivisibile e lodabile. Per chi poi credesse ancora alla narrativa oscurantista di un presunto “genocidio su Gaza” si veda un opuscolo pertinente di pubblicazione recente: Israel is Committing Genocide in Gaza! | Frontpage Mag