di Daniele Trabucco
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LA SANTISSIMA TRINITÀ NEL SUBLIME PENSIERO DI SAN TOMMASO D’AQUINO
Nel pensiero di San Tommaso d’Aquino (1225-1274), la concezione della Santissima Trinità si impone come l’apice speculativo della metafisica teologica, là dove l’intelligenza umana, pur consapevole dei suoi limiti, viene assunta e trasfigurata dalla luce della Rivelazione.
Il mistero trinitario, lungi dal porsi come un limite invalicabile alla ragione, ne rappresenta piuttosto la sua consumazione, poiché conduce l’intelletto oltre la sfera dell’essere comune, fino al mistero dell’essere sussistente in tre Persone realmente distinte.
L’indagine di Tommaso si svolge con rigore aristotelico ma secondo un’intenzione agostiniana, nel tentativo di articolare razionalmente ciò che la fede professa: che l’unità divina non esclude, bensì fonda la distinzione personale. Dio, nel pensiero tommasiano, è atto puro, “Ipsum Esse Subsistens”, e, pertanto, è assolutamente semplice.
Tuttavia, questa semplicità non è negazione di processione, poiché l’intelletto e la volontà, essendo perfezioni spirituali, non implicano alterazione o molteplicità quantitativa.
È proprio a partire da queste due operazioni immanenti, l’intelligere e il velle, che Tommaso concepisce la possibilità di una distinzione reale all’interno della medesima sostanza divina.
Il Verbo, generato come concetto perfetto dell’intelletto divino, è il Figlio, mentre lo Spirito Santo, che procede come amore sostanziale, è il frutto del volere divino. Così la generazione e la spirazione non sono moti nel tempo, ma atti eterni, intrinseci alla vita stessa di Dio.
L’essenza divina, che è assoluta identità di atto e perfezione, si comunica senza divisione né duplicazione alle tre Persone, ciascuna delle quali è pienamente Dio e, tuttavia, distinta secondo relazioni sussistenti.
La relazione, nell’ontologia tommasiana, non è accidente, come lo è per gli enti creati: nel caso di Dio si identifica con la sostanza stessa, nella misura in cui Dio è atto puro anche nelle sue relazioni.
Le Persone divine non sono porzioni di Dio, ma ciascuna è il tutto dell’essere divino, determinato da una relazione opposta alle altre: il Padre come principio non procedente, il Figlio come generato, lo Spirito come spirato.
La distinzione personale è, dunque, reale. Essa, in altri termini, non tocca l’essenza, bensì la modalità relazionale con cui ciascuna Persona sussiste. Questo assetto ontologico consente a Tommaso di evitare tanto il triteismo, che frantumerebbe l’unità divina in tre esseri separati, quanto il modalismo, che ridurrebbe le Persone a mere manifestazioni.
L’equilibrio metafisico della dottrina tommasiana si fonda sulla concezione della relazione come modo di sussistenza proprio della sostanza spirituale. Le relazioni non sono entità che si aggiungono all’essere, costituendo il modo stesso in cui l’essere divino è tripersonalmente comunicato.
Da questo fondamento deriva l’intera economia della creazione e della redenzione, che trova nella Trinità non soltanto il principio causale, ma anche la ragione esemplare e il fine ultimo.
In Dio, la conoscenza che il Padre ha di sé genera il Verbo come espressione perfetta della sua essenza; questo atto, essendo identico all’essere divino, è Persona. Similmente, l’amore che unisce il Padre e il Figlio è talmente perfetto da essere, anch’esso, sussistente: è lo Spirito Santo.
In ciò si manifesta la superiorità ontologica del mistero trinitario, che non si lascia ricondurre a categorie create: esso le trascende tutte nella misura in cui è vita assoluta, comunione nell’identità, alterità senza molteplicità.
La metafisica trinitaria di Tommaso, in conclusione, non si riduce a una dialettica concettuale: essa è visione dell’Essere nella sua massima intensità. Dio è uno non per mancanza di distinzione, ma per sovrabbondanza di identità, nella quale la comunione personale non è imperfezione, bensì la pienezza dell’atto.
La differenza relazionale tra le Persone non è diminuzione dell’uno, semmai è la sua massima espressione. La Trinità, allora, non è l’uno che si frammenta, ma l’uno che trabocca in se stesso. Ne consegue che la creazione, e in particolare l’uomo, non è frutto di un atto arbitrario. Egli è partecipazione analogica a questa struttura relazionale dell’essere.
L’anima razionale, con la sua capacità di conoscere e amare, è ad immagine della Trinità; l’intelletto e la volontà non sono semplici facoltà, ma impronte metafisiche del Dio trino.
Anche l’ordine morale e spirituale trova qui il suo fondamento, poiché ogni ritorno del creato al Creatore avviene secondo la via trinitaria: per il Verbo, nello Spirito, verso il Padre.