di Padre Giuseppe Agnello
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RESTIAMO IN COMUNIONE D’AMORE CON DIO
Quando Gesú promette, nel discorso di addio dell’Última cena, lo Spírito Santo, specífica che è «Spírito di verità che il mondo non può ricévere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi» (Gv 14, v.17). Perché il mondo non lo conosce? ¿Forse perché abbiamo l’esclusiva noi? No di certo, se è Egli a dare la vita a tutti; ma non lo si conosce perché è Gesú che accòrcia e annulla la distanza tra Dio e gli uòmini, tra il mistero di Dio che è un abisso di amore e il mistero dell’uomo che è una pòvera creatura. Senza Gesú come Maestro, Dio resta un grande sconosciuto di cui si pòssono conóscere le perfezioni invisíbili attraverso le bellezze e perfezioni visíbili, ma non si può conóscere «tutta la verità» (Gv 16, v.13) di cui parla il Vangelo di oggi. Dice infatti Gesú: «Quando verrà lui, lo Spírito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da sé stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà» (Gv 16, 13-15).
Quindi, la Verità a cui la Pentecoste, festeggiata Doménica scorsa, ci ha introdotti, è quella su Dio visto dall’interno e non dall’esterno. Dio, infatti, si può conóscere usando l’intelligenza e l’osservazione su ciò che Egli ha fatto e su come lo ha fatto: cielo, terra e mare con tutto quello che essi contèngono; struttura, órdine, bellezza e fine, con i quali ogni cosa si presenta. Ma si può anche conóscere in questo secondo modo, che è quello dall’interno. Il primo modo di conóscere Dio e di dimostrarne l’esistenza è pròprio di tutti gli uòmini; questo secondo tipo di conoscenza è riservata solo al cristiano in cui dimora lo Spírito Santo: «Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi».
Questa è la conoscenza dell’amore: non di un amore sentimentale, tutto sensazioni e brívidi, ma dell’amore che ci porta nel cuore della vita divina: amore trinitàrio del Padre verso il Fíglio; del Fíglio verso il Padre e dello Spírito Santo che è la reciprocità e fecondità di entrambi: Colui che procede dal Padre e dal Fíglio. In modo imperfetto possiamo dire, con le dovute differenze che fa la teologia dell’Eterno e dell’incorruttíbile, che come dall’amore di un uomo e di una donna nasce una terza persona che è il concreto e visíbile amore di entrambi, cosí nella Trinità lo Spírito Santo è dall’eternità l’amore del Padre e del Fíglio.
Questo amore è incondizionato e senza impurità, quindi Santo e santificante. Dentro la Trinità è Dio stesso; fuori della Trinità è consolazione e certezza che ci sono date da Dio. Come dice san Pàolo nella seconda lettura, questo amore proveniente da Dio «è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spírito Santo che ci è stato dato» (Rm 5, v.5).
Le letture di oggi, pertanto, da una parte ammírano ciò che òcchio umano può ammirare, come fa il Salmista: «Quando vedo i tuoi cieli, òpera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, ¿che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il fíglio dell’uomo, perché te ne curi? Davvero l’hai fatto poco meno degli àngeli, di glòria e di onore lo hai coronato» (Sal 8, 4-6).
Dall’altra ci innàlzano al livello superiore della conoscenza: non laddove Dio vuole ancora farsi conóscere attraverso la sua òpera perfetta che ha orígine nell’eternità che decide di creare («Il Signore mi ha creato come inízio della sua attività, prima di ogni sua òpera, all’orígine» [Pr 8, v.22]); ma nel mistero di comunione che c’è tra il Padre e il Fíglio e lo Spírito Santo: «Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio».
Il Padre possiede l’Eternità, la Santità, la Perfezione. Tutto questo è da sempre anche del Fíglio, ma non potrebbe mai èssere nostro, se lo Spírito Santo non lo prendesse dal Fíglio per donarlo a noi. Per questo dono noi possiamo chiamare Dio Padre e Gesú Signore. Per questo dono noi viviamo serenamente tutte le tribolazioni.
Santa Teresa d’Àvila lo esprime con queste parole: «Niente ti turbi, niente ti spaventi: chi ha Dio, niente gli manca». E niente ci manca per questo mistero di comunione in cui siamo inseriti dalla nostra fede e dalla gràzia di Dio.
La Chiesa, pertanto, fissando una festa alla Santíssima Trinità, che pure ogni giorno e ogni Doménica è presente nel segno di croce, nelle preghiere, nei canti, nel Messale, ci vuole ricordare due cose:
1) Che Dio, in sé, è armonia e condivisione perfetta di ogni bene; e questo desídera condivídere anche con noi, perché il nostro amore sia il suo amore.
2) Che Dio va amato in maniera disinteressata, pròprio perché Egli è amore disinteressato delle tre Persone della Trinità. Amare qualcuno perché posso averne un vantàggio, un favore o una gràzia, non è ancora amore: è opportunità, interesse, secondo fine, furbízia da bisognoso. Amarlo essendo la sua delízia, il suo compiacimento, la sua vittòria, il suo amico è tutt’altra cosa.
Come si fa a verificare, dunque, che il nostro amore per Lui è incondizionato? Intanto se non lo cerco solo quando sono malato o devo ottenere un certo risultato. Se prego ogni giorno e non solo per chièdere, ma per lodare e ringraziare. Poi, se mi fa piacere ascoltare la sua Parola e interessarmi dei suoi stessi interessi. Chi ama una persona, infatti, la cerca, la ammira, la vuole conóscere sempre di piú, e si interessa di lei. Cerchiamo anche noi di èssere cosí: credenti con l’único scopo di restare ogni giorno in comunione d’amore con Dio, che è comunione d’amore del Padre, del Figlio e dello Spírito Santo.
Santíssima Trinità,
anno C, 15 Giugno 2025
Pr 8, 22-31; Sal 8; Rm 5, 1-5; Gv 16, 12-15
*L’autore aderisce ad una riforma ortografica della lingua italiana