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IL PENSIERO SEMPRE ATTUALE DI REMIGIO DEI GIROLAMI (1240-1319)
Riflettere sull’etica della azione politica è importante per tutti, in particolare per i politici, per non lasciarsi travolgere dal politicamente corretto.
Il bene comune è un concetto centrale nella politica, talvolta visto dagli “esperti” solo come un auspicio di sognatori. Ha assunto importanza anche nella cronaca questo tema anche in conseguenza di una polemica che ha visto come protagonista il vice-presidente USA Vance sul tema dei migranti, partendo dal concetto dell’ordo amoris (ordine dell’amore) che da S. Agostino, transitando per S. Tommaso arriva alla citazione di questo geniale domenicano del ‘300.
La questione dibattuta riguardava la necessità affermata da Vance che uno Stato si preoccupi prima del bene dei suoi cittadini prima di quello dei migranti. In una visione cattolica il bene comune da perseguire esige, secondo Vance, che si rispetti l’ordine della carità, cominciando ad essere attenti alle persone vicine. Vance citava come fonti teologiche, oltre che s. Agostino e S. Tommaso, anche il padre domenicano fiorentino Remigio de Girolami. Rispondendo a questa sollecitazione del Vice-presidente, Papa Francesco, in una lettera ai Vescovi USA, faceva l’esempio del buon samaritano che esercita una carità eroica nei confronti di uno sconosciuto. Non entreremo nel merito di questo dibattito se non per dire che, nella tradizione cattolica, spesso prevale l’et, et, anziché l’aut, aut. La carità è creativa e si applica secondo le circostanze, ma in maniera diversa. È un bene però che, nell’azione politica e sociale, ci sia chi rifletta in maniera sistematica su questi temi. Nella contemporaneità, infatti, l’emotivismo è prevalente nell’impostazione politica ed etica. Come evidenziava il filosofo scozzese Alasdair MacIntyre (1929-2025) le scelte morali non possono essere avulse da un contesto assoluto di riferimento, ma richiedono la ricerca del bene e della verità per il singolo e la società che egli ritrovava nella prospettiva aristotelica e tomistica.
Questa caratteristica ha immediate conseguenze nell’agire politico. Per esempio quando i cosiddetti «diritti civili» diventano l’orientamento prevalente di chi gestisce la cosa pubblica, è evidente che non si segue più un bene comune ordinato. In primo luogo perché esprimono spesso realtà soggettive che non hanno come fine il bene complessivo della comunità. Ci possiamo chiedere per esempio come mai oggi, alla presenza di una crisi demografica impressionante, ci sia chi ritiene doveroso promuovere l’omosessualità, anche fra i giovani. O perché l’aborto che impedisce la vita e la sostituzione delle generazioni, sia addirittura stato inserito come diritto fondamentale nella Costituzione francese. Il diritto, da sempre presidio per la tutela in primo luogo della vita, diventa il fondamento della sua negazione.
Per tornare a Remigio De Girolami egli scrisse il trattato “De bono comuni”, dove evidenziava come il bene di tutti sia prevalente su quello del singolo, fondando la tesi su basi teologiche, filosofiche e pratiche.
«Tempi pericolosi verranno, e gli uomini saranno egoisti avidi vanitosi superbi» eccetera: profezia di san Paolo apostolo, II Timoteo 3,1-2, avveratasi proprio nel nostro oggi e nella nostra società, e ahimè soprattutto tra noi italiani. Sopraffatti da smodato amor proprio, trascurano il bene comune, non ne prendono cura alcuna; trascinati da diabolico odio, sovvertono e distruggono con ostinata violenza castelli città province e tutta la nostra regione. Ma l’ordinata gerarchia dalla carità, come detto nel Cantico dei Cantici 2,4 «In me ha riposto ordine d’amore», esige indubitabilmente la precedenza del bene comune a quello particolare, del bene della comunità a quello della singola persona».
L’autore prosegue sviluppando e provando il tema con molteplici esempi e riferimenti che sono interessante da leggere anche oggi. Una volta stabilito che il bene comune prevale su quello del singolo, è interessante tornare anche sulla necessità dell’ordine nel perseguirlo. Un comune ad esempio si dovrebbe preoccupare prioritariamente del fatto che i propri cittadini e specialmente i giovani, non abbiano lavoro, della manutenzione dei beni pubblici e delle strade, della diffusione della cultura che costituisce il fondamento per l’identità e lo sviluppo di una comunità. Tutto questo sarebbe possibile se, chi amministra, avesse degli orizzonti etici ordinati e fondati su una visione complessiva dell’uomo e della società e non sull’emotivismo come avviene quando gli enti locali aderiscono alle parate chiamate volgarmente e immotivatamente “Pride”.