di Pietro Licciardi
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IL TAKE IT DOWN ACT PER COMBATTERE LA PIAGA DEL DEEPFAKE
Il presidente americano Donald Trump continua ad essere molto criticato da certi ambienti di sinistra, sia in patria che all’estero, per la sua politica. Il suo comportamento da guascone sicuramente offre un buon pretesto ai detrattori; ma politica estera a parte, in cui sarebbe bene ricordare che possono cambiare i presidenti ma la politica Usa resta sempre quella: America first!, la nuova era trumpiana sta finalmente sparigliando le carte nella nazione stelle e strisce, diventata ostaggio delle minoranze woke, Lgbt e delle altre ideologie care alle sinistre non solo Usa.
Di recente il presidente ha firmato il“Take It Down Act”, trasformandolo in legge, che rende un reato federale pubblicare online immagini sessualmente esplicite, reali o false, di persone senza il loro consenso; più precisamente «raffigurazioni visive intime non consensuali», in considerazione del fatto che oggi con l’intelligenza artificiale è sufficiente avere la foto o l’immagine digitale del volto di una qualsiasi persona per confezionarne una raffigurazione pornografica. Tali raffigurazioni sono note come deepfake.
La legge è stata ispirata dalla vicenda di Elliston Berry, una adolescente che quando aveva quattordici anni si ritrovò su Snapchat – uno dei più diffusi social – in pose oscene realizzate da un suo compagno di classe grazie all’IA e a una sua innocente fotografia. I genitori cercarono di far rimuovere l’immagine dal gigante dei social riuscendovi però solo dopo molto tempo e traversie.
Il diffondersi della pornografia e la facilità con la quale è possibile manipolare le immagini rendono questa legge un esempio da seguire anche a casa nostra, dove la cronaca non è nuova a fatti analoghi. Soprattutto il Take It Down Act ritiene responsabili le piattaforme internet che diffondono queste immagini le quali fino ad oggi si sono prestate alla diffusione di contenuti assai discutibili sostenendo di essere semplici vettori di contenuti pubblicati da altri.
Un argomento che potrebbe essere valido se le piattaforme trasportassero tutti i messaggi, indipendentemente dal contenuto. Ma si da il caso che certi social non hanno problemi a censurare contenuti che ritengono politicamente scomodi; in America pertanto i gestori delle piattaforme dovranno obbligatoriamente creare una procedura che consenta alle vittime di deepfake di rimuovere facilmente e velocemente i contenuti e anche «compiere sforzi ragionevoli per identificare e rimuovere qualsiasi copia identica di tale rappresentazione».
Secondo uno studio del settembre 2024 del Center for Democracy and Technology, circa il 40% degli studenti è a conoscenza di almeno un caso di deepfake condiviso all’interno delle proprie scuole ma tale numero è probabilmente molto più alto. Ed è proprio l’ ambito scolastico quello più a rischio di abusi e soprusi. Una volta infatti chi fosse stato trovato in possesso di materiale pornografico sarebbe stato severamente punito ma oggi, anche a casa nostra, la pornografia non è più un tabù e anzi è entrata negli istituti di ogni ordine e grado dalla porta principale grazie ai programmi di “educazione affettiva” o di lotta al bullismo, non di rado tenuti da attivisti Lgbt
Allo stesso tempo l’idea della punizione è fuori moda perché, in questa nostra società più che liquida, dichiara che esistono il giusto e lo sbagliato. Ma si tratta invece di comprendere che il deepfake è un atto premeditato e malvagio che può portare addirittura al suicidio della vittima. Per non parlare del fatto che ormai le conversazioni immorali, le parolacce e l’immodestia creano, proprio a scuola, il clima favorevole alla diffusione di certi comportamenti e anche una legge simile a quella approvata negli Usa contribuirebbe a riportare la sanità mentale nelle aule scolastiche.