11 Luglio 2025

L’Iran è una grave minaccia

di Angelica La Rosa 

ECCO PERCHÉ

Negli scenari geopolitici contemporanei, pochi attori rappresentano una minaccia tanto grave quanto la Repubblica Islamica dell’Iran.

Le ragioni di questa preoccupazione non risiedono soltanto nel suo sistema di governo teocratico o nel suo atteggiamento ostile verso l’Occidente, ma in una strategia lucida, sistematica e pluridecennale volta a destabilizzare il Medio Oriente, a sovvertire equilibri internazionali e a porsi come potenza egemone attraverso metodi che includono il terrorismo, la guerra per procura e l’eventuale acquisizione dell’arma nucleare.

L’Iran non è semplicemente uno Stato problematico: è un moltiplicatore di instabilità. Ecco perché.

Uno dei tratti distintivi della politica estera iraniana è il suo stretto e duraturo legame con organizzazioni terroristiche internazionali. In particolare:

– Hezbollah in Libano è il braccio più potente e disciplinato dell’Iran fuori dai suoi confini. Nato durante la guerra civile libanese, Hezbollah è oggi uno Stato nello Stato: finanziato, armato e addestrato da Teheran, rappresenta una minaccia esistenziale per Israele e una fonte di instabilità costante nel Levante.

– Hamas a Gaza, sebbene sunnita e ideologicamente distante dallo sciismo iraniano, riceve supporto da Teheran sotto forma di fondi e armi. Questo sostegno, spesso opportunistico, è il simbolo dell’ideologia iraniana: tutto è lecito, purché contribuisca alla distruzione di Israele e all’erosione dell’influenza occidentale.

– Le milizie sciite in Iraq (come Kata’ib Hezbollah) e in Siria (come Liwa Fatemiyoun e Zainabiyoun), agiscono come prolungamenti delle Guardie Rivoluzionarie iraniane (IRGC), portando avanti gli interessi iraniani in conflitti locali, spesso con atrocità contro la popolazione civile e violazioni del diritto internazionale.

– I ribelli Houthi nello Yemen, anch’essi sostenuti dall’Iran, hanno colpito obiettivi civili e infrastrutture energetiche saudite e internazionali, inclusi attacchi missilistici e con droni che dimostrano un chiaro salto tecnologico, reso possibile proprio grazie al know-how iraniano.

L’Iran, quindi, non solo finanzia il terrorismo: lo utilizza come strumento di politica estera strutturale, contribuendo al collasso di interi Stati e rendendo impossibile qualunque progetto di stabilità regionale.

Il dossier nucleare iraniano è probabilmente l’aspetto più inquietante di tutti. Nonostante le ripetute assicurazioni da parte di Teheran circa la “natura pacifica” del suo programma atomico, le evidenze raccolte dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), dai servizi segreti occidentali e dalle stesse dichiarazioni di ufficiali iraniani indicano una direzione opposta:

– Arricchimento dell’uranio oltre i limiti dell’accordo JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action), abbandonato unilateralmente da Teheran dopo il ritiro degli Stati Uniti, è già una realtà. Secondo fonti attendibili, l’Iran ha ormai superato la soglia tecnica per produrre una bomba atomica in tempi brevi.

– Lo sviluppo di missili balistici, capaci di trasportare testate nucleari, è continuato indisturbato, in violazione delle risoluzioni ONU. Questi missili non servono per la “difesa nazionale”, ma sono uno strumento per proiettare minaccia sull’intera regione – da Tel Aviv a Riad, fino ad Atene.

– Il carattere ideologico del regime, imperniato sull’idea della distruzione dello “Stato sionista” e sull’opposizione militante all’Occidente, rende impensabile che un’arma atomica iraniana venga custodita con il senso di responsabilità che si richiede a una potenza nucleare.

Un Iran nucleare sarebbe non solo una minaccia diretta per Israele e per i Paesi del Golfo, ma provocherebbe una corsa agli armamenti atomici in Medio Oriente. Arabia Saudita, Egitto e Turchia non rimarrebbero inerti davanti a uno squilibrio di tale portata, con il rischio concreto di una proliferazione nucleare su scala regionale.

Il regime iraniano non è solo aggressivo verso l’esterno: lo è anche verso il proprio popolo. Le rivolte popolari del 2009, del 2017, del 2019 e del 2022, spesso guidate da donne, giovani e minoranze etniche, sono state represse con ferocia. Gli arresti arbitrari, le condanne a morte, la tortura e la censura sono strumenti abituali del potere clericale.

Questa mancanza di legittimità interna spinge il regime a cercare nella politica estera aggressiva una valvola di sfogo e un modo per alimentare il nazionalismo e la retorica rivoluzionaria. L’export della “Rivoluzione Islamica” non è un ricordo degli anni Ottanta: è tuttora un obiettivo strategico, come conferma la presenza delle Forze Quds in vari Paesi del Medio Oriente.

L’Iran è uno dei pochi Stati al mondo in cui il potere politico fa esplicitamente dell’“antiamericanismo” e dell’“antisionismo” due pilastri della sua ideologia di Stato. Ogni anno, Teheran celebra il “Giorno della Morte all’America” e trasmette propaganda di odio contro gli Stati Uniti, Israele e l’Europa.

A ciò si aggiungono cyberattacchi documentati contro infrastrutture occidentali, attività di spionaggio, tentativi di assassinio all’estero (come contro dissidenti ebrei o arabi) e una diplomazia parallela fondata sulla corruzione, il contrabbando e il ricatto energetico.

Bastano tutti questi motivi per giustificare le azioni di Israele?

 

Foto di copertina: https://depositphotos.com/home.html

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