A cura della Redazione
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LE DENUNCE DI PRO VITA E FAMIGLIA
La legalizzazione del suicidio assistito da parte della Camera dei Comuni britannica certifica una triste deriva della morte di Stato, tra l’altro con il gravissimo rischio che anche hospice e strutture sanitarie cattoliche o comunque contrarie all’eutanasia possano ora essere costrette ad offrire il suicidio assistito a chi lo richiederà, come ha denunciato il cardinale Vincent Nichols, primate della Chiesa cattolica in Inghilterra e Galles. E’ questo che vogliamo anche in Italia? Auspichiamo che la triste novità che arriva da oltremanica sia un campanello d’allarme per il Governo italiano e la maggioranza di centrodestra nel nostro Parlamento e venga bocciata sul nascere qualsiasi proposta di legge sul suicidio medicalmente assistito, il cui arrivo in Aula in Senato è previsto per il prossimo 17 luglio. L’Italia resti un faro di civiltà e speranza per anziani, malati e sofferenti.
Così, in una nota, Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia onlus, commenta l’approvazione, da parte della House of Commons, la camera bassa britannica, del “Terminally Ill Adults (End of Life) Bill” che legalizza per la prima volta in Inghilterra e Galles il suicidio assistito, con 314 voti a favore e 291 contrari e dovrà ora passare all’esame della House of Lords, la camera alta, dove però l’approvazione appare quasi come una formalità.
Lo stesso Antonio Brandi , presidente di Pro Vita & Famiglia onlus, ha accolto positivamente quanto accaduto nei giorni scorsi in Abbruzzo.
Accogliamo con soddisfazione la bocciatura del progetto di legge dell’Associazione Coscioni sul suicidio assistito da parte del Consiglio regionale della Regione Abruzzo , governata dall’esponente di FdI Marco Marsilio . Una vittoria di civiltà e buon senso in favore della tutela della dignità della vita umana in ogni sua fase e condizione, che va nella stessa strada di quanto fatto nei mesi scorsi da Piemonte e Lombardia, dove la stessa Pdl è stata bocciata, e in Veneto, dove la proposta è stata rimandata in Commissione. Una decisione che ha seguito la linea dell’Avvocatura di Stato che ha in passato affermato che “non c’è un diritto al suicidio né l’obbligo dei medici di concorrere a una volontà suicidaria”, oltre ad aver ribadito che tale materia è di competenza esclusiva del legislatore nazionale, e non degli enti locali. A tal proposito, ci aspettiamo che la maggioranza in Parlamento segua l’esempio di queste Regioni e stronchi sul nascere qualsiasi proposta legislativa sul fine vita e pensi piuttosto a incrementare, incentivare e applicare correttamente e in modo diffuso su tutto il territorio nazionale le cure palliative . Senza un’alternativa, cioè senza cure vere, la “scelta” della morte è solo un inganno crudele, mascherato da libertà.
Sul caso di “Libera”, nome di fantasia di una 55enne toscana, completamente paralizzata e affetta da sclerosi multipla, che avrebbe avuto accesso al suicidio assistito ma non può autosomministrarsi il farmaco letale e per questo il suo caso arriverà alla Consulta con l’udienza del prossimo 8 luglio, dopo che il Tribunale di Firenze ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sulla possibilità che possa essere il suo medico a somministrare il farmaco, dunque in dell’art. 579 del codice penale che punisce l’omicidio del consenziente, Antonio Brandi , presidente di Pro Vita & Famiglia onlus, ha dichiarato quanto segue.
Ci auguriamo che la Corte Costituzionale non voci per l’ennesima volta a gamba tesa scavalcando i poteri legislativi del Parlamento e dunque non apra ulteriormente le maglie, già purtroppo larghe, del suicidio medicalmente assistito in Italia. Dare a un medico la possibilità di somministrare un farmaco letale significa trasformarlo in un sicario, significa fare in modo che egli possa tradire l’etica e la professione medica procurando la morte.
Questo caso conferma che “decidere” di morire non riguarda solo una persona perché la vita è anche un bene sociale, non solo personale e legalizzare il suicidio assistito non è un atto neutro poiché cambia la cultura , crea precedenti, apre a derivare. Inoltre, non ci stancheremo mai di ripeterlo, parlare di “morire con dignità” è fuorviante , perché essa non dipende solo da salute, forza e autonomia. Come un neonato non perde la sua dignità perché dipende dai genitori, allo stesso modo non la perde un anziano, un malato o un disabile. Contrariamente sarebbe una logica materialista, cinica, frutto della cultura dello scarto mentre la realtà ci dice che la dignità è qualcosa di intrinseco in ogni essere umano , anche nei momenti più fragili e dolorosi. Dalla Consulta, quindi, ci aspettiamo una sentenza in linea con la tutela e il rispetto della Vita, della sua dignità e della professione medica, perché una società giusta non elimina il sofferente, ma allevia e cura le sofferenze.
Sul tema gender, per l’ennesima volta l’Unione Europea insabbia la propaganda di genere con la scusa di legiferare su temi invece moralmente giusti . E’ quanto successo con l’approvazione della Direttiva UE sulla sacrosanta “Lotta all’abuso sessuale e allo sfruttamento dei minori” che combatte anche la pedofilia e la pedopornografia.
La vergogna è però aver inserito in questo documento emendamenti ideologici e palesemente in linea con l’Agenda Lgbtqia+ . Nel testo finale, infatti, si parla di “lotta” alle terapie di conversione, di educazione sessuale ai “bambini che non si conformano alle norme sul genere”, addirittura di “bambini Lgbtqia+” e in generale di salute sessuale e riproduttiva. Tutti concetti che rischiano di accentuare la già martellante propaganda ideologica sui minori su temi come la fluidità sessuale, la transizione di genere, la carriera alias e dunque inculcare l’antiscientifica tesi che si può davvero “nascere nel corpo sbagliato”. Per questo con il Dipartimento Unione Europea di Pro Vita & Famiglia continueremo a contrastare questa deriva ea dialogare e sensibilizzare tutti gli eurodeputati, italiani e non, affinché queste ideologie non arrivino in quello che sarà, tra mesi, il documento finale e, se approvato, vincolante anche per l’Italia.
Bene hanno fatto gli eurodeputati firmatari del nostro Manifesto Valoriale a votare contro gli emendamenti ideologici e ad astenersi nella foto finale del documento, per salvaguardare la corretta e non rimandabile lotta agli abusi sui minori e alla pornogragia e pedofilia, così come bene hanno fatto a votare a favore di quei, pochi, emendamenti che vanno proprio nella difesa dei bambini, ovvero quello che impone strumenti di verifica dell’età per impedire ai minori l’accesso a contenuti pornografici e quello che sottolinea gli effetti negativi dell’esposizione dei bambini a contenuti pornografici.
Così Antonio Brandi , presidente di Pro Vita & Famiglia onlus, commenta il voto del Parlamento europeo e degli eurodeputati firmatari del Manifesto Valoriale della onlus Procaccini, Nesci, Donazzan, Cavedagna, Picaro, Squarta, Fidanza, Sberna, Berlato, Torselli, Polato, Fiocchi, Vivaldini, Inselvini (Fratelli d’Italia-ECR); Vannacci, Tovaglieri, Ceccardi, Borchia (Lega-PfE); Salini (Forza Italia-PPE).
Sempre sul tema gender, Jacopo Coghe , portavoce di Pro Vita & Famiglia onlus, ha dichiarato che è vergognoso che il Comune di Roma abbia stanziato almeno 80.000 euro, dunque soldi pubblici dei cittadini romani, pochi giorni prima della parata del Roma Pride dello scorso 14 giugno. Un finanziamento tra l’altro illegittimo, poiché è possibile stanziare fondi solo per iniziative di pubblico interesse ma non per eventi a sfondo politico e il Pride, come ogni anno, di “pubblico interesse” ha avuto ben poco, mentre è stato ideologicamente e politicamente orientato, divisivo, con richieste aberranti, in parte anche anti-scientifiche, come: il non binarismo di genere, anche per i bambini citati nel manifesto politico con tanto di schwa; l’approccio affermativo per spingere i minori alla transizione di genere; l’adozione per coppie omosessuali; la condanna a quelle che chiamano “terapia di conversione” ma che in realtà sono giuste e corretta prassi di accompagnamento psicologico; la carriera alias nelle scuole, nelle istituzioni e nello sport; perfino l’utero in affitto. In più sono state esposte sagome di alcuni politici a testa in giù e tra queste c’era anche l’immagine di JK Rowling, autrice di Harry Potter e ormai famosa anche per la sua lotta in difesa della biologia e delle sane differenze tra uomini e donne. L’ennesimo regalo dell’amministrazione Gualtieri , che non ci ha stupito vedere in prima fila e sul carro principale con tanto di fascia tricolore, visto che ormai da anni appoggia l’agenda dell’Ufficio per i diritti Lgbt guidato dall’attivista Marilena Grassadonia , già in passato presidente di Famiglia Arcobaleno.
Inoltre, come se non bastasse, anche il Municipio IX avrebbe stanziato migliaia di euro e, come conferma una delibera di Giunta, ha dato mandato di partecipare attivamente al Pride con un carro sul tema dell’educazione affettiva insieme al Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, di fatto incentivando quel modus operandi che porta nelle scuole di ogni ordine e grado, spesso all’insaputa dei genitori ea discapito della loro libertà educativa, i progetti di genere che spiegano ai minori concetti come la fluidità sessuale, la transizione di genere e quell’enorme bugia che si possa davvero “nascere nel corpo sbagliato”.
Le linee guida Lgbtqia+ per le quali l’Assemblea Capitolina di Roma ha proposto di deliberare sono un vero e proprio cocktail ideologico che spalanca un portone a tutte le richieste arcobaleno più aberranti e antiscientifiche che ci possono essere . Il Comune di Roma così spiana la strada a concetti come la fluidità sessuale fin in tenera età, la transizione di genere per i minori, l’indottrinamento di insegnanti e dipendenti pubblici, la discriminazione delle donne negli sport, a iniziative aberranti come i bagni o gli spogliatoi neutri e, di fatto, a fare il lavaggio del cervello alla società per spingere l’utero In affitto , l’adozione per coppie omosessuali, il matrimonio egualitario , chissà forse in futuro anche a un fantastico genere “x” sui documenti.
Si tratta infatti di linee guida profondamente ideologiche e pericolose che se approvate andrebbero a indottrinare a gamba tesa non solo le scuole, ma anche la pubblica amministrazione e vari ambiti della società, persino lo sport. Si va dall’illegale carriera alias al linguaggio arcobaleno, ma soprattutto ai vergognosi progetti genere nelle scuole, calpestando il diritto alla libertà educativa dei genitori romani , esautorati dall’aver voce in capitolo sull’educazione dei loro figli. Si parla anche di promozione di eventi “culturali” Lgbt, come i Pride, di riconoscimento dell’omogenitorialità e dell’identità di genere nelle competizioni sportive.
Posizioni gravi e irricevibili, che confermano la strategia politica di indottrinamento di genere dell’amministrazione Gualtieri e dell’ufficio per i diritti Lgbt, guidato dall’attivista e già presidente di Famiglie Arcobaleno Marilena Grassadonia e contro cui ci mobiliteremo con ogni tipo di barricata, manifestazione, iniziativa, come sta già facendo – e ringraziamo – Fratelli d’Italia Roma che oggi pomeriggio con un sit-in davanti al Campidoglio ha protestato. Ci aspettiamo il ritiro o la bocciatura di questa movimento.
Nei giorni scorsi i manifesti di Pro Vita & Famiglia onlus per la campagna “Mio Figlio No – Scuole libere dal Gender” per difendere la libertà educativa delle famiglie erano stati approvati dallo Iap, l’Istituto di autodisciplina pubblicitaria, secondo quanto espressamente comunicato da Abaco, la società che si occupa delle affissioni pubbliche a Bergamo.
“E’ dunque totalmente falso quanto dichiarato dal Comune di Bergamo, ovvero che ci sarebbe stato un errore da parte dell’agenzia che ha di fatto affisso i manifesti poi coperti dall’amministrazione comunale poiché ritenuti non autorizzati”, ha dichiarato Così Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia onlus, sulla copertura dei manifesti dell’associazione a Bergamo, recanti le immagini generate con l’AI di bambini e adolescenti con uno zaino sulle spalle ei messaggi: “Oggi a scuola un attivista Lgbt ha spiegato come cambiare sesso – Giulio, 13 anni”/“Oggi a scuola ci hanno letto una favola in cui la principessa era un uomo – Anna, 8 anni”/“La mia scuola ha permesso anche ai maschi di usare i bagni delle femmine – Matilde, 16 anni”, promossi dalla onlus per chiedere una legge che impedisca lo svolgimento di qualsiasi progetto sulla fluidità di genere in aula, il consenso informato preventivo dei genitori su ogni attività sensibile, la possibilità per le famiglie di poter esonerare i propri figli dai corsi di genere e lo Stop alla presenza degli attivisti LGBTQ+ nelle scuole.
L’unica incongruenza sarebbe, semmai, nelle tempistiche di affissione, in un primo momento ipotizzate da Abaco come “a fine giugno”, ma poi realizzate già in questi giorni. Questo però non giustifica la censura né la mancanza di chiarezza e trasparenza gravissime da parte del Comune di Bergamo , a cui ora chiediamo spiegazioni e di affiggere nuovamente i nostri manifesti. Ancora più grave, inoltre, è la macchina del fango portata avanti in queste ore da Partito Democratico, Arcigay e Non una di Meno che si sono coalizzati per attaccare e denigrare il messaggio, legittimo e innocuo, delle nostre affissioni . Una furia ideologica e politica per screditarci e tentare di tapparci la bocca.
I messaggi delle nostre affissioni, infatti, non hanno assolutamente nulla di violento né tanto meno di discriminatorio o omofobo, ma riportano la realtà di ciò che accade nelle scuole italiane di ogni ordine e grado e rientrano in una Campagna nazionale per tutelare la libertà educativa dei genitori. Forse PD, Arcigay e Non una di Meno sono contrari a garantire il diritto al primato educativo delle famiglie? Forse chi ci attacca vuole impedire alle mamme e ai papà di bambini e adolescenti di avere voce in capitolo nell’educazione dei loro figli? E forse vogliono avere campo libero per entrare nelle aule scolastiche e propagandare la fluidità sessuale, la transizione di genere per i minori, i bagni neutri, la carriera alias e altri assunti anti-scientifici come, purtroppo, ci hanno abituato in questi anni decine e decine di progetti genere ea chiare tinte Lgbtqia+.
Continueremo, senza sosta, a portare avanti il nostro messaggio e le nostre opinioni per difendere la libertà educativa e la crescita dei bambini, nonostante le altrettanto vergognose e ideologiche richieste di Non una di Meno di strometterci dal Consiglio delle donne di Bergamo. Ed è per questo che ci aspettiamo che la vicenda si risolva con le scuse di chi ci ha attaccato e che i nostri manifesti possano tornare ad essere visibili tra le strade di Bergamo.