13 Luglio 2025

Il conflitto tra Iran e Israele potrebbe finire col danneggiare Kiev anziché Mosca

di Matteo Castagna

IL PARADOSSO DELL’ESCALATION

Pur essendo Teheran uno dei pochi alleati rimasti alla Russia in Medio Oriente, il conflitto tra Iran e Israele potrebbe finire col danneggiare Kiev anziché Mosca.

Come ho già avuto modo di dire a Canale Italia, Kiev teme che il conflitto tra Iran e Israele distragga l’Europa, favorisca il disimpegno Usa nei suoi confronti e avvantaggi Mosca. Il conflitto tra Israele e Iran è fonte di preoccupazione per l’Ucraina.

Mentre Vladimir Putin si propone come mediatore su richiesta dell’omologo americano, Donald Trump, le tensioni in Medio Oriente minacciano di limitare ulteriormente le forniture di armi occidentali a Kiev, soprattutto dagli Stati Uniti, che considerano Israele un alleato chiave.

Nonostante la levata di scudi europea, il Cremlino insiste: arrivare a una soluzione del conflitto “è possibile” -ha detto il presidente russo Vladimir Putin durante un incontro con la stampa, in cui ha garantito di poter favorire uno scenario che salvaguardi gli interessi iraniani nel settore dell’energia nucleare, attenuando al contempo le preoccupazioni di Israele.

Così facendo, Putin si accredita sulla scena politica internazionale, acquisendo influenza a discapito di Kiev. Non solo: dopo che Israele ha attaccato l’Iran, lo scorso 13 giugno, gli Stati Uniti hanno dirottato verso Israele alcuni sistemi di difesa inizialmente destinati all’Ucraina.

Intanto, con il terzo produttore di greggio dell’Opec sotto attacco e i timori diffusi per l’interruzione dei flussi commerciali attraverso lo Stretto di Hormuz, lungo la costa meridionale dell’Iran, i prezzi del petrolio sono saliti alle stelle, generando maggiori entrate per Mosca.

Il paradosso dell’escalation in corso in Medio Oriente è che, pur essendo il regime di Teheran uno dei pochi alleati della Russia nella regione, potrebbe finire col danneggiare Kiev anziché Mosca.

ISPI online scrive, ragionevolmente che “a causa dell’imprevedibilità di Trump, i mercati restano nervosi, in attesa di segnali più decisi che potrebbero influenzare l’approvvigionamento globale di petrolio e la stabilità regionale.

“I trader aspettano di vedere se la prossima fase del conflitto Israele-Iran sarà un attacco degli Stati Uniti o dei colloqui di pace”, afferma Tony Sycamore, analista di trading IG intervistato da Reuters. Lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sottolineato che la Russia ha intensificato gli attacchi approfittando della distrazione degli alleati, concentrati su Israele e Iran.

“Mosca intende colpire la nostra rete energetica mentre l’attenzione mondiale è rivolta al Medio Oriente” ha affermato il ministro degli Esteri ucraino Andrii Sybiha, ribadendo la necessità di stabilire un tetto massimo al prezzo del greggio russo.

Gli esperti gli danno ragione e ipotizzano che se i prezzi del greggio continueranno a salire, “saranno sufficienti alla Russia per recuperare quanto perso [a causa delle sanzioni occidentali] in un anno fiscale” ha dichiarato l’analista ucraino Maskim Nesvitailov.

Il principale svantaggio per l’Ucraina, in questa fase, riguarda la fornitura di armi da parte dei suoi alleati, in primo luogo Washington. Già dall’inizio del suo secondo mandato, Donald Trump aveva chiarito di non avere alcuna intenzione di mantenere il livello di trasferimenti di armi all’Ucraina ai livelli di quelli del suo predecessore, Joe Biden.

In sei mesi alla Casa Bianca, Trump non ha approvato alcun nuovo aiuto militare per Kiev. Il principale supporto del Pentagono ora è costituito dall’intelligence. Lo scorso 8 giugno, Zelensky ha avvertito che il governo statunitense aveva bloccato la spedizione di 20mila missili anti-drone a Kiev, concordata durante l’amministrazione Biden.

Le armi sono state reindirizzate a Israele, “a protezione dei cittadini americani presenti” nello Stato Ebraico, come ha giustuficato il Segretario della Difesa Pete Hegseth.

“Inoltre, se è vero che un crollo del regime aggiungerebbe l’Iran alla lunga lista di alleanze russe ormai perse in Medio Oriente, tra cui Iraq, Libia e, più di recente, Siria, lo è altrettanto il fatto che la partnership di Mosca con Teheran non si è mai estesa alla difesa della Repubblica Islamica, né da parte del Cremlino c’è stata in queste ore nessuna offerta supporto militare. D’altronde gli stessi droni Shahed, forniti da Teheran consentendo all’esercito bombardare incessantemente l’Ucraina, sono ormai nella gran parte prodotti in Russia”.

 

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