13 Luglio 2025

La più alta intelligenza del mondo si inchina a Cristo

di Angelica La Rosa 

UNA LEZIONE PER IL NOSTRO TEMPO

In un’epoca in cui l’orgoglio umano tenta di erigersi contro Dio, la dichiarazione pubblica di fede da parte di YoungHoon Kim, l’uomo con il quoziente intellettivo più alto mai registrato, risuona come un ruggito silenzioso ma potente, un’eco profetica nel deserto relativista del nostro tempo.

Con parole semplici ma solenni, Kim ha confessato davanti a milioni di persone: “Credo che Gesù Cristo sia Dio, la via, la verità e la vita”.

Non una formula diplomatica, non una vaga professione spiritualista, ma la proclamazione chiara della divinità di Nostro Signore Gesù Cristo, unica via alla salvezza eterna. Parole che oggi suonano rivoluzionarie non perché nuove, ma perché eterne, e perciò odiate dal mondo.

Questa testimonianza è particolarmente significativa perché proviene da un uomo che rappresenta il vertice della razionalità umana: un QI di 276, riconosciuto da istituzioni prestigiose a livello mondiale. Eppure, come San Tommaso d’Aquino insegna, la ragione, quando è retta e illuminata, conduce naturalmente alla fede. Non vi è opposizione tra intelletto e rivelazione, ma una gerarchia: la ragione è ancella della fede.

Le parole di Kim — “Cristo è la mia logica” — sono di una profondità teologica rara nel nostro tempo, e richiamano quel principio immutabile affermato dalla Chiesa: “Dio… può essere conosciuto con certezza mediante la luce naturale della ragione” (CCC 36), come definito dogmaticamente nel Concilio Vaticano I (Dei Filius).

Nel proclamare la sua fede, Kim smentisce con la sola forza della verità quel mito moderno secondo cui la fede sarebbe rifugio degli ignoranti o superstizione dei deboli. Egli testimonia invece che l’intelligenza autentica non è arroganza, ma apertura all’infinito; non idolatria del sé, ma adorazione del Creatore.

La riflessione di Kim secondo cui la coscienza umana potrebbe essere “informazione quantistica” che sopravvive alla morte non è, evidentemente, un articolo di fede. Ma mostra un’intuizione fondamentale che la filosofia cattolica ha sempre custodito: l’anima umana è spirituale, e dunque immortale. Le sue parole rivelano un’anima inquieta, non appagata dalle spiegazioni riduttive del materialismo, e che intuisce — come già i più grandi geni cristiani della storia, da Agostino ad Einstein — che l’universo, nella sua razionalità, non può essere frutto del caso, ma riflesso del Logos eterno.

Viviamo in un’epoca in cui i “sapienti e i dotti” si gloriano della loro autosufficienza e disprezzano il Dio della Rivelazione. I templi della scienza sono spesso divenuti laboratori di superbia, e i pulpiti accademici cattedre di apostasia. In questo contesto, il gesto di Kim brilla come una stella nel cielo oscurato dal relativismo e dall’ateismo pratico. È un invito a riscoprire la verità perenne che Gesù Cristo è Re, anche dei pensatori, degli scienziati, degli intellettuali.

E proprio oggi, quando persino in ambienti ecclesiali si tende a banalizzare il dogma, a mettere in discussione l’unicità salvifica di Cristo o a cercare compromessi con l’errore, Dio suscita testimoni fuori dalle sacrestie, affinché nessuno possa dire di non aver udito. Kim, con tutta la sua potenza razionale, si è fatto piccolo davanti alla Croce. Ha riconosciuto ciò che molti dottori della legge hanno dimenticato: che la sapienza autentica consiste nel conoscere e amare Dio, principio e fine di tutte le cose.

Che questo fatto straordinario sia per tutti noi un monito e un incoraggiamento. Per i cristiani tiepidi, un richiamo alla fierezza della fede. Per i dubbiosi, un invito a interrogarsi. Per gli uomini di Chiesa, un esempio di come la verità deve essere proclamata con chiarezza e senza timore.

E per il mondo, un segno profetico che, anche nei secoli più bui, Dio suscita testimoni per far brillare la luce della Verità.

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