di Angelica La Rosa
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IN ITALIA I SINISTRORSI CRIMINALIZZANO CHI REAGISCE, DIFENDONO CHI MINACCIA
C’è qualcosa di marcio — e non da oggi — nel modo in cui l’informazione italiana tratta i conflitti internazionali, soprattutto quando in gioco ci sono gli interessi dell’Occidente, di Israele o degli Stati Uniti.
Il recente attacco americano contro i siti nucleari iraniani è solo l’ultimo banco di prova di un riflesso condizionato che si ripete con imbarazzante coerenza: criminalizzare chi reagisce, difendere chi minaccia.
Sfogliando le prime pagine dei maggiori quotidiani italiani, ci si imbatte in una narrazione monotona, pavloviana, in cui i ruoli sono già assegnati: Trump è sempre il guerrafondaio, Israele è sempre l’aggressore, l’Iran è il paese vittima, pacifico, frainteso. Che poi stia arricchendo uranio oltre ogni soglia utile per l’energia civile, che finanzi milizie terroristiche in mezzo Medio Oriente, che opprima da decenni il suo stesso popolo con una teocrazia repressiva… sono dettagli irrilevanti per il mainstream (e anche l’anti-mainstream) “progressista”.
Ma progressista di che? Di un pacifismo codardo e antistorico che fa il tifo per gli ayatollah contro le democrazie occidentali? Di un terzomondismo che assolve regimi violenti solo perché si oppongono all’America? Di un antisemitismo mascherato da “antisionismo”, che campeggia a chiare lettere su certe prime pagine con titoli che sembrano usciti da una caricatura del 1938?
È ora di dirlo chiaramente: non siamo tutti sulla stessa barca morale. Gli Stati Uniti e Israele, con tutti i loro difetti e interessi, sono democrazie liberali che difendono principi, libertà e vite umane.
L’Iran è un regime teocratico che finanzia il terrorismo internazionale, reprime brutalmente il dissenso interno e sogna apertamente la distruzione di Israele. Se un attacco americano ha colpito siti nucleari, è perché quegli impianti rappresentano una minaccia concreta, non una fantasia propagandistica.
I numeri parlano chiaro: centinaia di chili di uranio altamente arricchito non servono a far funzionare lavatrici o accendere lampioni. Servono a costruire bombe. E le bombe, una volta pronte, saranno usate per intimidire, ricattare e forse colpire, in Medio Oriente e non solo.
Nel frattempo, il terrorismo mediatico che si sta facendo attorno allo Stretto di Hormuz è altrettanto ipocrita. Il blocco danneggerebbe prima di tutto l’Iran, che vende petrolio quasi esclusivamente alla Cina e all’Asia orientale. Ma i titoloni sui “rischi per l’Occidente”, i rincari alla pompa e lo spettro della “Terza guerra mondiale” servono solo ad alimentare la paura, il disfattismo e l’odio verso l’unico blocco geopolitico che ancora osa difendere la libertà.
Perché è questo il nodo vero della questione: la libertà. La libertà di dire no a chi vuole costruire ordigni nucleari per usarli contro popoli democratici. La libertà di chiamare i regimi per quello che sono: dittature, oppressive, pericolose. E la libertà — oggi più che mai — di non restare in silenzio mentre i professionisti del pacifismo unilaterale, da salotto e da editoriali-fotocopia, lavorano con zelo a smantellare ogni legittima difesa dell’Occidente.
Abbiamo il dovere di non farci intimidire da chi urla alla guerra ogni volta che una democrazia reagisce. La guerra non la vogliamo. Ma la pace non si difende con i sogni, si difende con il coraggio e con la verità. Anche quella che certi giornali non hanno più voglia — o più onestà — di raccontare.