A cura della Redazione
–
L’ATTIVITÀ APOSTOLICA DEL SANTO PADRE
Nel quadro del tradizionale scambio di Delegazioni per le rispettive feste dei Santi Patroni, il 29 giugno a Roma per la celebrazione dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e il 30 novembre a Istanbul per la celebrazione di Sant’Andrea, una Delegazione del Patriarcato Ecumenico farà visita a Roma, dal 27 al 29 giugno 2025.
La Delegazione sarà guidata dal Metropolita di Calcedonia Emmanuel, Presidente della Commissione sinodale del Patriarcato Ecumenico per i rapporti con la Chiesa cattolica, che sarà accompagnato dai Reverendissimi Padri Aetios e Ieronymos.
Sabato 28 giugno, la Delegazione sarà ricevuta in Udienza da Sua Santità Leone XIV e avrà le consuete conversazioni con il Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani; domenica 29 giugno, assisterà alla solenne celebrazione eucaristica presieduta dal Santo Padre.
Il Santo Padre Leone XIV ha inviato il seguente messaggio ai Sacerdoti in occasione della Giornata della Santificazione Sacerdotale che si è celebrata ieri, 27 giugno 2025, nella Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù.
In questa Giornata della Santificazione Sacerdotale, che si celebra nella Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, mi rivolgo a ciascuno di voi con animo grato e colmo di fiducia. Il Cuore di Cristo, trafitto per amore, è la carne viva e vivificante, che accoglie ciascuno di noi, trasformandoci a immagine del Buon Pastore. È lì che si comprende la vera identità del nostro ministero: ardenti della misericordia di Dio, siamo testimoni gioiosi del suo amore che guarisce, accompagna e redime. La festa odierna rinnova dunque nei nostri cuori la chiamata al dono totale di noi stessi a servizio del popolo santo di Dio. Questa missione inizia con la preghiera e continua nell’unione con il Signore, che ravviva continuamente in noi il suo dono: la santa vocazione al sacerdozio. Fare memoria di questa grazia, come afferma Sant’Agostino, significa entrare in un “santuario vasto, senza fondo” (cfr Confessioni, X, 8.15), che non custodisce semplicemente qualcosa del passato, ma rende sempre nuovo e attuale quel che vi è riposto. Solo facendo memoria viviamo e facciamo rivivere quanto il Signore ci ha consegnato, chiedendo di tramandarlo a nostra volta nel suo nome. La memoria unifica i nostri cuori nel Cuore di Cristo e la nostra vita nella vita di Cristo, sicché diventiamo capaci di portare al popolo santo di Dio la Parola e i Sacramenti della salvezza, per un mondo riconciliato nell’amore. Solo nel cuore di Gesù troviamo la nostra vera umanità di figli di Dio e di fratelli tra noi. Per queste ragioni, vorrei oggi rivolgervi un invito impellente: siate costruttori di unità e di pace!
In un mondo segnato da tensioni crescenti, anche all’interno delle famiglie e delle comunità ecclesiali, il sacerdote è chiamato a promuovere la riconciliazione e generare comunione. Essere costruttori di unità e di pace significa essere pastori capaci di discernimento, abili nell’arte di comporre i frammenti di vita che ci vengono affidati, per aiutare le persone a trovare la luce del Vangelo dentro i travagli dell’esistenza; significa essere saggi lettori della realtà, andando oltre le emozioni del momento, le paure e le mode; significa offrire proposte pastorali che generano e rigenerano alla fede costruendo relazioni buone, legami solidali, comunità in cui brilla lo stile della fraternità. Essere costruttori di unità e di pace significa non imporsi, ma servire. In particolare, la fraternità sacerdotale diventa segno credibile della presenza del Risorto tra di noi quando caratterizza il cammino comune dei nostri presbiteri. Vi invito dunque a rinnovare oggi, dinanzi al Cuore di Cristo, il vostro “sì” a Dio e al suo Popolo santo. Lasciatevi plasmare dalla grazia, custodite il fuoco Spirito ricevuto nell’Ordinazione affinché, uniti a Lui, possiate essere sacramento dell’amore di Gesù nel mondo. Non abbiate timore della vostra fragilità: il Signore non cerca infatti sacerdoti perfetti, ma cuori umili, disponibili alla conversione e pronti ad amare come Lui stesso ci ha amato.
Carissimi fratelli sacerdoti, Papa Francesco ci ha riproposto la devozione al Sacro Cuore come luogo di incontro personale con il Signore (cfr Lett. enc. Dilexit nos, 103), quindi come luogo dove portare e comporre i nostri conflitti interiori e quelli che dilaniano il mondo contemporaneo, perché «in Lui diventiamo capaci di relazionarci in modo sano e felice e di costruire in questo mondo il Regno di amore e di giustizia. Il nostro cuore unito a quello di Cristo è capace di questo miracolo sociale» (ivi, 28). Lungo quest’Anno Santo, che ci invita ad essere pellegrini di speranza, il nostro ministero sarà tanto più fecondo quanto più sarà radicato nella preghiera, nel perdono, nella vicinanza ai poveri, alle famiglie, ai giovani in cerca di verità. Non dimenticate: un sacerdote santo fa fiorire la santità attorno a sé. Vi affido a Maria, Regina degli Apostoli e Madre dei sacerdoti, e tutti di cuore vi benedico.
Ieri mattina, alle ore 9.00, il Santo Padre Leone XIV si è recato nella Basilica Vaticana dove ha celebrato la Santa Messa con il rito di Ordinazione dei Presbiteri, nella Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Santo Padre ha pronunciato nel corso della Celebrazione Eucaristica: Oggi, Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, Giornata per la santificazione sacerdotale, celebriamo con gioia questa Eucaristia nel Giubileo dei Sacerdoti. Mi rivolgo, perciò, prima di tutto a voi, cari fratelli presbiteri, venuti presso la tomba dell’apostolo Pietro a varcare la Porta santa, per tornare ad immergere nel Cuore del Salvatore le vostre vesti battesimali e sacerdotali. Per alcuni dei presenti, poi, tale gesto è compiuto in un giorno unico della loro vita: quello dell’Ordinazione. Parlare del Cuore di Cristo in questa cornice è parlare dell’intero mistero dell’incarnazione, morte e risurrezione del Signore, affidato in modo particolare a noi affinché lo rendiamo presente nel mondo. Per questo, alla luce delle Letture che abbiamo ascoltato, riflettiamo insieme su come possiamo contribuire a quest’opera di salvezza. Nella prima, il profeta Ezechiele ci parla di Dio come di un pastore che passa in rassegna il suo gregge, contando le sue pecore una per una: va in cerca di quelle perdute, cura quelle ferite, sostiene quelle deboli e malate (cfr Ez 34,11-16). Ci ricorda, così, in un tempo di grandi e terribili conflitti, che l’amore del Signore, da cui siamo chiamati a lasciarci abbracciare e plasmare, è universale, e che ai suoi occhi – e di conseguenza anche ai nostri – non c’è posto per divisioni e odi di alcun tipo. Nella seconda Lettura (cfr Rm 5,5-11), poi, San Paolo, ricordandoci che Dio ci ha riconciliati «quando eravamo ancora deboli» (v. 6) e «peccatori» (v. 8), ci invita ad abbandonarci all’azione trasformante del suo Spirito che abita in noi, in un quotidiano cammino di conversione. La nostra speranza si fonda sulla consapevolezza che il Signore non ci abbandona: ci accompagna sempre. Noi però siamo chiamati a cooperare con Lui, prima di tutto mettendo al centro della nostra esistenza l’Eucaristia, «fonte e apice di tutta la vita cristiana» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 11); poi «attraverso la fruttuosa recezione dei sacramenti, soprattutto con la confessione sacramentale frequente» (Id., Decr. Presbyterorum ordinis, 18); e infine con la preghiera, la meditazione della Parola e l’esercizio della carità, conformando sempre più il nostro cuore a quello «del Padre delle misericordie» (ibid.).
E questo ci porta al Vangelo che abbiamo ascoltato (cfr Lc 15,3-7), in cui si parla della gioia di Dio – e di ogni pastore che ami secondo il suo Cuore – per il ritorno all’ovile di una sola delle sue pecore. È un invito a vivere la carità pastorale con lo stesso animo grande del Padre, coltivando in noi il suo desiderio: che nessuno vada perduto (cfr Gv 6,39), ma che tutti, anche attraverso di noi, conoscano Cristo e abbiano in Lui la vita eterna (cfr Gv 6,40). È un invito a farci intimamente uniti a Gesù (cfr Presbyterorum ordinis, 14), seme di concordia in mezzo ai fratelli, caricandoci sulle spalle chi si è perduto, donando il perdono a chi ha sbagliato, andando a cercare chi si è allontanato o è rimasto escluso, curando chi soffre nel corpo e nello spirito, in un grande scambio d’amore che, nascendo dal fianco trafitto del Crocifisso, avvolge tutti gli uomini e riempie il mondo. Papa Francesco scriveva in proposito: «Dalla ferita del costato di Cristo continua a sgorgare quel fiume che non si esaurisce mai, che non passa, che si offre sempre di nuovo a chi vuole amare. Solo il suo amore renderà possibile una nuova umanità» (Lett. Enc. Dilexit nos, 219). Il ministero sacerdotale è un ministero di santificazione e di riconciliazione per l’unità del Corpo di Cristo (cfr Lumen gentium, 7). Per questo il Concilio Vaticano II chiede ai presbiteri di fare ogni sforzo per «condurre tutti all’unità nella carità» (Presbyterorum ordinis, 9), armonizzando le differenze perché «nessuno […] possa sentirsi estraneo» (ibid.). E raccomanda loro di essere uniti al vescovo e nel presbiterio (ivi, 7-8). Quanto più infatti ci sarà unità tra di noi, tanto più sapremo condurre anche gli altri all’ovile del Buon Pastore, per vivere come fratelli nell’unica casa del Padre.
Sant’Agostino, in proposito, in un sermone tenuto in occasione dell’anniversario della sua Ordinazione, parlava di un frutto gioioso di comunione che unisce fedeli, presbiteri e vescovi, e che ha la sua radice nel sentirsi tutti riscattati e salvati dalla stessa grazia e dalla stessa misericordia. Pronunciava, proprio in quel contesto, la famosa frase: «Per voi infatti sono vescovo, con voi sono cristiano» (Sermo 340, 1). Nella Messa solenne d’inizio del mio pontificato, ho espresso davanti al Popolo di Dio un grande desiderio: «Una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato» (18 maggio 2025). Torno, oggi, a condividerlo con tutti voi: riconciliati, uniti e trasformati dall’amore che sgorga copioso dal Cuore di Cristo, camminiamo insieme sulle sue orme, umili e decisi, fermi nella fede e aperti a tutti nella carità, portiamo nel mondo la pace del Risorto, con quella libertà che viene dal saperci amati, scelti e inviati dal Padre. Ed ora, prima di concludere, mi rivolgo a voi, carissimi Ordinandi, che tra poco, per l’imposizione delle mani del Vescovo e con una rinnovata effusione dello Spirito Santo, diventerete sacerdoti. Vi dico alcune cose semplici, ma che ritengo importanti per il vostro futuro e per quello delle anime che vi saranno affidate.
Amate Dio e i fratelli, siate generosi, ferventi nella celebrazione dei Sacramenti, nella preghiera, specialmente nell’Adorazione, e nel ministero; siate vicini al vostro gregge, donate il vostro tempo e le vostre energie per tutti, senza risparmiarvi, senza fare differenze, come ci insegnano il fianco squarciato del Crocifisso e l’esempio dei santi. E a questo proposito, ricordate che la Chiesa, nella sua storia millenaria, ha avuto – e ha ancora oggi – figure meravigliose di santità sacerdotale: a partire dalle comunità delle origini, essa ha generato e conosciuto, tra i suoi preti, martiri, apostoli infaticabili, missionari e campioni della carità. Fate tesoro di tanta ricchezza: interessatevi alle loro storie, studiate le loro vite e le loro opere, imitate le loro virtù, lasciatevi accendere dal loro zelo, invocate spesso, con insistenza, la loro intercessione! Il nostro mondo propone troppo spesso modelli di successo e di prestigio discutibili e inconsistenti. Non lasciatevene affascinare! Guardate piuttosto al solido esempio e ai frutti dell’apostolato, molte volte nascosto e umile, di chi nella vita ha servito il Signore e i fratelli con fede e dedizione, e continuatene la memoria con la vostra fedeltà. Affidiamoci infine tutti alla materna protezione della Beata Vergine Maria, Madre dei sacerdoti e Madre della speranza: sia Lei ad accompagnare e sostenere i nostri passi, perché ogni giorno possiamo configurare sempre più il nostro cuore a quello di Cristo, sommo ed eterno Pastore.