16 Luglio 2025

Dalla resa (all’Islam) al nulla

di Giuseppe Canisio

IL FUTURO SPEZZATO DELL’EUROPA 

Michel Houellebecq, con la lucidità crudele che lo caratterizza, ha ancora una volta colpito nel segno. Nell’intervista concessa al magazine danese Information, lo scrittore francese — a suo modo profeta di un’Europa declinante — esprime una verità scomoda ma ineludibile: il cristianesimo è ormai un corpo senza vita nel continente che lo vide nascere, mentre l’islam avanza, vivo, solido, militante.

Le sue parole rappresentano un grido d’allarme che non possiamo ignorare. Houellebecq, pur dichiarandosi non credente, mostra una nostalgia lucida per un cristianesimo ormai relegato ai margini della coscienza pubblica europea. E ha ragione: l’Europa ha rinnegato le proprie radici cristiane, ha barattato l’altare con il supermercato, la Croce con la neutralità morale, la Messa con il talk show.

In questa Europa secolarizzata, l’islam non trova ostacoli. Non perché sia invincibile, ma perché trova un vuoto. Un vuoto spirituale, identitario, culturale.

Come ammoniva già Joseph Ratzinger, “una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta”. E quella cristiana, in Europa, da tempo ha smesso di incidere sulla cultura. È diventata privata, flebile, invisibile.

Il processo di sottomissione, che Houellebecq ha descritto nel suo celebre romanzo, non si sta realizzando per mezzo della forza, ma attraverso una graduale autocensura, un adattamento “dolce” e codardo.

Non si disegnano più vignette, non si osano più parole che offendano l’islam, non si predica più il Vangelo nelle piazze. Per paura. Per convenienza. Per stanchezza.

Ma l’islam non è morto, perché non ha conosciuto quella forma estrema di autocritica nichilista che ha afflitto il cristianesimo occidentale.

È rimasto integralmente religione — totalizzante, identitaria, assoluta. E per questo, in un mondo dominato dal relativismo, appare forte, strutturato, seducente persino.

Dal punto di vista cattolico, è urgente riconoscere la pericolosità di questo avanzamento. Non si tratta di rigettare persone o popoli, ma di denunciare l’ideologia islamica nella sua incompatibilità con la civiltà cristiana.

L’islam, nei suoi testi fondativi, rifiuta la Trinità, nega l’Incarnazione, sottomette ogni sfera della vita alla legge coranica. Non è solo una “religione”, ma una visione totalitaria della società. Inaccettabile per chi crede nella regalità sociale di Cristo.

L’Europa è a un bivio: o ritroverà l’audacia della fede che la fondò — con tutto ciò che essa comporta in termini di sacrificio, identità, culto, civiltà — o sarà colonizzata spiritualmente e culturalmente da un islam che avanza non per superiorità, ma per assenza del nemico.

Ciò che fa paura, come nota Houellebecq, non è tanto la forza islamica quanto la resa europea. Il problema non è l’islam in sé, ma l’Europa post cristiana che non sa più cosa credere, cosa difendere, per cosa morire.

Siamo di fronte a una chiamata alla resistenza. E questa resistenza, per noi cattolici, passa innanzitutto da un ritorno radicale alla fede di sempre, al Vangelo integrale, alla Messa di sempre, alla famiglia come Chiesa domestica, alla Croce come unica salvezza.

Solo un cattolicesimo forte potrà opporsi all’islam politico e spirituale. Ma questo cattolicesimo non potrà essere quello annacquato del dialogo interreligioso a ogni costo, della liturgia banalizzata, della dottrina dissolta nel sociologismo.

Sarà quello dei santi e dei martiri, dei missionari e dei papi che seppero dire di no all’invasione e sì alla verità.

Michel Houellebecq non è un credente. Ma ci ha ricordato ciò che molti pastori dimenticano: senza Dio, l’Europa muore; con un Dio falso, si sottomette. Sta a noi decidere se inginocchiarci davanti a Cristo o davanti alla Mecca.

 

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