di don Enzo Bugea Nobile*
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SULLA FESTA DI DOMANI
Nel calendario liturgico, il 2 luglio risplende come un giorno dedicato alla Madonna delle Grazie, nome d’amore tra i più dolci e familiari con cui il popolo cristiano si rivolge a Maria. Ma cos’è, in profondità, questa “Grazia” che invochiamo? E perché Maria ne è la custode per eccellenza?
Il termine “grazia”, ha un’eco teologica e filosofica che attraversa i secoli. In latino, gratia significa favore, dono gratuito, segno di benevolenza immeritata. È ciò che non si compra, non si pretende, ma si riceve. E Maria, in tutta la sua esistenza, è stata l’incarnazione vivente di un Dio che dona senza misura. In Lei, la grazia non è solo un attributo, ma una presenza viva, palpitante, che si offre come rifugio all’uomo smarrito, stanco, ferito.
L’appellativo “Madonna delle Grazie” non è casuale, è la risposta di fede di intere generazioni che, nel dolore e nella speranza, hanno trovato nella Madre un volto amico, una carezza celeste. In una società che spesso premia la forza, l’efficienza e il rumore, Maria continua a parlare al cuore con il linguaggio del silenzio, della misericordia, della vicinanza reale e spirituale.
Maria è colei che non si impone, ma si propone. Non si erge su piedistalli inaccessibili, ma scende negli abissi delle nostre miserie per tenderci la mano. Ella è Mater gratiae, madre della grazia, non solo perché ha accolto il Verbo in sé, ma perché continua a generare, spiritualmente, consolazione e luce in chi la invoca.
Non è un caso che i santuari a Lei dedicati, sotto questo titolo, siano spesso luoghi di guarigione, fisica e interiore. La Madonna delle Grazie non promette miracoli da mercato, ma offre uno sguardo di compassione che risveglia la dignità dell’anima, che restituisce l’umano all’uomo.
Nel pensiero di san Bernardo di Chiaravalle, Maria è la “stella del mare”, la guida luminosa che orienta il navigante smarrito. In tempi di naufragi esistenziali e crisi di senso, il suo volto umile e forte ci insegna che la vera forza non sta nell’imporre, ma nel servire e accogliere. La Madonna delle Grazie è allora anche simbolo di una Chiesa che si prende cura, che consola, che accompagna. Una Chiesa che, come Lei, si china sulle ferite e le unge con amore.
Chi entra in un santuario mariano non cerca una dea da adorare, ma una madre da abbracciare. La sua presenza spirituale non opprime, ma libera, non giudica, ma comprende. Maria è quella porta aperta che non chiude mai. E in quel suo cuore spalancato, si custodisce la più alta forma di teologia, la tenerezza.
Scriveva sant’Alfonso Maria de’ Liguori “Chi cerca Maria, trova Gesù”. Ma potremmo anche dire chi incontra Maria, ritrova se stesso. Perché in Lei, ogni uomo riscopre che è possibile vivere nella luce, anche dopo la notte.
Nel giorno del 2 luglio, il nostro sguardo si volge a questa Madre delle Grazie con gratitudine. Non per chiedere privilegi, ma per imparare da Lei la grammatica della speranza, quella che non fa rumore ma ricostruisce vite.
Gratia plena, spes nostra, ora pro nobis.
*Superiore Opera Don Guanella Sicilia – Calabria