13 Luglio 2025

Il mondo è un inferno

di Francesco Bellanti 

L’INFERNO È GIÀ QUI

Questa notte ho sognato l’inferno. L’inferno di un mondo che ha dimenticato Dio.

Ho sognato tutti gli inferni conosciuti nella vita, nella letteratura. L’inferno dantesco della merda.

Sì, forse lo stesso che sogniamo tutti. Sì, affoghiamo nello sterco, poi riemergiamo, ma i demòni ci ricacciano dentro lo sterco in un fetore immane, ed è merda di mostri e di animali orribili creati da Dio solo per la merda, per la produzione della merda.

Demòni che sempre ritornano. E con le fruste ti spingono sempre più giù, nella merda più profonda, più fetida, più fetente. È merda di millenni, di milioni di anni, di mostri, di dannati, di animali.

La merda ti sale dalle viscere più profonde, ti cola dalla testa sul volto, sul ventre, esce dalla tua bocca, vomiti merda per secoli, per millenni, per l’eternità, una merda così nauseabonda che perfino Dio si meraviglia di averla inventata.

Cerchi disperatamente di uscire, con le braccia, con le unghie, da questa immane palude di letame, ma ti sommerge sempre il bestiale disvalore del tempo, che ti riappare sempre come merda, il fetore dell’inferno! Ti sembra di vivere in un eterno inferno che è questa incessante pioggia di fango, di sangue, di merda, pioggia di fango e di tutte le lordure dell’universo, di elementi che ancora gli uomini non conoscono, che  nemmeno Dio ancora ha inventato.

Cerchi la luce, il respiro puro dell’aria, ma ti sommerge ancora la cloaca della Terra, questo fetore dell’inferno che è tutto il contrario del profumo di Dio, il profumo di Dio che inonda tutto l’universo ma non questa disgraziata Terra, che ti appare come un inferno dove è concentrato tutto il fetore dell’universo.

E il fetore dell’inferno non si respira, entra nel sangue, nella pelle, nell’anima. Tutto emana fetore nell’inferno, l’acqua, l’aria, le pietre, la terra, il sangue, l’alito dei demòni, le scorregge dei diavoli, il fuoco.

Anche le tenebre emanano fetore, e quella che dà l’illusione di essere la luce. Cerchi un appiglio, un approdo, gridi ma nessuno ti sente, disperatamente vuoi uscire dall’acqua putida, dal sangue, dalla merda nauseabonda, e non puoi. È come se vivessi nell’acqua putrida stagnante dei millenni, nella palude limacciosa che raccoglie e sedimenta la lordura dell’universo, dell’inconcluso tempo. Dov’è la salvezza?

Gridi ma nessuno ti sente, guardi disperato dappertutto, cerchi la salvezza, ma nessuno ti aiuta. Invochi dittatori che possano spazzare via tutta questa palude di fango, invochi la pace e il silenzio della definitiva Apocalisse ma neanche questa giunge.

Torna invece puntuale il fetore, il fetore dell’inferno che è il terribile puzzo di corpi marcescenti, di cadaveri in decomposizione, di milioni, di miliardi di cadaveri di dannati di questo e di tutti i pianeti dell’intero universo che si sono accatastati dall’inizio dei tempi, il fetore immane di tutte le carogne, le carcasse di animali di ogni pianeta dell’universo.

Non vedi più valori intorno a te, tutto ti sembra vuoto, inane, e allora il mondo, l’Italia, il mondo, ti appare come una fogna sterminata, una cloaca fetida e spaventosa, che contiene tutto il fetore dell’universo, una fogna gigantesca dove scorre tutto il puzzo più insopportabile delle galassie, il fetore sconfinato che si è accumulato in miliardi e miliardi di anni. Montagne di carcasse marce, decomposte, mischiate l’une con le altre, fetore di oggi con fetore antico, corpi in decomposizione, liquame immondo, putridume. Immane cloaca. Inferno.

Mi sveglio, e forse l’inferno è anche peggio. Un fetore immane inonda l’aria, la terra, i mari del pianeta. Stiamo vivendo il tempo finale, il tempo dei tempi. Forse siamo vicini all’Apocalisse. Guerre e genocidi, l’eclissi di tutti i valori. Nazioni che vogliono distruggere nazioni, cospirazioni e crimini contro la pace, crimini di guerra, crimini contro l’umanità. Oggi viviamo l’inferno.

L’inferno è già qui. Il mondo è un inferno. Forse viviamo un tempo di mezzo che anticipa un altro tempo. Quello finale, che annuncia l’Apocalisse. È l’Apocalisse, l’epoca che sigilla i secoli e i millenni. Il mondo domani sarà altro.

È vero che quando la storia giunge non si annuncia e che la grandezza dei popoli consiste nel farsi trovare pronti a cogliere il vento della storia. In questo momento nessuna nazione si sta facendo trovare pronta, nessun continente. In questo momento il pianeta si sta avviando verso un destino tombale.

È come la battaglia finale di Armageddon, la battaglia decisiva tra Dio e Satana, è come la Bestia dell’Apocalisse dalle sette teste e dieci corna che giunge dal mare, come l’Anticristo che giunge alla fine del tempo. Ma la Bestia non è l’Anticristo, non è il Demonio, la Bestia dell’Apocalisse è la tecnica. Sono le armi di distruzione di massa. Io l’avevo prevista questa calamità, come tante altre che sono accadute e che accadranno purtroppo, in un libro “Il Cardinale e il labirinto di Dedalo”, pensato quasi trent’anni fa.

In questo destino, un ruolo fondamentale potrebbe giocarlo l’Europa. L’Europa ha sempre avuto tutte le risorse – storiche, culturali, economiche – per diventare faro dei popoli e guida dell’umanità. Uomini di statura politica gigantesca lo avevano compreso, se non Cesare – che aveva ancora, né poteva essere altrimenti, una visione romanocentrica – certo Carlo Magno, Napoleone, Hitler con la sua follia.

Oggi l’Europa si avvia al suo definitivo fallimento perché non ha fatto prevalere né gli interessi e gli egoismi nazionali né quelli comunitari, perché alla solidarietà, alla fratellanza e  al benessere dei popoli ha sostituito l’avidità e la cupidigia delle banche e della finanza.

Perché continua a essere schiava degli USA, e combatte per guerre perdute in partenza, contro la Russia di Putin che si metterà d’accordo solo con Trump. Con la benedizione della Cina. Sono questi i tre autocrati che governano le cose del mondo, Putin, Trump e Xi Jinping. Lo aveva previsto perfino Hitler, pur nel mondo delirante del bunker di Berlino.

L’Europa sta perdendo l’ultimo appuntamento con la storia con tutti i suoi immensi fondamenti storici, culturali e politici, ideologici e religiosi, e si dissolverà nel nulla.

È il caos, il disordine, il tramonto di tutti i valori. Le società cosiddette liberali sono governate da politici corrotti, da imbonitori e ciarlatani che vomitano sentenze gratuite senza contraddittorio, da magistrati politicizzati, da mafiosi e da associazioni  a delinquere, da razzisti sempre presenti, giornalisti venduti,  qualunquisti, politicanti avventurieri senza eserciti che si sentono Churchill e si candidano a governare la galassia, mentre virus misteriosi minacciano i popoli, e vaccini mortali.

C’è una gran  confusione, ci sono continue guerre, poveri migranti che annegano, stupratori seriali, sparatorie, tragedie, immigrati che non si integrano e uccidono i figli, incidenti gravissimi dappertutto, nelle strade, nei posti di lavoro, le società vivono di volgarità, trash, fake news, litigi futili, superficialità, ignoranza.

Giovani che scappano, diritti dei lavoratori calpestati, uomini che come automi vanno appresso a pericolosi ciarlatani. Giovani fragili preda del vuoto, che uccidono per niente, perché non sanno accettare la sconfitta.

Viviamo il tempo dell’angoscia. L’angoscia di un altro malefico virus prodotto dall’uomo, che verrà a distruggere le nostre certezze, i nostri progetti. Che cambierà definitivamente il nostro modo di vedere le cose, le attività economiche, cambierà il nostro rapporto con la natura, con le abitudini alimentari di millenni.

L’angoscia di una guerra nucleare che ci farà sprofondare in un tempo selvaggio, in un mondo diventato uno sterminato deserto. Ma già l’uomo sta preparando il terreno,  l’uomo sta distruggendo la natura, si sta facendo vincere dalla tecnica, dalle spudorate leggi dell’economia capitalistica delle multinazionali tese solo al profitto.

Non è scritto da nessuna parte che l’umanità sia eterna. Dovremmo creare una nuova umanità che fondi una nuova civiltà basata sulla perfetta interazione tra l’ecumène e l’ambiente, che si scrolli di dosso tutte le nefaste visioni del mondo che ci stanno portando alla catastrofe.

I fatti di oggi stanno dimostrando che il progresso tecnologico e industriale guidato dal capitalismo è un’illusione, che gli uomini stanno diventando schiavi di un sistema senza partecipazione politica e uguaglianza di diritti.

Diventati fortunatamente il comunismo, il fascismo e il nazionalsocialismo dei binari morti della storia, scomparse le grandi ideologie che avevano rappresentato le aspettative e i sogni degli uomini, ora il capitalismo fondato solo sulla tecnica e sugli armamenti ha fallito, è inadeguato alla sfida del millennio.

Occorre tornare alla natura, concetto leopardiano, rousseauiano, ma per realizzare questo sono necessari una nuova umanità e un nuovo governo mondiale autenticamente solidale e democratico possibile solo con una vera Europa che giochi una parte da protagonista come vuole la sua storia. Non c’è altro destino. Perché tra la tecnica che sfugge al controllo dell’uomo e la tecnica usata per distruggere l’uomo il passo è breve.

La solitudine. Viviamo il tempo della solitudine. Viviamo lontani l’uno dall’altro, nelle tane che ci siamo costruite con la tecnologia. Nessuno parla con l’altro, nessuno vede l’altro. È la tana col suo terribile silenzio di cunicoli e camminamenti annunciata da Kafka, nell’angosciosa attesa del nemico che non arriva, la stessa attesa del nemico che non c’è del Deserto dei Tartari di Buzzati, è l’incomunicabilità dell’uomo moderno annunciata da Pirandello, la sua disperante solitudine, è la confusione tra malattia e sanità cantata da Svevo, è l’uomo senza qualità di Musil che vive alienato dal mondo reale, è l’anti-umanesimo del mondo privo di valori di Nietzsche, ma tutto questo non è di conforto in un mondo in cui a decidere non è la letteratura ma la politica.

Viviamo il tempo della solitudine e dell’angoscia, che è il terrore della catastrofe, del nemico sconosciuto, la minaccia senza nome, la tragedia che mette in discussione il significato stesso dell’uomo, la sua presenza nella storia. L’angoscia è la disposizione fondamentale che ci mette di fronte al nulla, e l’uomo ha paura dell’essere nel nulla, di cadere o di tornare nel nulla.

L’angoscia è un prodotto dell’affermazione della tecnica, dell’industrializzazione e della burocrazia, della società di massa, che riduce l’uomo a un anonimo elemento di un meccanismo infernale. L’angoscia è il virus sconosciuto, l’attacco alieno, il cataclisma cosmico che può giungere dal vuoto, dal nulla, da tempi e territori inesplorati. Da una guerra nucleare. È l’angoscia ciò che rivela il niente, è la nostra efferata solitudine, la paura dell’altro, quella che ci paralizza di fronte a una villetta abbandonata per paura di vederla materializzata nel male, nella Bestia dell’Apocalisse, e ci impedisce di andare a vedere che cosa c’è oltre la nostra siepe, bambini sepolti in un giardino, o solo una povera donna morta da due anni e mezzo dimenticata da tutti.

Tutto era già stato annunciato dalla letteratura, che non governa e non dirige la politica, ma non si sbaglia.

“La vita somiglia un poco alla malattia come procede per crisi e lisi ed ha i giornalieri miglioramenti e peggioramenti – così l’ultima pagina de La coscienza di Zeno – di Italo Svevo, uno dei più straordinari scrittori del Novecento, scoperto tardi forse perché troppo moderno per l’epoca, perché ha introdotto nella letteratura, attraverso l’ironia e il grottesco, il concetto freudiano di inconscio e una lettura psicoanalitica della realtà, in cui emergono l’inettitudine, la malattia e la follia come aspetti tipici di una società priva di valori e della crisi esistenziale dell’uomo moderno – A differenza delle altre malattie la vita è sempre mortale. Non sopporta cure.

Sarebbe come voler turare i buchi che abbiamo nel corpo credendoli delle ferite. Morremmo strangolati non appena curati. La vita attuale è inquinata alle radici. L’uomo s’è messo al posto degli alberi e delle bestie ed ha inquinata l’aria, ha impedito il libero spazio. Può avvenire di peggio.

Il triste e attivo animale potrebbe scoprire e mettere al proprio servizio delle altre forze. V’è una minaccia di questo genere in aria. Ne seguirà una grande ricchezza… nel numero degli uomini. Ogni metro quadrato sarà occupato da un uomo.

Chi ci guarirà dalla mancanza di aria e di spazio? Solamente al pensarci soffoco! Ma non è questo, non è questo soltanto. Qualunque sforzo di darci la salute è vano. Questa non può appartenere che alla bestia che conosce un solo progresso, quello del proprio organismo. Allorché la rondinella comprese che per essa non c’era altra possibile vita fuori dell’emigrazione, essa ingrossò il muscolo che muove le sue ali e che divenne la parte più considerevole del suo organismo.

La talpa s’interrò e tutto il suo corpo si conformò al suo bisogno. Il cavallo s’ingrandì e trasformò il suo piede. Di alcuni animali non sappiamo il progresso, ma ci sarà stato e non avrà mai leso la loro salute. Ma l’occhialuto uomo, invece, inventa gli ordigni fuori del suo corpo e se c’è stata salute e nobiltà in chi li inventò, quasi sempre manca in chi li usa.

Gli ordigni si comperano, si vendono e si rubano e l’uomo diventa sempre più furbo e più debole. Anzi si capisce che la sua furbizia cresce in proporzione della sua debolezza. I primi suoi ordigni parevano prolungazioni del suo braccio e non potevano essere efficaci che per la forza dello stesso, ma, oramai, l’ordigno non ha più alcuna relazione con l’arto.

Ed è l’ordigno che crea la malattia con l’abbandono della legge che fu su tutta la terra la creatrice. La legge del più forte sparì e perdemmo la selezione salutare. Altro che psico-analisi ci vorrebbe: sotto la legge del possessore del maggior numero di ordigni prospereranno malattie e ammalati. Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute.

Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po’ più ammalato, ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo.

Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie”.

 

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Sicuri che sia Dio a creare mostri? Sicuri che dovremmo inventare una nuova umanità con tanto di governo mondiale? Sicuri che siamo nati per questo mondo? PS La natura alla quale ritorna Leopardi non è quella di Rousseau, ma quella di Cicerone, optima dux tamquam deus.