di don Enzo Bugea Nobile
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IL PREZIOSISSIMO SANGUE DI CRISTO
Nel calendario liturgico della Chiesa cattolica, il mese di luglio è dedicato al Preziosissimo Sangue di Cristo. Una formula che potrebbe suonare distante oggi, in un’epoca che rimuove il dolore e teme tutto ciò che parla di sacrificio. Eppure, è proprio dal Sangue che si sprigiona il nucleo più forte della fede cristiana. Dio si fa corpo per entrare nella storia con il linguaggio del dono radicale.
Il sangue, da sempre, è simbolo di vita e di morte, di legame e di separazione. Nel cristianesimo, non è solo simbolo, è realtà concreta, è la carne lacerata del Verbo che si fa storia, l’umanità toccata da Dio fino alla ferita. Il Sangue versato non è spettacolo sacro, ma manifestazione della libertà che ama fino a non ritrarsi. È la verità della salvezza che non impone, ma si espone.
Il sangue come cifra dell’essere
Per secoli la teologia ha parlato della redenzione come “soddisfazione”, come “prezzo pagato”. Ma dietro a queste formule si nasconde una realtà filosofica profonda: il sangue di Cristo non compra nulla, rivela piuttosto l’eccesso dell’amore che non calcola. Il sacrificio non è contabilità morale, ma gesto libero e gratuito di chi sceglie di mettersi al posto dell’altro.
Cristo non versa il suo sangue perché costretto. Lo versa per libertà, una libertà che si definisce nel dono, non nel dominio. Come dice Simone Weil, “l’amore autentico è attesa, non imposizione”. Il Sangue, allora, è il segno visibile di un amore che rinuncia al potere per diventare ospitalità. Redenzione non come riscatto esterno, ma come riapertura interiore alla possibilità di essere amati senza condizioni.
Contro la logica della forza
Il mondo associa il sangue alla violenza, alla guerra, alla morte imposta. Cristo ne rovescia il significato il suo Sangue non è versato per distruggere, ma per ricomporre. La Croce non è glorificazione della sofferenza, ma svelamento di un’altra logica: quella del Dio che si abbassa per sollevare. La salvezza non arriva dall’alto con potenza, ma da dentro, come scelta di condivisione.
In questa prospettiva, luglio non è solo il tempo liturgico dell’estate diventa un’occasione per guardare la realtà con occhi diversi. Mentre tutto invita a vivere in superficie, la Chiesa propone un’immagine forte un Dio che ha scelto il Sangue per redimere, non per minacciare. Un Dio che non giudica da lontano, ma entra nel corpo della storia, assumendone il dolore e restituendolo trasfigurato.
Libertà e vulnerabilità
Il Sangue di Cristo ci educa a ripensare la libertà. Non come arbitrio o potere, ma come capacità di stare, di restare, di donarsi. Nel Getsemani, Gesù è profondamente uomo proprio perché è libero di dire “sia fatta la tua volontà”, e non per annullarsi, ma per aderire pienamente alla verità. Una libertà che non rifiuta il limite, ma lo attraversa per ritrovare senso e comunione.
Anche nella nostra vita, ogni volta che scegliamo di donare tempo, ascolto, perdono, stiamo versando, in forma umana, un piccolo sangue che salva. Nessun gesto gratuito è sprecato, perché il Sangue ci ricorda che ogni vita redenta passa attraverso la ferita riconosciuta, non negata.
Il dono che resta
In ogni Eucaristia, quel Sangue è ancora presente, non come simbolo, ma come realtà viva. Cristo continua a offrire se stesso, non come memoria di un dolore, ma come segno attuale di un amore che resta. Un amore che non forza, non seduce, non impone: resta lì, disponibile, reale, silenzioso. Non ha bisogno di effetti speciali, perché è già tutto è vita offerta senza riserve.
Luglio diventa così il tempo per interrogarci su che uso facciamo della nostra libertà, del nostro corpo, del nostro tempo. E se siamo disposti, come Cristo, a non ritrarci di fronte alla vulnerabilità. Perché il vero potere non è trattenere, ma donare.
“Pretiosa in conspectu Domini mors sanctorum eius.” (“È preziosa agli occhi del Signore la morte dei suoi fedeli.” – Sal 116,15)
*Superiore Opera don Guanella Calabria- Sicilia
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