13 Luglio 2025

Le delizie di Dio

di Padre Giuseppe Agnello*

LA MISSIONE DELLA CHIESA È PORTARE LA GIOIA

Lo scrittore francese Giòrgio Bernanò, nel suo “Diàrio di un curato di campagna”, scrive: «Il contràrio d’un pòpolo cristiano è un pòpolo triste, un pòpolo di vecchî… La Chiesa è depositària della giòia, di tutto il patrimònio di giòia riservato a questo triste mondo. Quello che avete fatto contro di lei è stato fatto contro la giòia».

In queste parole è riassunto tutto quello che le letture della liturgia di questa Doménica pròvano a farci capire e che Gesú, nel Vangelo, ci dice.

Le delízie di Dio sono pronte come il latte di una madre al bambino poppante; sono giòie e consolazioni sconosciute a chi non ama la Gerusalemme celeste e non si làscia guidare da Dio (Cfr Is 66, 12-14); sono giòie note a chi ha sempre presente la croce di Cristo e sa che dalla passione di Gesú riceviamo molto di piú di quanto ci offre il mondo.

Dice infatti san Pàolo ai Gàlati: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesú Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo» (Gal 6, v.14), come a dire: «Se come cristiano sono in comunione con la croce di Cristo, il mondo si deve aspettare da me il supplízio della croce ed io dal mondo la gràzia della croce.

Cioè: io rifiuto il mondo come un delinquente che finisce in croce; ma il mondo rifiuterà me come Cristo innocente che è finito in croce. Insomma, il nostro rapporto con la Croce, con Gesú, con la Chiesa è il vero motivo della tristezza o della giòia.

¿Perché il mondo è triste e vècchio secondo voi? Perché cerca la giòia senza la croce, la realizzazione senza Gesú e la fratellanza senza la Chiesa. Siccome non si dà nulla di tutto questo, dove manca la Croce, Gesú e la Chiesa, è triste e vècchio in tutti i sensi.

Dove invece la croce è meditata e portata, si sperimenta la giòia della guarigione e della liberazione; dove Gesú è amato e imitato, si avrà la giòia della sua Misericòrdia e compassione; dove la Chiesa è onorata come Madre, si avrà la giòia di èssere fratelli.

Nella Chiesa, infatti, il Regno di Dio si manifesta come pace donata dal Risorto, come vittòria sulle potenze satàniche che Egli ha vinto, e come giòia perché i nostri nomi sono nel suo sacratíssimo cuore; ma tutto questo può avvenire se restiamo in comunione con la croce e con le piaghe di Cristo (ovverosia fedeli al battésimo e nutriti dal Corpo di Cristo).

Come san Pàolo, che ha chiaro il suo ruolo di collaboratore della nostra giòia, dovremmo dire: «io porto le stímmate di Gesú nel mio corpo» (Gal 6, v.17), perché il mondo non solo non le porta, ma le disprezza. Il mondo porta con sé le mode, le tradizioni umane, le filosofie, i partiti; le leggi del piú forte, del piú furbo e del piú capriccioso; porta le illusioni e i conflitti, la cultura della morte e della vanità, la superstizione e la volgarità.

Il Signore è consapévole che troveremo non la benevolenza, ma i lupi. Dice infatti: «Ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi» (Lc 10, v.3), ma assicura che la pace che è in noi e che noi auguriamo agli altri, non solo non ci verrà tolta, ma se rifiutata tornerà su di noi; che non ci mancherà niente se saremo annunciatori gratuiti del Vangelo; che ci ha dato potere «sopra tutta la potenza del nemico» (Lc 10, v.19); ma soprattutto che ci invita a una giòia piú grande di quella dei successi: «rallegràtevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli» (Lc 10, v.20).

¿Capite perché Bernanò diceva: «La Chiesa è depositària della giòia, di tutto il patrimònio di giòia riservato a questo triste mondo»? Perché la sua missione è quella dei 72: portare l’única guarigione capace di dare una giòia piena e duratura, ad ogni città e ad ogni ammalato: la fede in Gesú Salvatore. E quello che Gesú dirà ai 12 come capi di ogni comunità: «Questo vi ho detto perché la mia giòia sia in voi e la vostra giòia sia piena» (Gv 15, v.11); cosí ora fa sperimentare ai 72, cioè ad ogni suo discèpolo, come prèmio dell’ubbidienza.

L’única cosa che però ci chiede, è avere a cuore le vocazioni al sacerdòzio e alla vita consacrata: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operaî! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operaî nella sua messe!» (Lc 10, v.2).

È un comando che Gesú ci dà, pensando pròprio alla tristezza e alla vecchiàia dell’ànimo del mondo, che non è solo vecchiàia da culle vuote. Gesú vuole che ogni battezzato diventi preghiera sémplice e preghiera per nuove, sante e perseveranti vocazioni al sacerdòzio.

La preghiera per le vocazioni ubbidisce bene a questo comando del Rogate, e c’è già, benché molti la trascúrino: «Manda, Signore, apòstoli santi nella tua Chiesa». La preghiera sémplice c’è pure ed è pròprio la risposta e l’antídoto ai lupi del mondo. È di matrice francescana, benché non sia di san Francesco d’Assisi, ma è perfetta per il conseguimento della giòia.

Oh! Signore, fa di me uno strumento della tua pace:
dove è òdio, fa ch’io porti amore,
dove è offesa, ch’io porti il perdono,
dov’è discordia ch’io porti l’unione,
dov’è dubbio fa’ ch’io porti la fede,
dove è l’errore, ch’io porti la verità,
dove è la disperazione, ch’io porti la speranza.
Dove è tristezza, ch’io porti la giòia,
dove sono le tenebre, ch’io porti la luce.
O Maestro, fa’ che io non cerchi tanto
di èssere consolato, quanto di consolare;
di èssere compreso, quanto di comprèndere;
di èssere amato, quanto di amare.
Perché è pròprio come tu ci insegni, Maestro,
che dando si riceve,
perdonando si è perdonati;
e morendo si entra nella vita eterna.

XIV Doménica del T.O. anno C, 6 Lúglio 2025. Is 66, 10-14; Sal 65; Gal 6, 14-18; Lc 10, 1-12.17-20.

*L’autore aderisce ad una riforma ortografica della lingua italiana

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