9 Novembre 2025

Leone XIV: “Noi cerchiamo soluzioni immediate. Dio lavora nel profondo”

A cura della Redazione

LE ATTIVITÀ APOSTOLICHE DEL SANTO PADRE LEONE XIV

Il Santo Padre ha ricevuto ieri mattina in Udienza Mons. Benigno Condori Chuchi, O.F.M., Vescovo Prelato di Ayaviri (Perù) e il Card. Odilo Pedro Scherer, Arcivescovo Metropolita di São Paulo (Brasile).

L’Udienza Generale di ieri mattina si è svolta alle ore 10.00 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre Leone XIV ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nel discorso in lingua italiana, il Papa – riprendendo il ciclo di catechesi che si svolge lungo l’intero Anno Giubilare, “Gesù Cristo nostra speranza” – incentra la sua meditazione sul tema La morte. «Un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto» (Gv 19,40-41).

Dopo aver riassunto la Sua catechesi nelle diverse lingue, il Santo Padre ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai fedeli presenti. Quindi ha rivolto un appello di profonda vicinanza al popolo palestinese a Gaza e ha invocato il cessate il fuoco. L’Udienza Generale si è conclusa con la recita del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

Nel nostro cammino di catechesi su Gesù nostra speranza, oggi contempliamo il mistero del Sabato Santo. Il Figlio di Dio giace nel sepolcro. Ma questa sua “assenza” non è un vuoto: è attesa, pienezza trattenuta, promessa custodita nel buio. È il giorno del grande silenzio, in cui il cielo sembra muto e la terra immobile, ma è proprio lì che si compie il mistero più profondo della fede cristiana. È un silenzio gravido di senso, come il grembo di una madre che custodisce il figlio non ancora nato, ma già vivo.

Il corpo di Gesù, calato dalla croce, viene fasciato con cura, come si fa con ciò che è prezioso. L’evangelista Giovanni ci dice che fu sepolto in un giardino, dentro «un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto» (Gv 19,41). Nulla è lasciato al caso. Quel giardino richiama l’Eden perduto, il luogo in cui Dio e l’uomo erano uniti. E quel sepolcro mai usato parla di qualcosa che deve ancora accadere: è una soglia, non un termine. All’inizio della creazione Dio aveva piantato un giardino, ora anche la nuova creazione prende avvio in un giardino: con una tomba chiusa che, presto, si aprirà.

Il Sabato Santo è anche un giorno di riposo. Secondo la Legge ebraica, nel settimo giorno non si deve lavorare: infatti, dopo sei giorni di creazione, Dio si riposò (cfr Gen 2,2). Ora anche il Figlio, dopo aver completato la sua opera di salvezza, riposa. Non perché è stanco, ma perché ha terminato il suo lavoro. Non perché si è arreso, ma perché ha amato fino in fondo. Non c’è più nulla da aggiungere. Questo riposo è il sigillo dell’opera compiuta, è la conferma che ciò che doveva essere fatto è stato davvero portato a termine. È un riposo pieno della presenza nascosta del Signore.

Noi facciamo fatica a fermarci e a riposare. Viviamo come se la vita non fosse mai abbastanza. Corriamo per produrre, per dimostrare, per non perdere terreno. Ma il Vangelo ci insegna che saperci fermare è un gesto di fiducia che dobbiamo imparare a compiere. Il Sabato Santo ci invita a scoprire che la vita non dipende sempre da ciò che facciamo, ma anche da come sappiamo congedarci da quanto abbiamo potuto fare.

Nel sepolcro, Gesù, la Parola vivente del Padre, tace. Ma è proprio in quel silenzio che la vita nuova inizia a fermentare. Come un seme nella terra, come il buio prima dell’alba. Dio non ha paura del tempo che passa, perché è Signore anche dell’attesa. Così, anche il nostro tempo “inutile”, quello delle pause, dei vuoti, dei momenti sterili, può diventare grembo di risurrezione. Ogni silenzio accolto può essere la premessa di una Parola nuova. Ogni tempo sospeso può diventare tempo di grazia, se lo offriamo a Dio.

Gesù, sepolto nella terra, è il volto mite di un Dio che non occupa tutto lo spazio. È il Dio che lascia fare, che attende, che si ritira per lasciare a noi la libertà. È il Dio che si fida, anche quando tutto sembra finito. E noi, in quel sabato sospeso, impariamo che non dobbiamo avere fretta di risorgere: prima occorre restare, accogliere il silenzio, lasciarci abbracciare dal limite. A volte cerchiamo risposte rapide, soluzioni immediate. Ma Dio lavora nel profondo, nel tempo lento della fiducia. Il sabato della sepoltura diventa così il grembo da cui può sgorgare la forza di una luce invincibile, quella della Pasqua.

Cari amici, la speranza cristiana non nasce nel rumore, ma nel silenzio di un’attesa abitata dall’amore. Non è figlia dell’euforia, ma dell’abbandono fiducioso. Ce lo insegna la Vergine Maria: lei incarna questa attesa, questa fiducia, questa speranza. Quando ci sembra che tutto sia fermo, che la vita sia una strada interrotta, ricordiamoci del Sabato Santo. Anche nel sepolcro, Dio sta preparando la sorpresa più grande. E se sappiamo accogliere con gratitudine quello che è stato, scopriremo che, proprio nella piccolezza e nel silenzio, Dio ama trasfigurare la realtà, facendo nuove tutte le cose con la fedeltà del suo amore. La vera gioia nasce dall’attesa abitata, dalla fede paziente, dalla speranza che quanto è vissuto nell’amore, certo, risorgerà a vita eterna.

Saluti

Saluto i pellegrini di lingua francese, specialmente quelli provenienti dall’Isola Maurizio e dalla Polinesia francese, nonché dalle diocesi di Lille, di Versailles, di Beauvais e di Saint-Brieuc. A volte il Cielo ci sembra silenzioso, mettiamoci con tutto il cuore alla scuola della Vergine Maria per vivere, con lei, nella speranza del compimento della Parola di Dio nella nostra vita e nel mondo intero. Dio vi benedica.

Un cordiale saluto ai pellegrini di lingua tedesca, in particolare ai tanti alunni dell’Abtei-Gymnasium Duisburg-Hamborn. Invito voi tutti a trovare ogni giorno un tempo dedicato al silenzio e alla preghiera, per incontrare Gesù Cristo, nostro Signore e Dio, e rimanere sempre uniti a lui.

Rivolgo il mio cordiale saluto alle persone di lingua cinese. Cari fratelli e sorelle, non stancatevi di aprire il cuore all’amore divino perché vivifichi la vostra esistenza. A tutti la mia benedizione!

Saluto tutti i pellegrini e i visitatori di lingua inglese che prendono parte all’Udienza odierna, in particolare i gruppi provenienti dall’Inghilterra, dalla Scozia, dall’Irlanda del Nord, dai Paesi Bassi, dal Ghana, dal Kenya, dall’Australia, dall’India, dall’Indonesia, dal Giappone, dalla Malaysia, dalle Filippine, da Singapore, da Taiwan, dal Vietnam, dal Canada e dagli Stati Uniti d’America. Con ferventi preghiere affinché l’attuale Giubileo della Speranza sia per voi e per le vostre famiglie un tempo di grazia e di rinnovamento spirituale, invoco su tutti voi la gioia e la pace del Signore Gesù.

Saluto cordialmente i pellegrini di lingua spagnola, in modo particolare i gruppi provenienti dalla Spagna e dall’America Latina. In mezzo al rumore e alla fretta in cui talvolta ci troviamo, chiediamo l’intercessione della Vergine Maria affinché ci insegni, come lei, a vivere il Sabato Santo scoprendo il senso del silenzio e della contemplazione. Il Signore vi benedica. Molte grazie.

Un cordiale benvenuto ai fedeli di lingua portoghese, specialmente ai gruppi venuti dal Portogallo e dal Brasile! Nel silenzio e nel buio del sepolcro si genera la gioia della Pasqua. Anche nei momenti di oscurità e silenzio della nostra vita, abbiamo fiducia che Dio ci aiuta ad essere messaggeri di speranza. Deus vos abençoe!

Saluto i fedeli di lingua araba. Vi invito a ricordare che la speranza cristiana nasce nel silenzio dell’attesa colma d’amore e nell’abbandono fiducioso alla volontà di Dio. Il Signore vi benedica tutti e vi protegga ‎sempre da ogni male‎‎‎‏!

Saluto cordialmente i polacchi. Domani ricordate San Stanislao Kostka. Questo giovane di diciotto anni, patrono della vostra Patria e dei giovani, sia esempio e ispirazione per le nuove generazioni di credenti nella ricerca della volontà di Dio e nel coraggioso compimento della propria vocazione. Alla sua intercessione affido la Polonia e la pace nel mondo. Vi benedico di cuore.

APPELLO

Esprimo la mia profonda vicinanza al popolo palestinese a Gaza, che continua a vivere nella paura e a sopravvivere in condizioni inaccettabili, costretto con la forza a spostarsi ancora una volta dalle proprie terre. Davanti al Signore Onnipotente che ha comandato: «Non ucciderai» (Es 20,13) e al cospetto dell’intera storia umana, ogni persona ha sempre una dignità inviolabile, da rispettare e da custodire. Rinnovo l’appello al cessate-il-fuoco, al rilascio degli ostaggi, alla soluzione diplomatica negoziata, al rispetto integrale del diritto umanitario internazionale. Invito tutti ad unirsi alla mia accorata preghiera, affinché sorga presto un’alba di pace e di giustizia.

***

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i gruppi parrocchiali di Vasto, San Giovanni Rotondo, Rometta Marea, Milazzo e l’Unità pastorale San Paolo VI di Concesio.

Saluto poi i devoti del Santuario dell’Addolorata di Tuscania, il Coordinamento della Divina Misericordia, gli Alpini di Albate e il Gruppo Fenimprese Sicilia.

Il mio pensiero va infine ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Siate sempre fedeli all’ideale evangelico, e realizzatelo nelle vostre quotidiane attività.

E, prima di concludere, vorrei ringraziare tutti voi per gli auguri manifestati in questo giorno del mio onomastico. Tante grazie!

A tutti la mia benedizione!

Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio che il Santo Padre Leone XIV ha inviato ai partecipanti all’8° Congresso dei Leader delle Religioni Mondiali e Tradizionali, che si terrà ad Astana (Kazakistan) il 17 e 18 settembre 2025:

Peace, Shalom, Salam, Бейбітшілік (Beybitshilik)!
Rivolgo un cordiale saluto a tutti coloro che partecipano all’8° Congresso dei Leader delle Religioni Mondiali e Tradizionali, convocato ad Astana sul tema: «Dialogo delle Religioni: Sinergia per il Futuro». In modo particolare, esprimo la mia riconoscenza a Sua Eccellenza il Sig. Kassym-Jomart Tokayev, Presidente della Repubblica del Kazakistan. Vi siete riuniti da ogni parte del mondo per rinnovare amicizie e crearne di nuove, uniti dal comune desiderio di portare guarigione al nostro mondo ferito e lacerato. Il tema scelto è di grande attualità, e sottolinea il ruolo vitale del dialogo interreligioso in un’epoca segnata da conflitti violenti.

Nel suo nucleo più profondo, la “sinergia” significa lavorare insieme – tra di noi e con il Divino. Ogni autentico impulso religioso favorisce il dialogo e la cooperazione, radicati nella nostra consapevolezza innata dell’interdipendenza che lega individui e nazioni. Da questa prospettiva, operare insieme in armonia non è solo una scelta pragmatica, ma un riflesso dell’ordine più profondo della realtà. Esso corrisponde al tessuto stesso della nostra esistenza condivisa come membri dell’unica famiglia umana. Nella profondità della coscienza, tale consapevolezza suscita un profondo senso di solidarietà – la convinzione che siamo responsabili gli uni degli altri (cfr. Giovanni Paolo II, Sollicitudo Rei Socialis, 30 dicembre 1987, n. 38). La solidarietà, dunque, è sinergia in atto: l’espressione vissuta dell’amare il prossimo come se stessi su scala universale.

Questa collaborazione non è un invito a cancellare le differenze, bensì un appello ad abbracciare la diversità come fonte di reciproco arricchimento. La Chiesa Cattolica, da parte sua, riconosce e stima tutto ciò che vi è di “vero e santo” nelle altre religioni (Nostra Aetate, 28 ottobre 1965, n. 2). Essa cerca infatti di promuovere un’autentica sinergia, portando alla mensa dell’incontro i doni peculiari di ciascuna tradizione, affinché ogni fede contribuisca con la propria sapienza e compassione al servizio del bene comune.

In questo impegno, la “sinergia per il futuro” non è uno slogan astratto, ma una realtà viva che ha già portato frutti. Lo storico incontro di preghiera ad Assisi nel 1986, convocato da san Giovanni Paolo II, mostrò che non può esservi pace tra le nazioni senza pace tra le religioni. Più recentemente, il Documento sulla Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune, firmato ad Abu Dhabi nel 2019 dal mio venerato predecessore Papa Francesco e dal Grande Imam di al-Azhar, Ahmad al-Tayyeb, ha offerto un chiaro orientamento su come la sinergia religiosa possa promuovere la pace globale e la convivenza. Lo stesso spirito lo abbiamo visto all’ultima sessione di questo Congresso, nel 2022, quando leader di diverse fedi, tra cui Papa Francesco, si sono uniti nel condannare la violenza e l’estremismo, nel difendere i rifugiati e nel rivolgere un appello a tutti i governanti affinché lavorino insieme per la pace. Questi impegni di alto livello si riflettono in azioni concrete: quando calamità naturali colpiscono, quando i rifugiati sono costretti a fuggire, o quando le famiglie soffrono a causa della povertà estrema e della fame, le comunità religiose spesso si uniscono, operando fianco a fianco per portare sollievo e speranza a chi più ne ha bisogno.

Il futuro che auspichiamo — un futuro di pace, fraternità e solidarietà — richiede l’impegno di tutte le mani e di tutti i cuori. Quando i leader religiosi si pongono insieme in difesa dei più vulnerabili, quando piantano alberi per la cura della nostra casa comune, o quando elevano una voce unita in difesa della dignità umana, essi testimoniano la verità che la fede unisce più di quanto divida. Così la sinergia diventa un potente segno di speranza per tutta l’umanità, rivelando che la religione, nel suo nucleo più autentico, non è fonte di conflitto ma sorgente di guarigione e riconciliazione.

Con questi sentimenti, confido che il lavoro di questo Congresso ci ispiri a operare instancabilmente per l’armonia, creando una sinergia di pace – una pace che, come ho già affermato, “è disarmata e disarmante, umile e perseverante”, sempre alla ricerca della carità e vicina a chi soffre (Urbi et Orbi, 8 maggio 2025). Preghiamo fianco a fianco, serviamo spalla a spalla e parliamo con una sola voce ovunque la dignità umana sia minacciata. L’Onnipotente benedica i nostri sforzi e faccia germogliare abbondanti frutti per il bene di tutti i popoli.

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