9 Novembre 2025

La pericolosa degenerazione del libero arbitrio

di Matteo Castagna

L’ODIO NON È MAI LIBERTÀ D’OPINIONE

“107 Days” è il nuovo libro di Kamala Harris che sta mandando in tilt i democratici americani.

Ha incontrato le resistenze di diversi probabili candidati per il 2028, tra cui il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro e l’ex ministro dei trasporti Pete Buttigieg. i leader del suo partito sono sconcertati e arrabbiati.

Il media statunitense “Politico” scrive che “le 300 pagine del libro di memorie, scritte come un registro cronologico della sua campagna elettorale troncata, si leggono alternativamente come una difesa vigorosa del suo operato, un mea culpa per le sue mancanze come candidata e una rivelazione superficiale sui suoi colleghi democratici”.

Harris si toglie, sostanzialmente, un sacco di sassolini dalle scarpe, per quanto accaduto nel corso della campagna elettorale, che ha portato alla sua sconfitta contro Donald Trump, ma non ne esce rafforzata.

Alcuni fan di Harris hanno rabbrividito, infatti, quando ha affermato che sarebbe stato troppo rischioso mettere Buttigieg, un uomo gay e la sua prima scelta per la vicepresidenza, in una lista guidata da “una donna nera sposata con un uomo ebreo”.

Buttigieg ha dichiarato a “Politico” questa settimana di aver trovato tali sentimenti “sorprendenti” e di credere nel “dare più credito agli americani”.

“La principale questione politica che emerge da tutto questo è il suo giudizio” – ha affermato la stratega democratica, a livello nazionale.

“Se pensava che Pete Buttigieg fosse il suo miglior candidato alla vicepresidenza, perché non l’ha scelto? Se aveva conflitti con Biden, perché non li ha espressi e non ha preso una decisione più netta?”

Se i motivi fossero davvero legati a una forma di prudenza relativa alla razza, al colore della pelle e ai desideri sessuali, si paleserebbero un’ipocrisia ed una insicurezza nelle opinioni principali dell’area progressista, che, probabilmente, non ha precedenti.

Mentre, dunque, le diverse anime della Sinistra americana litigano sui principi, sulla loro effettiva gestione e sul modello comunicativo utilizzato, il Presidente uscito nettamente vincitore contro Harris, Donald Trump con la compagine tycoon dei Repubblicani, ha ribadito la sua affermazione secondo cui la copertura televisiva critica nei suoi confronti è “illegale” e ha respinto le critiche secondo cui la sua amministrazione starebbe adottando misure che limitano la libertà di espressione.

“Quando il 97% delle storie su una persona sono negative, non c’è più libertà di parola” – ha detto Trump ai giornalisti, nello Studio Ovale, lamentando un’apparente asimmetria tra la sua vittoria alle elezioni del 2024 e il trattamento riservatogli dalle organizzazioni mediatiche – scrive Politico.

E dunque arriviamo al tema di fondo, comune all’Europa ed all’Italia in particolare: quando l’informazione diventa propaganda di parte e i media diventano, di fatto, il megafono di un ambiente politico, si può parlare, ancora, di libertà d’opinione?

Nel codice deontologico dei giornalisti e dei comunicatori pubblici si prevede la continenza, pertanto si esclude, nel modo più categorico, la violenza verbale.

Eppure, Oltreoceano e nel Vecchio Continente, troppi addetti ai lavori si esprimono come tifosi arrabbiati o ultras inferociti, utilizzando la tecnica della presunta superiorità morale e culturale per demonizzare, silenziare e, infine, deridere o distruggere l’avversario. Cinicamente.

In maniera disumana, la “prima donna” da talk show, finge di non sapere quanto possa essere offensiva, disarmante e prostrante l’uso cattivo della parola, pur di imporre il suo desiderio narcisistico di visibilità che calpesta la dignità altrui.

Nella società fluida, aperta, non esistono regole, neppure al buon gusto perché tutto è concesso, tranne ciò che non piace al mainstream che detta ciò che è bene e ciò che è male, determinando la narrativa ufficiale omologante.

L’esasperazione comune nei confronti dell’immigrazione di massa, viene volutamente confusa con il razzismo dai soloni del politicamente corretto, perché dalla persona comune alla più alta carica religiosa o dello Stato devono sentirsi colpevoli di non esser stati sufficientemente accoglienti, se hanno subito furti, minacce, accoltellamenti, stupri dai maranza.

E’ il mondo al contrario? Se di mezzo c’è il prototipo di uomo bianco, etero, cristiano e di destra sì, perché va distrutto senza pietà.

Matteo Bollo dell’Istituto Italo Calvino, riassume così la posizione del Grande San Tommaso d’Aquino sulla libertà di opinione: “La libertà è la capacità che l’uomo ha di essere arbitro, cioè padrone delle proprie azioni, scegliendo tra varie possibilità e alternative: di agire oppure di non agire, di fare una cosa piuttosto che un’altra. E’ attraverso la sua libertà che il destino, il fine, lo scopo, l’oggetto ultimo può diventare risposta per lui. Il destino è qualcosa di fronte al quale l’uomo è responsabile, è frutto della libertà.

La libertà dunque ha a che fare non solo con l’essere protesi a Dio come coerenza di vita ma anche con la scoperta di Dio. Ci sono tanti scienziati e letterati, che approfondendo la loro esperienza, hanno scoperto Dio, e tanti che invece hanno creduto di eliminare Dio, attraverso i loro studi.

Questo significa che riconoscere Dio non è un problema né di scienza né di sensibilità estetica o filosofica, ma è un problema di libertà. La volontà dell’uomo impone delle scelte buone o cattive seguendo un proprio giudizio”.

La libertà si realizza attraverso l’interazione tra l’intelletto e la volontà. L’intelletto conosce i beni e la volontà tende ad essi, ma l’uomo è libero di determinare il proprio rapporto con i beni particolari e con il bene assoluto, Dio.

L’uomo raggiunge la vera libertà attraverso la capacità di scegliere l’autentico bene, orientandosi verso Dio come fine ultimo. La grazia divina è necessaria per volere il bene, ma è una grazia che l’uomo sceglie liberamente.

Non esiste una “libertà di opinione” come concetto moderno, ma la libertà è intesa come libero arbitrio, la capacità umana di scegliere tra beni finiti e il bene infinito (Dio), guidati dalla ragione e non da una scelta illimitata o incondizionata. L’uomo, essendo razionale, può giungere alla verità attraverso le opinioni e il dialogo, ma la libertà si realizza pienamente nell’autodeterminazione verso il bene autentico, che richiede anche il perfezionamento della natura attraverso la grazia divina.

Per questo la libertà d’espressione trova ragionevolmente la necessità di utilizzare un linguaggio appropriato rispetto alla contingenza, proprio perché consapevole che la lingua tagliente può uccidere o creare mostri. Quando manca questa sensibilità, non si è più liberi, ma schiavi di un’ideologia o della propaganda, o del proprio ego smisurato.

Il trash e l’odio verbale cui assistiamo in questi giorni non è libertà d’opinione, ma sfogo da frustrazione, voglia di visibilità ad ogni costo, logorio da mancanza di potere che porta all’eccesso il peccato di lingua, molto grave, soprattutto se proviene da ambiti istituzionali, religiosi o dalla galassia della comunicazione.

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