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NON POSSIAMO CHIUDERE GLI OCCHI IN NOME DI UNA PARTE DELLA STORIA COMUNE CHE NARRA FRANCO CARDINI
Franco Cardini, uno dei più autorevoli storici italiani. Ha insegnato Storia medievale a Bari (1985-1990), Firenze (1990-2004) e all’Istituto di Scienze Umane e Sociali, ora aggregato alla Scuola Normale di Pisa (2004-2012). Da allora è professore emerito di Storia medievale. Si occupa soprattutto di storia delle crociate, dei pellegrinaggi e dei rapporti fra Europa e Islam. Collabora con Avvenire, Quotidiano Nazionale, Messaggero, Il Sole 24 ore e con la Rai. Tra le sue più recenti pubblicazioni, Lawrence d’Arabia (Sellerio 2019) e il romanzo storico “L’uomo dalla barba blu”, insieme con Marina Montesan ripercorre in queste pagine il debito profondo che la civiltà occidentale ha nei confronti del mondo musulmano. L’Islam ci appartiene – è la provocazione del libro di Cardini, uscito a metà settembre, dal titolo “Grazie Islam!” per la casa editrice di Marco Travaglio.
“Ha le nostre stesse profonde radici: la cultura ellenistico-mediterranea e il monoteismo abramitico; i suoi profeti sono i medesimi dell’ebraismo e del cristianesimo. La sua scienza e la sua filosofia, certo originali, restano impensabili senza le nostre. L’Islam è l’Occidente dell’Oriente. I fondamenti della sua cultura, radicati in quella ellenistica passata a Roma e a Bisanzio, sono arrivati alla nostra, esattamente come le merci provenienti dall’Asia profonda giungevano in Europa”.
All’Islam, attraverso l’Asia Minore, il Delta Nilotico, l’Africa sahariana, il Maghreb e la penisola iberica, dobbiamo i fondamenti della nostra matematica, della nostra logica, della nostra astronomia, della nostra cartografia, della nostra geografia, della nostra fisica, della nostra medicina. Le nostre università medievali sono nate nell’XI-XII secolo come “studia” monastici e diocesani vivificati dall’esempio che proveniva loro dalle città musulmane, in molte delle quali esisteva una “bait al-Hikmah” dove si imparava a pagamento: l’innovazione delle “universitates” medievali, corporazioni professionali dove la scienza si trasmette come una merce. Dante ci rammenta che Avicenna e Averroè sono padri del nostro sapere al pari di Platone e di Aristotele, d’Ippocrate e di Galeno; il Saladino è il nostro grande eroe cavalleresco. E non ci sono guerre, non ci sono atrocità, non ci sono fanatismi che tengano.
La violenza e le infamie passano: ma le civiltà, i saperi, le scienze, le culture, rimangono. Come l’arcobaleno sulla cascata. Gloria all’Islam. Un messaggio necessario, in un tempo in cui il dialogo tra culture appare più urgente che mai.
In questo intenso saggio, Franco Cardini propone una guida aperta e provocatoria per guardare oltre i pregiudizi: l’Islam non è una “cosa esterna” all’Occidente, ma una componente fondante della nostra storia, delle nostre scienze, della nostra filosofia e del nostro modo di pensare il mondo. Il libro si legge come un invito a riconoscere un debito profondo tra civiltà occidentale e mondo musulmano, mostrando come le radici comuni siano più robuste e storicamente pregnanti di quanto spesso si sia portati a supporre. Per quanto si possa notare un’eccessiva enfasi contraddittoria, quando, però, si scrive: “quelle poche, piccole cose che l’Occidente moderno deve al mondo mussulmano”.
L’esempio cardine è la trasmissione di conoscenze: matematica, logica, astronomia, medicina, cartografia e geometria hanno trovato nel mondo islamico una fonte di innovazione e di conservazione, per poi rifluire in Europa attraverso le vie delle scuole, delle traduzioni, delle botteghe di sapere. Per quanto i monaci cattolici di ogni ordine siano stati ampiamente meritevoli nella trasmissione dell’ “ora et labora” quanto dell’alfabetizzazione e degli studi umanistici e scientifici.
Cardini scrive con chiarezza e passione: il tono è coinvolgente, capace di coniugare rigore storico e una certa retorica vigorosa che rende la lettura stimolante, forse eccessivamente. L’immagine retorica – l’Islam come “l’Occidente dell’Oriente” – funziona per sintetizzare una complessità storica in una chiave facilmente condivisibile. Il libro non è solo una catalogazione di prestiti culturali: è un atto di difesa della convivenza civile, un invito al dialogo tra culture come virtù primaria della modernità. Ed è questo che appare cozzare con la realtà quotidiana, che narra l’incompatibilità delle due civiltà, sui principi fondamentali, sulla vita, sulla trascendenza, sull’odio e sulla morte. Su una convivenza molto difficile, perché quella ospitata, in molti casi, se realmente musulmana, non ha alcuna intenzione di integrarsi, ma di dominarci quando sarà numericamente pronta.
E’ questo che vari imam predicano nelle moschee. Non possiamo chiudere gli occhi in nome di una parte della storia comune che narra Franco Cardini.
L’autore propone una lettura ampia della storia della conoscenza, superando i luoghi comuni e spostando l’attenzione su reti di scambio, traduzioni, centri di apprendimento (come le bait al-Hikmah) e dinamiche di trasmissione dei saperi. In tempi di conflitti identitari, il libro propone una contro-narrazione utile per questioni di politica culturale, istruzione e integrazione: la consapevolezza di un patrimonio condiviso può facilitare il dialogo interculturale. L’opera invita a riconoscere che la nostra modernità ha radici multiple e che la civiltà occidentale non è un’isola, ma un intreccio in una geografia di scambi continui.
È utile ricordare che la produzione intellettuale islamica non è stata solo fonte per l’Occidente, ma anche motore autonomo di sviluppo e critica interna, con proprie correnti di pensiero e contingenze politiche. L’impressione, però, è che questo sia un pensiero nobile ma irraleazzabile e utopistico, perché l’Islam non dialoga, si impone con la forza, come insegna il Corano.
L’opera ha chiaro intento divulgativo e morale. Per chi cerca una ricostruzione specialistica e puntuale delle fonti, sarebbe utile accompagnare la lettura con testi accademici, i sistemi di pensiero e le influenze reciproche tra scuole medievali e centri islamici, senza scordare i fatti di cronaca, altrimenti rischia di diventare un inutile sforzo intellettualistico, spesso smentito dalla prassi sociale delle cronache.
Questo saggio è l’ideale per lettori interessati ai grandi intrecci della storia della conoscenza e alle radici interculturali della modernità. Forse, in questo, Cardini dimostra un distacco gnostico dalla Fede cattolica, di cui si dice portatore, che risulta, però, irricevibile.
Il testo è utile a chi cerca un discorso introduttivo per politiche di educazione interculturale e dialogo istituzionale. “Grazie Islam!” è un saggio che, pur nella sua natura divulgativa, propone una visione provocatoria ma non è chiaro quanto necessaria ed effettivamente realizzabile: le nostre conoscenze, le nostre istituzioni e persino i nostri ideali moderni hanno acquisito forma grazie ai contatti, agli scambi e all’ispirazione provenienti dal mondo islamico. In realtà le radici europee sono prevalentemente classico-cristiane, almeno dai tempi di Costantino e del Concilio di Nicea, mentre la storia è fatta di tentativi di guerra di conquista da parte dei turchi ottomani per distruggere la Christianitas. Ma furono sconfitti, a Lepanto come a Poitier, dalla potenza della Verità e dalla determinazione delle truppe cristiane.
Cardini ci invita a riconoscere questo debito, fatto “di poche, piccole cose”, come ammesso dall’autore, come fondamento per una cittadinanza globale più consapevole e responsabile, che sembra davvero impossibile. È una lettura utile soprattutto nell’epoca odierna in cui il dialogo tra culture appare non solo desiderabile, ma necessario, che, però, tiene poco conto del fatto che il dialogo occorre una sincera volontà da entrambe le parti in causa, che non c’è mai stata e che, nel mondo contemporaneo appare amplificata.



